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Da qualche settimana abbiamo appreso il significato del termine “pandemia”. Non solo. Siamo costretti ogni giorno a convivere con la paura che comporta. Nessuno immaginava di poter essere così vulnerabile a un microrganismo. Né avremmo mai pensato di dover affrontare sforzi sovrumani per tenere insieme un Sistema Sanitario pubblico che garantisca quel che abbiamo sempre dato per scontato: l’accesso alle cure in modo universale.

Sulla tenuta del Sistema sanitario nazionale, e sulle politiche pubbliche a sostegno, stanno nascendo dibattiti e domande su cui doverosamente si rifletterà a lungo, soprattutto ad emergenza finita. Il sistema sanitario era preparato a gestire l’emergenza? La sua articolazione sul territorio, fondamentale per garantire la prevenzione ed evitare la diffusione del virus, come poteva essere supportata e rafforzata? Le politiche pubbliche degli ultimi anni come hanno cambiato il SSN? Sono solo alcuni dei grandi interrogativi che ci stanno ossessionando in questi giorni.

Lungi da me provare a dare risposte ritengo, però, che riportare qui alcune esperienze internazionali, altamente innovative, di politiche pubbliche per la sanità possa dare un contributo empirico utile a costruire un dibattito serio.

Finlandia: il SIB per prevenire il diabete

Il 12 marzo, mentre in Italia eravamo già nel pieno dell’emergenza COVID-19, il Ministero della Salute finlandese pubblicava un comunicato stampa per lanciare un nuovo Social Impact Bond – SIB (noto meccanismo finanziario di payment by result – PbR ) volto a prevenire i casi di diabete di tipo 2. L’obiettivo da raggiungere per il Ministero della Salute è molto chiaro: assicurare maggiore benessere e salute ai cittadini. Tale risultato dovrebbe anche garantire un risparmio di 2 miliardi sul totale della spesa pubblica destinata all’assistenza di circa 700.000 malati cronici.

Questo progetto partirà in via sperimentale in quelle aree del Paese col maggior numero di malati cronici ma l’auspicio è di poter presto applicare lo stesso meccanismo all’intero territorio nazionale, non appena si riscontreranno i primi risultati sociali positivi. Per la Finlandia questo non è il primo esperimento di meccanismo finanziario basato sui risultati: sempre nel Paese scandinavo è stato sviluppato il famoso Koto SIB per l’integrazione dei rifugiati, che ha il primato in Europa per ampiezza di investimento (12 milioni di euro).

Ma al di là dell’applicazione puntuale degli strumenti questo caso è di particolare interesse perché dimostra che le istituzioni finlandesi hanno fatto dell’impact investing, e in particolate degli strumenti PbR, una strategia per innovare e rafforzare il sistema di welfare, da sempre impeccabile in questa parte d’Europa. Lo scorso gennaio è stato anche lanciato il Centre of Expertise for Impact Investing proprio all’interno del Ministero degli Affari Economici.


Un esempio per l’Italia?

Un sistema quindi basato sulle evidenze, che costringe il policy maker a prendere decisioni informate, a basarsi su dati empirici e rimodulare l’intervento se questo non funziona non potrebbe contribuire anche a disegnare le politiche nostrane di welfare?

Il nostro sistema di welfare, solido nella struttura portante ma affaticato e in lenta ritirata, potrebbe trarre nuova linfa dal mercato degli investimenti ad impatto sociale. In particolare potrebbe trarre grande beneficio dagli strumenti payment by result, che consentono di attrarre capitali privati, non certo sostitutivi di quelli pubblici ma aggiuntivi e utili a raggiungere obiettivi sociali che non potrebbero essere perseguiti altrimenti. Proprio come nel caso delle politiche di prevenzione.

Collegandoci all’esempio specifico del diabete, secondo i dati del 16° rapporto dell’Osservatorio sulla salute in Italia il costo medio annuo per un malato di diabete per il sistema sanitario è di 1.300 euro, cifra che aumenta con il crescere dell’età. Se si avviasse una politica di prevenzione di questa malattia, che porterebbe risultati anche in termini di risparmio per la pubblica amministrazione, come potrebbe impiegare il Sistema Sanitario Nazionale queste risorse “liberate”? Magari aumentando il numero di posti letto nelle terapie intensive. O investendo nella ricerca scientifica?


La scommessa dell’Europa

Sul potenziale degli strumenti di payment by result scommette anche la Commissione europea che insieme alla Banca europea degli investimenti ha un piano per sostenere gli Stati membri nella costruzione di Social Outcomes Contracts (questo il nome con cui la Commissione europea ricomprende tutti i meccanismi payment by reults).

Già nel 2018, infatti, lo European Investment Advisory Hub – iniziativa della Commissione europea e della Banca Europea degli Investimenti – aveva avviato una specifica piattaforma di supporto per il Social Outcome Contracting. La piattaforma era stata sviluppata in partenariato proprio con l’ente finlandese Sitra, la prima organizzazione del Paese incaricata di creare strumenti pilota di impact investing e che ora ha lasciato il testimone al Centre of Expertise a cui si accennava sopra. La piattaforma è stata rifinanziata anche nel nuovo piano InvestEU e continuerà ad operare plausibilmente sotto la Social Investment and Skills Window, mettendo a disposizione delle amministrazioni pubbliche che ne faranno richiesta programmi di capacity building, metriche di misurazione d’impatto, supporto nella progettazione di un Social Outcome Contract.

Un segnale importante ma soprattutto un’opportunità per le nostre pubbliche amministrazioni che necessariamente dovranno innovare la propria azione, se non vorranno sopperire agli effetti di questa crisi che mai avremmo pensato di vivere.