L’attuale emergenza sanitaria legata alla pandemia del virus Covid-19 sta facendo emergere in molti fra i Paesi colpiti punti di forza e debolezza nei sistemi sanitari e assistenziali. La capacità di gestione delle crisi e di tenuta delle istituzioni sono in queste settimane sottoposte a uno stress senza precedenti. Senza voler entrare nel merito delle valutazioni sul caso italiano (che saranno possibili solo nel momento in cui la fase più critica dell’emergenza sarà passata), sono emersi fin da subito alcuni aspetti rispetto ai quali l’Italia ha una grande occasione per recuperare il ritardo accumulato negli ultimi anni (si veda, ad esempio, Razetti 2020). Uno di questi riguarda l’innovazione tecnologica digitale (per approfondimenti si rimanda a Perobelli e Rotolo 2019): mentre in Corea del Sud test a tappeto e tracciamento tramite app hanno consentito di arginare in breve tempo il diffondersi del virus, in Italia si hanno difficoltà a raccogliere dati uniformi, credibili e utili dalle diverse Regioni per comprendere quanti siano effettivamente i contagiati e, di conseguenza, assumere decisioni coerenti. Le stesse informazioni comunicate quotidianamente durante la conferenza stampa della Protezione Civile rappresentano solo una fotografia parziale del fenomeno che sta interessando l’Italia.

Concentrando l’attenzione sull’utilizzo e sul ruolo delle nuove tecnologie, sono emersi come cruciali tre ambiti di miglioramento per il sistema Italia: 1) una migliore capacità di raccolta ed elaborazione di dati in modo informatizzato, 2) l’utilizzo delle tecnologie a supporto degli operatori sanitari e 3) il ruolo delle innovazioni digitali per il benessere delle persone in tempi di distanziamento sociale.


Le tecnologie a supporto di sistemi informativi integrati

Il primo aspetto è fondamentale e si riferisce alla capacità di produrre sistemi informativi integrati che, su tutto il territorio nazionale, siano in grado di fornire dati e informazioni tempestive e coerenti. Sul versante dei servizi sanitari, soprattutto in ambito ospedaliero (in alcuni casi – ancora sparuti – integrando l’ambito territoriale) qualche passo in avanti in tempi recenti è stato fatto: cartelle cliniche informatizzate e fascicoli sanitari elettronici stanno diventando sempre più diffusi e, quantomeno, oggetto di sperimentazione.

Uscendo però dagli ospedali e, ancor di più, dai servizi sanitari, diventa pressoché impossibile costruire una mappatura completa e attuale del più ampio ambito dei servizi sociosanitari (che comprendono, ad esempio, le attività di assistenza domiciliare integrata; Fosti et al. 2018). Allo stesso modo, al momento è utopia su buona parte del territorio nazionale pensare di far dialogare i sistemi informativi utilizzati dagli operatori del settore sociosanitario con quelli del settore sociale (che non fa capo alle Regioni, ma ai Comuni). Senza menzionare le difficoltà nell’integrazione tra sistemi informativi del settore pubblico e quelli degli erogatori di servizi del settore privato.

L’emergenza Covid-19 ha richiamato un’esigenza oggi più che mai rilevante: la necessità di promuovere una conoscenza dei fenomeni puntuale e diffusa, in grado di fornire ai decisori gli strumenti per assumersi la responsabilità di mettere in atto politiche pubbliche coerenti. In un’epoca in cui le grandi aziende private (dai giganti del web fino alle catene dei supermercati) sono in grado, grazie alle tecnologie, di ricostruire il profilo di ciascun loro utente, è anacronistico pensare che il sistema pubblico non sia in grado di promuovere una mappatura di tutto ciò che accade agli utenti dei suoi servizi, ossia noi cittadini.


Le tecnologie a supporto degli operatori sanitari

Un altro grande tema al centro del dibattito in queste settimane di emergenza è il ruolo e il contributo vitale degli operatori del settore Salute: non solo coloro che sono in prima linea negli ospedali per curare i casi più gravi, ma anche coloro che operano sul territorio (a cominciare dai Medici di Medicina Generale), senza dimenticare coloro che lavorano all’interno delle strutture residenziali per non autosufficienti o al domicilio a supporto delle persone fragili e anziane. Questi ultimi rappresentano la fascia di popolazione più a rischio per questo tipo di Coronavirus e, di conseguenza, i professionisti che lavorano per prestare loro assistenza quotidiana dovrebbero essere ampiamente tutelati. Fino a oggi non è stato così, come è emerso ad esempio dall’assenza di dispositivi di protezione individuale (DPI) nelle Residenze Sanitarie Assistite. Ma anche gli operatori delle Aziende Ospedaliere e i Medici di Medicina Generale hanno spesso pagato un importante dazio in termini di persone colpite e decedute a causa del Covid-19. Anche su questo fronte il sistema italiano, non diversamente da quello di molti altri paesi occidentali, si è trovato impreparato ad affrontare le contingenze. Anche in questo caso si può immaginare che l’utilizzo delle tecnologie a supporto degli operatori sanitari, sociosanitari e socioassistenziali avrebbe potuto alleviare le sofferenze del sistema. Le esperienze degli ultimi anni in molti paesi ci hanno mostrato, ad esempio, come l’utilizzo dell’intelligenza artificiale può fornire dati e informazioni per facilitare il processo decisionale dei clinici in fase di diagnosi e decisione sui trattamenti. Inoltre, è possibile progettare sistemi intelligenti per il triage nelle strutture sanitarie o addirittura per il pre-triage che consente al singolo cittadino di farsi guidare in una auto-valutazione dei propri sintomi. Sono piccoli accorgimenti che, tuttavia, avrebbero potuto ridurre la pressione sul 118, sui Pronto Soccorso e sui Medici di Medicina Generale, almeno per i casi meno gravi. Volendo fare un ulteriore sforzo di immaginazione, un’app costruita con questa funzione avrebbe potuto diventare anche un sistema di tracciamento dei contagi o sospetti tali. Questi esempi ci insegnano che bisognerebbe sempre di più mettersi nell’ottica di avere la tecnologia al nostro fianco come alleata, non come nemico giurato da combattere ad ogni costo (atteggiamento che finora è prevalso in buona parte degli ambienti sanitari). Questo perché in un futuro ormai prossimo – che in altri contesti è già presente – si può arrivare ad immaginare un sistema di welfare in cui altre innovazioni (come la robotica e la stampa 3D) possono supportare (e non sostituire!) efficacemente chi è in prima linea nel garantire la salute e il benessere della popolazione.


Le tecnologie a supporto della socialità

Un ultimo aspetto su cui la pandemia sta portando attenzione è il bisogno di socialità e interconnessione che è fisiologico per ogni essere umano. A volte si tratta della semplice necessità di restare in contatto con i familiari e con i colleghi di lavoro, ma altrettanto importante è anche la necessità di tenersi in contatto con amici e conoscenti. Ecco perché in queste settimane le piattaforme che consentono il lavoro a distanza (Slack, Microsoft Teams e altre piattaforme nate con questo scopo), così come i sistemi di videochat e videoconferencing (Skype, Hangouts Meet, Zoom, Houseparty) hanno visto un vero e proprio boom nel loro utilizzo e nella loro diffusione.

Questo fabbisogno di rimanere connessi non riguarda solo le fasce più giovani della popolazione e i lavoratori, riguarda sempre di più anche gli anziani. Questa considerazione ci riporta, ad esempio, all’interno delle strutture residenziali: esse sono state fin da subito isolate e tutte le visite da parte di soggetti esterni vietate. Di conseguenza, gli ospiti delle case di riposo hanno dovuto rinunciare a quello che per molti è un momento di sollievo e gioia: l’incontro con i familiari. Fortunatamente, molte strutture si sono attrezzate per organizzare videochiamate tra ospiti e loro parenti, cercando così di rendere meno difficile la situazione di isolamento estremo di questi giorni. Ancora una volta però si è trattato di innovazioni dettate dall’urgenza della situazione, nonostante fino a qualche settimana fa non esistesse alcun divieto di utilizzare le moderne innovazioni digitali per ampliare le possibilità degli anziani di rimanere in contatto con i propri figli, nipoti e amici. Lo stesso discorso che vale per le strutture residenziali potrebbe applicarsi a qualsiasi altro contesto, da quello domiciliare a quello ospedaliero. Le circostanze in cui ci troviamo ci testimoniano tuttavia che, salvo rare eccezioni, l’uso di tecnologie non era considerato come una delle opzioni a disposizioni.

Ecco perché, pur trattandosi di un’emergenza che avrà costi e impatti importanti per la società, riteniamo si debba cogliere l’occasione per ripensare il ruolo delle innovazioni tecnologiche digitali all’interno del nostro sistema. L’ideale sarebbe stato arrivare a questo appuntamento con la storia avendo già sperimentato, in tempi di relativa tranquillità, nuove soluzioni: sistemi informativi, intelligenza artificiale, stampa 3D, robotica, sistemi di video conference. L’urgenza creata dal Covid-19 impone un’accelerata, ma questo non significa che si debba subire passivamente l’arrivo delle tecnologie in modo così dirompente nelle nostre vite e nella quotidianità del sistema sanitario e socio-assistenziale italiano. Ci si augura, infine, che serva da monito per un (speriamo immediato) futuro in cui avremo di nuovo la serenità per familiarzziare con le innovazioni digitali che emergeranno per farci trovare meno impreparati alla prossima sfida che arriverà.


Riferimenti

Fosti, G., Longo, F., Notarnicola, E., Perobelli, E., Rotolo, A. (2018), "Il sistema sociosanitario sociale ei suoi gap: la rete di offerta, il fabbisogno potenziale ei percorsi assistenziali dei grandi anziani", in Rapporto OASI 2018, EGEA, Milano
Perobelli, E. e Rotolo, A. (2019), L’innovazione digitale nei servizi di welfare. Stato dell’arte e prospettive, Collana white paper OCAP, Vol. 1/2019.
Razetti, F., 2020, Il Coronavirus e i nervi scoperti del welfare italiano, Percorsi di secondo welfare, 20 marzo 2020.