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Circa un anno fa vi avevamo parlato dell’apertura della Casa della Memoria, realtà toscana che si rivolge a persone anziane con problemi legati all’insorgenza di declino cognitivo e/o fragilità legate alla perdita di memoria. Ad un anno dall’apertura abbiamo chiesto a Cristina Dragonetti, Presidente della Cooperativa Minerva, di provare a fare un bilancio della sperimentazione, o più esattamente un “bilancio di secondo welfare”, che tenga conto dell’andamento economico, dello sviluppo di rete e dell’impatto sociale provocato. 

 

Iniziamo dall’impatto: possiamo fare un primo bilancio sull’adesione e sui servizi offerti?

Il progetto conta oggi 26 ospiti iscritti, con una media giornaliera di 14 presenze.

Durante questo primo anno le attività sono aumentate concentrandosi sull’offerta di percorsi di contrasto all’insorgenza del grave declino cognitivo: la mattina è dedicata all’attività fisica alternata alle attività di stimolazione cognitiva, mentre il pomeriggio ai laboratori occupazionali.

Cerchiamo di impiegare un modello rientrante nel welfare rigenerativo, secondo la logica del “ti aiuto ad aiutarmi”. Il tentativo infatti è quello di rendere i soci anziani protagonisti di un “tempo di vita”. Innanzitutto gli ospiti diventano soci del circolo MCL la Casa della Memoria, mentre i laboratori occupazionali propongono attività che vanno a oggettivo beneficio di coloro che le svolgono: il laboratorio di cucina è svolto impiegando prodotti dell’orto che vengono appunto cucinati e a loro volta diventano “merende” da consumare insieme; la lavanda coltivata e raccolta diventa un sacchetto profuma-biancheria per le loro case. Gli oggetti realizzati nei laboratori, infine, vengono donati in regalo o utilizzati come decorazioni per il centro stesso, secondo la logica per cui “contribuisco ad arredare lo spazio in cui abito”.

Come procede la collaborazione con gli attori del territorio?

Ci sono risultati positivi sul fronte delle reti di collaborazione con i soggetti del territorio, che ad un anno dall’apertura sono aumentate – oltre a essersi consolidate quelle preesistenti.

In primo luogo, si assiste allo sviluppo dei rapporti con le aziende private. Oltre a VARGROUP e VARLIFE del gruppo SESA SpA, presenti sin dall’inizio, si è aggiunta BERNI SpA. Il rapporto con queste non ha ancora la valenza del processo ma è presente un dialogo aperto, sereno e collaborativo. Come tutte le “amicizie” anche queste vanno alimentate promuovendo quello scambio che tuttavia non è sempre facile da perseguire. Non volendo da loro assistenza, ma partecipazione alla costruzione di comunità solidali, lo scambio avviene soprattutto negli ambiti della comunicazione – ad esempio, laddove la Casa della Memoria promuove sé stessa promuove anche il logo delle aziende amiche.

Anche il rapporto con gli Enti Pubblici è stato rafforzato ed esteso a tutti i Comuni limitrofi a Montelupo Fiorentino che si sono dimostrati disponibili a promuovere il progetto. I Comuni non dispongono di risorse da dedicarvi, ma ritengo che coinvolti su progetti specifici potrebbero far sentire il loro apporto. In questo momento infatti in Toscana le politiche di welfare stanno assistendo a nuove sperimentazioni che potrebbero portare a considerevoli cambiamenti nell’organizzazione dei servizi sociali e sanitari – le Aziende Sanitarie Locali ad esempio stanno per vivere una “rivoluzione copernicana” perché saranno accorpate in solo 4 macro ASL.

Per quanto riguarda il rapporto con gli altri attori del privato sociale, AIMA e MCL hanno rafforzato significativamente la propria adesione mettendo a disposizione volontari e risorse economiche tali da conferire maggiore incidenza e organizzazione al progetto e migliorare l’efficacia dei servizi per gli anziani. Il legame creatosi tra i partner ha inoltre favorito la condivisione di progettualità comuni che ci hanno permesso di partecipare a bandi pubblici. Così facendo, ad esempio, si è ottenuto un finanziamento importante per il progetto sperimentale “Pronto Badante” promosso dalla Regione Toscana nell’intera provincia di Firenze.

E i cittadini, come stanno rispondendo?

Un capitolo a parte è quello del radicamento nel territorio, del processo dal basso, del “passa-parola”. Il lavoro svolto è qualitativamente apprezzato e molti hanno cominciato, attraverso le loro famiglie, a parlare bene del circolo, a diffonderne “una buona fama”: l’80% delle persone con cui abbiamo avuto colloqui finalizzati a nuovi ingressi ha detto di aver sentito parlare di noi da amici e conoscenti. Questo ci ha permesso di crescere ogni giorno. Inoltre, lentamente il Patronato aperto all’interno della Casa della Memoria sta acquisendo nuove persone che beneficiano dei servizi offerti.

Infine, la nostra pagina Facebook, che pubblica settimanalmente immagini del lavoro svolto, raccoglie di media 400 visualizzazioni, a testimonianza del radicamento sul territorio che lentamente avviene anche attraverso l’aiuto dei social network. L’autorizzazione all’utilizzo delle immagini degli ospiti consente peraltro ad amici e familiari di osservare il loro benessere.

Obiettivi per il prossimo compleanno?

Gli obiettivi per il prossimo compleanno vertono certamente sulla ricerca di strumenti di rilevazione dell’impatto sociale, in particolare avviando una collaborazione con qualche Università per la validazione dei risultati raggiunti. A proposito di Università, vorremmo anche sviluppare maggiori sinergie ad esempio per l’espletamento di tirocini formativi presso la nostra struttura.

Inoltre, vorremmo allargare le nostre attività con l’inserimento di ulteriori elementi di stimolazione cognitiva – giocheremo a bowling con la WII ad esempio. Stiamo sperimentando l’inserimento di un educatore professionale, ma potremmo pensare anche ad una logopedista. Infine, il nostro secondo anno vorrebbe svolgersi all’insegna di una maggiore contaminazione con il territorio circostante ma anche con territori più lontani.

Per concludere, come commenterebbe l’impatto realizzato nel primo anno?

Mi piace pensare ad una parola chiave per la casa della memoria: “cartina tornasole”. Siamo nati in seguito alla chiusura di un Centro Alzheimer che non aveva accessi e quindi, secondo i parametri di valutazione presenti oggi nel pubblico per la valutazione del bisogno, non era necessario. Il centro aveva 7 ospiti, mentre qui, dopo 12 mesi, sono già presenti 26 persone. Ecco che allora la cartina tornasole è stata la capacità di lettura del bisogno: il bisogno era presente, ma non era intercettato.

I famosi LEA e la legge 328/2000 non parlavano di accesso universale ai servizi? Per renderlo tale, oggi in regime di contrazione delle risorse pubbliche, potremmo far rispondere ai bisogni da un privato sociale qualificato, etico e non profit (ad un’impresa sociale vera) con il contributo del pubblico? La cartina di tornasole può assumere svariate tonalità di colore. Come sono svariate le possibilità che un utente con declino cognitivo ha di reagire se affiancato ad una cura appropriata, calzante con la sua storia personale, la sua anamnesi clinica e i suoi imprescindibili “momenti di vita”.

Ecco perché è necessario validare i risultati ottenuti misurando i benefici indotti dalla casa della memoria. Oggi abbiamo 3 posti di lavoro in più rispetto allo scorso anno; oggi le organizzazioni che effettuano mensa e trasposto (l’indotto) guadagnano più dello scorso anno; 26 famiglie ci stanno dicendo che i loro familiari stanno meglio, dormono meglio, si muovono meglio, sono più felici – la frase più comune in toscano che ci sentiamo dire è “Ci vengano volentieri”. Quale colore avrebbe questa cartina tornasole?
 

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