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Il sistema educativo e formativo è una parte essenziale del nostro modello sociale. Proprio per questa ragione è essenziale conoscere e monitorare i livelli di istruzione dei nostri giovani ma, allo stesso, bisogna evitare di fare valutazioni basandosi solo su alcuni indicatori sintetici. È questo il pensiero espresso in questo contributo da Luca Solesin, Responsabile programmi Giovani e Scuola di Ashoka Italia, in riferimento ai dati del programma internazionale PISA, Programme for International Student Assessment, che saranno pubblicati il prossimo 3 dicembre.

Che sia per il nostro essere genitori o per il dolce ricordo degli anni della gioventù, a tutti noi interessa lo stato di salute della scuola italiana. Per questo giustamente ci domandiamo se il nostro sistema scolastico fornisca un’educazione di qualità. Ma cosa ci permette di affermarlo? Dagli anni ’90, a livello internazionale, si è sviluppata una grande battaglia di pensiero nel tentativo di stabilire cosa sia un’educazione di qualità e una delle risposte vincenti è stata il Programme for International Student Assessment (PISA) dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE).

PISA è un’indagine internazionale nata alla fine del secolo scorso che si svolge ogni tre anni e che intende misurare i livelli di competenza degli studenti di 15 anni delle diverse economie del mondo. Ogni ciclo di indagine valuta se gli studenti siano in grado di adattare le proprie conoscenze a situazioni di vita reale in diversi campi con degli approfondimenti su matematica, scienze e lettura. Il 3 dicembre 2019 saranno pubblicati i dati PISA relativi al 2018. In quest’ultima indagine il test PISA è stato svolto da più di 500.000 studenti in 79 paesi, fra cui l’Italia, con un approfondimento sulle competenze di lettura.

PISA ha svolto negli ultimi anni un ruolo decisivo nel suggerire riforme educative. Il suo impianto teorico e analitico è scientificamente solido, le indagini vengono svolte con accuratezza e i dati raccolti vengono pubblicati in maniera trasparente e fruibile. Tuttavia, PISA è uno strumento controverso che ha suscitato numerose e fondate critiche nella letteratura di settore rispetto alla convenienza per gli Stati di partecipare ai test standardizzati internazionali di apprendimento, come questi costituiscano un meccanismo di governance globale dell’educazione e di conseguenza organizzazioni senza potere sovrano possano influenzare in maniera determinante l’agenda politica dei Paesi attraverso questi strumenti. In particolare, PISA può risultare uno strumento pericoloso se maneggiato senza la giusta cautela da parte dei principali destinatari o fruitori dei dati che produce.

La trappola più frequente nella quale si cade è quella di interpretare PISA per ciò che non è, suscitando un clamore su aspetti meno rilevanti e poco utili al progresso del dibattito educativo. Dato l’avvicinarsi della pubblicazione di PISA, senza averne ancora letto i risultati, suggerisco tre accorgimenti ai principali fruitori dell’indagine internazionale per evitare di cadere nella trappola.

Il primo accorgimento è rivolto ai docenti e ai dirigenti scolastici. Non sentitevi giudicati: i dati PISA non sono un indicatore della vostra bravura di insegnanti. Certo, la performance di una studentessa in una materia dice qualcosa ad un docente rispetto alla sua capacità di insegnare. Tuttavia, non si può valutare un insegnante o l’intero corpo docente italiano sulla base di questo indicatore. Di conseguenza non intestarditevi a migliorare le performance dei vostri studenti in PISA 2021 insegnando loro come passare il test. Non possiamo appaltare alle indagini PISA, o ad una non corretta interpretazione di esse, la scelta di ciò che deve essere insegnato nelle classi.

Il secondo accorgimento è rivolto ai media. Sì, è vero, PISA offre materiale fenomenale per il vostro lavoro. Grafici, tabelle, numeri facilmente comparabili, perfetti per scrivere in mezz’ora un pezzo su “come è andata l’Italia quest’anno”. Il modo con cui sono riportati i dati rende semplice una fruizione superficiale che porta a guardare se la colonnina "ITA" è sopra o sotto quella di “media OCSE”. Così facendo si contribuisce alla cultura dell’uso strumentale di PISA come un ranking fra Stati ed economie producendo quel fenomeno di stigmatizzazione dei sistemi scolastici sulla base di una semplice comparazione. Ecco dunque l’accorgimento: non guardate solo le tabelle ma siate accorti ed indipendenti nella lettura dei dati crudi, comparandoli con le serie storiche e gli altri dati sul sistema educativo in vostro possesso. Un esempio su tutti, non stupiamoci delle migliori performance delle ragazze in lettura rispetto ai loro colleghi maschi: è stato così anche negli anni precedenti.

L’ultimo accorgimento è rivolto ai decisori politici: i risultati di apprendimento degli studenti non sono e non devono essere presi come unico indicatore della qualità del sistema educativo italiano. Senza dubbio questi dati sono utili ma vanno letti ed interpretati con lungimiranza e saggezza, mettendoli in relazione ad altri indicatori di qualità. Sempre di produzione OCSE, i dati contenuti nell’Education at a Glance riportano per esempio l’età media e il livello dei salari dei docenti, le tendenze demografiche della popolazione studentesca, il tasso di occupazione dei diplomati e laureati. Inoltre, PISA misura un determinato insieme di competenze. Più interessante forse risulta consultare i dati del International Civic and Citizenship Education Study (ICCS), l’indagine internazionale sulle competenze civiche e di cittadinanza del 2016 promosse dall’International Association for the Evaluation of Educational Achievement (IEA) poiché sono parte degli indicatori dell’obiettivo 4.7 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. L’Agenda è infatti il faro per la definizione delle politiche educative e delle competenze per la cittadinanza globale e lo sviluppo sostenibile ed è il pilastro del grande processo di riflessione sugli obiettivi dell’educazione e l’organizzazione dell’apprendimento che tutti i Paesi delle Nazioni Unite stanno portando avanti.

Quest’ultimo accorgimento ci porta ad estendere la riflessione. Nel tentativo di stabilire cosa sia un’educazione di qualità, negli anni della globalizzazione galoppante e del New Public Management con la sua ossessione per i Key Performance Indicators, la comunità internazionale ha accettato l’idea che fosse possibile e necessario misurare e contare a livello statistico la “qualità” dell’educazione utilizzando come uno degli indicatori principali i risultati di apprendimento, PISA in questo caso. Per misurare la qualità si è dunque deciso di privilegiare l’efficacia di un’operazione di apprendimento rispetto alla rilevanza dei suoi contenuti. Tuttavia, la qualità dell’educazione è più complessa: non tutto ciò che conta può essere contato. Come può essere definita “educazione di qualità” un’educazione che è efficace nell’insegnare conoscenze e competenze destinate ad essere obsolete e non adatte e adeguate al contesto sociale e culturale del domani?

Il 3 dicembre sarà una giornata importante che può stimolare a spostare il dibattito e l’attenzione sull’educazione dall’efficacia alla rilevanza. Non solo “se” i nostri studenti hanno imparato ma “cosa” hanno imparato. Domandiamoci se all’asilo nostra figlia abbraccia i compagni, non solo se conosce le canzoni in inglese; se al liceo ha lavorato bene in squadra, non solo se ha preso 10 in Latino; se dopo l’università è capace di inventarsi una professionalità per lei e la sua generazione, non solo se verrà assunta in un impiego.

Nel mio lavoro con le Scuole Changemaker e gli imprenditori sociali di Ashoka ho imparato che in un mondo in continuo cambiamento il concetto stesso di alfabetizzazione e la definizione degli obiettivi educativi debbano essere cambiati. Per dare ai giovani la possibilità di trasformare e rendere più giusta la società in cui vivranno e affrontare efficacemente le sfide di domani, è necessario sviluppare competenze nuove: empatia, imprenditorialità, leadership condivisa e attitudine propositiva al cambiamento. È nel permettere lo sviluppo di queste competenze che possiamo fornire un’educazione rilevante, un’educazione di qualità. Come sta affrontando questa rivoluzione il nostro sistema scolastico?

Il 3 dicembre non cadiamo nella trappola di PISA guardando se i nostri studenti o figli hanno risposto in maniera giusta al test, ma cogliamo l’occasione per porci le giuste domande.