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Yolo economy: i giovani e il lavoro nomade. E il coraggio di cambiare

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La pandemia ha costretto a ripensare l’equilibro tra aspetti professionali e personali. Secondo un sondaggio della società di consulenza Bain & Company, lo pensa  il 58% dei lavoratori delle dieci principali economie mondiali. E così, soprattutto in certi settori, un numero crescente di persone si licenzia, cambia occupazione e città, inizia a viaggiare, dando più spazio alla famiglia, agli amici e al tempo libero; meno al lavoro e alla carriera. Lo fa anche grazie al digitale, che oggi offre opportunità enormi rispetto al passato: il lavoro non è più necessariamente legato a un luogo preciso.

Si tratta di quella che, come spiega Paolo Riva su Buone Notizie del Corriere della Sera, è stata rinominata Yolo economy, che è l’acronimo di You Only Live Once, “si vive una volta sola”. In quest’ottica le scelte vanno assunte secondo criteri nuovi rispetto al passato, anche “sacrificando” alcune dimensioni come, appunto, quella lavorativa.

Non è ovviamente una possibilità per tutti. Per seguire la logica YOLO servono un minimo di risorse economiche, competenze richieste dal mercato e, non scontato, bisogna essere impiegati in settori che permettano di lavorare anche a distanza; in Italia si stima possa farlo circa il 20%-30% della forza lavoro. Ma il fenomeno cresce e va preso in considerazione, anche per riflettere in maniera diversa sullo spazio e il tempo che il lavoro ha nella nostra vita quotidiana.

“Yolo economy”: i giovani e il lavoro nomade. E il coraggio di cambiare
Paolo Riva, Corriere della Sera, 28 giugno 2022