2 ' di lettura
Salva pagina in PDF

Il quadro della povertà educativa oggi in Italia è drammatico: i minori in condizione di povertà assoluta sono oltre 1 milione e 200 mila (il 12,5% del totale) e vivono in famiglie che, una volta sostenute le spese per la casa e per l’alimentazione, possono spendere solo 40 euro al mese per la cultura e 7,60 euro per l’istruzione.

Il tema della povertà educativa minorile si lega inevitabilmente a quello dell’accesso ai servizi per la prima infanzia, tra cui gli asili nido, che rappresentano dei presidi fondamentali e insostituibili per prevenire e combattere il fenomeno. Ma anche in questo ambito i numeri sono tutt’altro che positivi, e si registra un accentuato divario tra nord e sud del Paese: solo 4 Regioni (di centro e nord Italia) raggiungono l’obiettivo europeo di una copertura al 33% degli asili nido. In fondo alla classifica si trovano Campania, Calabria, Sicilia, Puglia e Basilicata.

Nel sistema dei servizi per l’infanzia il Terzo settore ha un ruolo di primo piano grazie all’attività di cooperative e imprese sociali. A causa di un tasso di redditività piuttosto basso, però, i cosiddetti “mercati sociali” non sono mai stati particolarmente attraenti per gli investitori (salvo alcune eccezioni, come ad esempio il mercato dei servizi sanitari e per gli anziani), e finora le risorse (pubbliche e private) sono state destinate quasi esclusivamente alla costruzione o allo sviluppo delle infrastrutture.

La recente riforma, prevedendo innovativi strumenti di finanza a impatto sociale, apre ulteriori spazi e opportunità, oltre che per il Terzo settore stesso, anche per chi volesse investirvi. Una modalità diversa di investimento negli asili nido, così come in altri settori dell’economia sociale, quindi esiste e ha il vantaggio di “rigenerare”, a partire da un medesimo capitale iniziale, nuovo capitale economico e soprattutto sociale. Penso a investimenti su cooperative e imprese sociali che le aiutino a realizzare le loro attività e a sostenere i costi di gestione, ad aiuti per le famiglie che rendano possibile l’accesso ai servizi per la prima infanzia, a sgravi fiscali per le aziende che prevedono misure di welfare aziendale.

Investimenti di questo tipo sono molto più lungimiranti di quelli sugli immobili, perché sono efficacemente diretti al contrasto della povertà educativa, accompagnando e stimolando l’attivazione di quelle spinte positive che rappresentano la parte migliore del nostro Paese. Una ricerca promossa qualche anno fa con il "Consorzio Pan-servizi per l’infanzia” ha evidenziato come l’utilizzo delle risorse pubbliche per una fiscalità che facilita il protagonismo, da un lato, del Terzo settore nella gestione dei servizi e, dall’altro, delle imprese in termini di welfare aziendale, generi diversi effetti positivi, compresi nuova occupazione e un accesso potenzialmente universalistico agli asili nido.

Anche alla luce delle novità legislative, la finanza sociale può avere un ruolo importante per imprimere la giusta direzione alla nostra società, affinché sia più equa e sostenibile, agisca attivamente per eliminare le disuguaglianze e sia consapevole del fatto che contrastare la povertà educativa dei bambini di oggi vuol dire creare le basi giuste per ridurre la povertà economica degli adulti di domani.

Questo articolo è stato pubblicato lo scorso 26 aprile sul portale Il Punto – Pensioni&Lavoro, parte del Network di Percorsi di secondo welfare