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Recentemente, la circolare n. 5/E dell’Agenzia delle Entrate (di cui vi abbiamo parlato qui) ha chiarito alcuni aspetti in merito alla possibilità di conversione del premio di risultato in welfare aziendale. Tra le altre cose, il documento riprende anche il tema del coinvolgimento paritetico dei lavoratori. In questo articolo vi spieghiamo cos’è e come funziona questo strumento, portandovi alcuni esempi chiarificatori.

Il coinvolgimento paritetico dei lavoratori: di cosa si tratta

Come spesso abbiamo evidenziato, le trasformazioni del lavoro e della relazione tra impresa e lavoratore stanno progressivamente favorendo lo sviluppo di forme di partecipazione attiva dei lavoratori nei contesti produttivi. Tra queste si annoverano gli schemi di coinvolgimento paritetico. Ma cosa sono tali strumenti?

In base a quanto sancito dal comma 189 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, il coinvolgimento paritetico dei lavoratori è uno strumento realizzato mediante schemi organizzativi che permettono di coinvolgere in modo diretto e attivo i lavoratori, da un lato, nei processi di innovazione e di miglioramento delle prestazioni aziendali, con incrementi di efficienza e produttività, e, dall’altro, nel miglioramento della qualità della vita e del lavoro.

In base alla normativa, il coinvolgimento paritetico dei lavoratori deve essere formalizzato a livello aziendale mediante un apposito Piano di Innovazione. Tale piano è elaborato dal datore di lavoro, secondo le indicazioni del contratto collettivo, oppure mediante comitati paritetici aziendali.

Il Piano di Innovazione deve riportare: a) la disamina del contesto di partenza, b) le azioni partecipative, gli schemi organizzativi da attuare e i relativi indicatori, c) i risultati attesi in termini di miglioramento e innovazione d) il ruolo delle rappresentanze dei lavoratori a livello aziendale, se costituite. Inoltre, il Piano può contenere progetti di innovazione già avviati, dai quali si attendono ulteriori specifici incrementi di produttività, nonché progetti da avviare.

Le opportunità legate al welfare aziendale

Come detto, il coinvolgimento dei lavoratori trova un riscontro anche in tema di welfare aziendale. La Legge di Stabilità del 2016 ha infatti introdotto la possibilità di avere accesso ad importanti sgravi fiscali e contributivi (sia per l’impresa, sia per il lavoratore) nel caso in cui il premio di risultato aziendale sia convertito – su libera scelta del dipendente – in tutto o in parte in welfare. Tali vantaggi sono soggetti a specifiche soglie: 3.000 euro di importo e 80.000 di reddito annui per il lavoratore.

La limitazione legata all’importo può essere però ampliata fino a 4.000 euro nel caso in cui l’azienda preveda forme di coinvolgimento paritetico dei lavoratori. Con la circolare n. 28/E del 2016, l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di chiarire come tali disposizioni fossero finalizzate ad incentivare quegli schemi organizzativi della produzione e del lavoro orientati ad accrescere la motivazione del personale e a coinvolgerlo in modo attivo nei processi di innovazione, realizzando incrementi di efficienza, produttività e di miglioramento della qualità della vita e del lavoro. Nella circolare, è stato precisato che, al fine di beneficiare dell’incremento su cui applicare l’imposta sostitutiva, è necessario che i lavoratori intervengano, operino ed esprimano opinioni che, in quello specifico contesto, siano considerate di pari livello, importanza e dignità di quelle espresse dai responsabili aziendali che vi partecipano con lo scopo di favorire un impegno “dal basso” che consenta di migliorare le prestazioni produttive e la qualità del prodotto e del lavoro.

Attraverso questa novità, il legislatore ha tentato di favorire la diffusione di meccanismi di coinvolgimento paritetico all’interno delle aziende italiane. Il risultato è stato però parziale. Tendenzialmente solo alcune grandi imprese sono in grado di garantire un importo premiale superiore ai 3.000 euro; inoltre, si deve considerare che spesso tali realtà avevano già introdotto forme di partecipazione attiva dei lavoratori.

Le micro, piccole e medie imprese – per le quali gli strumenti di coinvolgimento potrebbero essere un’importante innovazione organizzativa – non sarebbero invece sufficientemente stimolate a sperimentare tali meccanismi: è raro infatti che una realtà imprenditoriale con un numero ridotto di collaboratori possa garantire un premio di risultato così elevato.

Alcuni esempi di coinvolgimento paritetico dei lavoratori

In conclusione, vi mostriamo due esempi di piani di coinvolgimento paritetico dei lavoratori: gli schemi organizzativi di innovazione partecipata (SOP) e i programmi di gestione partecipata (PGP). Entrambe queste casistiche trovano riscontro nelle prassi aziendali censite dalla Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Eurofound).

Gli schemi organizzativi di innovazione partecipata (SOP) sono forme di coinvolgimento diretto dei lavoratori nei processi d’innovazione. Tali strumenti richiedono una comunicazione strutturata tra lavoratori e datore di lavoro. Esemplificativamente, tra i SOP si possono annoverare:

  • i gruppi di progetto, cioè gruppi volti a migliorare singole aree produttive, prodotti e servizi e sistemi tecnico organizzativi;
  • la formazione specialistica e mirata all’innovazione;
  • i sistemi di gestione dei suggerimenti dei lavoratori, cioè strumenti che consentono ai dipendenti di proporre idee e iniziative in ambito organizzativo;
  • le campagne di comunicazione sugli scopi e lo sviluppo di programmi di innovazione, (workshop, focus, seminari interattivi);

I programmi di gestione partecipata (PGP) fanno riferimento invece a forme di partecipazione diretta dei lavoratori per la gestione delle attività e delle conoscenze produttive nonché del tempo e del luogo di lavoro che consentono di combinare flessibilità, risultati aziendali e qualità della vita e del lavoro. Tra i PGP, esemplificativamente, si annoverano:

  • il lavoro in team pianificato, strutturato e formalizzato con assegnazione di obiettivi produttivi;
  • i programmi di gestione della flessibilità spazio-temporale del lavoro in modo condiviso tra azienda e lavoratori (forme di part time, team di autogestione dei turni, banca delle ore, lavoro agile, etc.);
  • le comunità di pratiche volte a sviluppare conoscenze operative su base volontaria con strumentazione tecnologica e social network.