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Negli ultimi due anni si è registrata una vera e propria diffusione dei piani di welfare nelle aziende. A fare da volano è stato l’ammodernamento del TUIR, il Testo Unico delle Imposte sul Reddito, e la leva fiscale introdotta con la Legge di Stabilità 2016 – confermata poi nel 2017 – che ha apportato modifiche in termini di modalità di erogazione e possibilità di contrattualizzazione dei servizi, ampliandone anche la possibilità di utilizzo sotto forma di erogazione alternativa ai premi di produttività. Sempre nel 2017 sono state poi approvate la legge sullo smart working e una serie di sgravi contributivi per la conciliazione vita-lavoro.

A questi temi è dedicato il volume “Welfare aziendale tra dimensione organizzativa e cura della persona”, 23° Quaderno di Sviluppo&Organizzazione, curato dalla direttrice di Percorsi di secondo welfare Franca Maino.

Il tema analizzato

Il nuovo quadro normativo introdotto nel nostro Paese sempre più spesso favorisce la compresenza di piani gestiti volontariamente dall’azienda con piani sottoscritti attraverso accordi legati alla contrattazione di secondo livello o alla contrattazione territoriale. Tutto questo ha anche portato all’ingresso di nuovi attori nell’arena del welfare aziendale e contrattuale e a una ridefinizione del loro ruolo. Le società di consulenza da un lato e nuovi fornitori di servizi e prestazioni dall’altro sono – accanto alle imprese, alle organizzazioni sindacali e agli enti bilaterali – tra i principale protagonisti di questa nuova stagione di sviluppo.

Il welfare aziendale – che nel giro di un decennio si è trasformato da strumento di sostegno ai lavoratori in una fase di crisi e arretramento del welfare pubblico a sistema per soddisfare le esigenze dei collaboratori, contribuendo a promuovere al contempo la crescita e la produttività delle imprese – è insieme una questione organizzativa e una questione “sociale”, ovvero di “cura” delle persone e delle loro famiglie. Sotto il profilo organizzativo il welfare aziendale richiede il coinvolgimento di tutti i livelli decisionali – dal management aziendale ai lavoratori passando per le organizzazioni sindacali e, in molti casi, per gli stakeholder locali – e di tutte le funzioni nella definizione di un nuovo rapporto tra azienda e dipendente; nella messa a punto di sistemi premiali che riconoscano il merito e migliorino la performance; nella costruzione di un dialogo proficuo che coinvolga non solo i rappresentanti sindacali, ma anche i responsabili dei dipartimenti HR, amministrativo, fiscale, legale e IT.

Il welfare aziendale in quanto strumento che consente di mantenere in equilibrio il lavoro e le esigenze delle persone sta diventando così un architrave di un modello sociale che mira a rinnovarsi profondamente. I vantaggi per l’impresa (benefici fiscali, rafforzamento del legame con i dipendenti, aumento della produttività) e i vantaggi per i lavoratori (soddisfacimento di alcuni bisogni essenziali, risposta a richieste “gratificanti” e maggiore benessere organizzativo) viaggiano sullo stesso binario e possono favorire l’emergere di un nuovo patto di fiducia tra l’azienda e la persona.



I contenuti del volume

Il primo capitolo, scritto dalla curatrice, indaga il “passato”, ovvero le dinamiche che hanno portato alla diffusione di piani welfare aziendali, specie negli ultimi due anni; il “presente” attraverso le evidenze offerte dai dati Istat sulle trasformazioni sociali e demografiche insieme alle novità legislative in materia di welfare aziendale e smart working; e infine il “futuro”, identificando le sfide che il Paese dovrà affrontare, nonché le questioni aperte e le criticità relative alla dimensione organizzativa e sociale del welfare in azienda.

Il capitolo di Maria Concetta Ambra e Mimmo Carrieri esamina la crescente interdipendenza tra welfare e relazioni industriali dal fordismo ai giorni nostri, attraverso un’analisi degli interventi di decontribuzione e defiscalizzazione introdotti dai Governi in carica in Italia nell’ultimo decennio. Si evidenziano così gli effetti a livello micro, su aziende e lavoratori, e a livello macro, sulle organizzazioni di rappresentanza sindacale e datoriale e sugli attori pubblici.

Con Franca Maino e Roberto Rizza si passa ad analizzare il welfare aziendale nelle piccole e medie imprese. Il capitolo sintetizza i risultati di una ricerca di Percorsi di secondo welfare che ha approfondito la diffusione del welfare aziendale e dei servizi di conciliazione vita-lavoro all’interno delle PMI in Emilia Romagna. Tale indagine evidenza una certa diffusione dei dispositivi di welfare aziendale, tuttavia concentrati in ambiti più tradizionali e già previsti dalla contrattazione collettiva (formazione e sanità integrativa), e meno diffuse in altre aree come la conciliazione vita-lavoro, il sostegno al reddito, la previdenza complementare o la long term care. La ricerca mostra anche una correlazione tra l’appartenenza a un’associazione di imprese e la disponibilità a partecipare a una rete al fine di ampliare i servizi di welfare. Si tratta di una prospettiva di grande interesse per gli stakeholder locali: quando le aziende sono legate a un’entità collettiva mostrano una maggiore propensione a mettere in comune risorse e ad aprirsi a soluzioni innovative.

Tra i protagonisti che giocano un ruolo importante per la diffusione del welfare aziendale vi sono i provider, società for profit che si occupano di sostenere le imprese nelle varie fasi di ideazione, implementazione e monitoraggio di interventi o piani di welfare, realizzando pacchetti di servizi personalizzabili in base alle esigenze delle singole aziende e al budget stanziato. Nel contributo di Valentino Santoni sono illustrati i risultati di un’altra ricerca di Percorsi di secondo welfare che ha indagato e analizzato i cambiamenti avvenuti all’interno del mondo dei fornitori di servizi di welfare dopo l’introduzione della Legge di Stabilità per il 2016, illustrando le modalità con cui questi attori operano, dalle fasi che accompagnano la realizzazione di un piano di welfare aziendale alle fasi di erogazione dei servizi.

Sempre alla luce delle recenti novità normative, Giulia Mallone presenta i risultati dell’analisi dei contenuti di oltre un centinaio di accordi aziendali siglati a partire dal 2004 nel settore Chimico e Farmaceutico lombardo. Lo studio degli accordi si concentra sulle misure di conciliazione vita-lavoro, nel tentativo di comprenderne la diffusione tra le imprese analizzate e l’articolazione interna dei piani di work-life balance aziendali.

Il contributo di Maddalena Cannito illustra invece pregi e aporie delle misure di conciliazione alla luce di uno studio qualitativo in dieci grandi aziende piemontesi in un’ottica di genere. Da una parte, le imprese considerate si configurano come innovatrici rispetto al panorama nazionale, investendo in modo efficace sui temi della conciliazione fra vita e lavoro e delle pari opportunità lavorative fra uomini e donne. Dall’altra, però, si nota una scarsa riflessione sul coinvolgimento maschile a proposito di questo tema, sia nelle politiche sia nelle pratiche organizzative. Infatti, i modelli di organizzazione del lavoro restano per lo più ancorati all’ideologia delle “sfere separate” e a un modello di lavoratore ideale implicitamente “maschilizzato”.

Strettamente connesso al tema del welfare aziendale è quello dello smart working, a cui è dedicato il capitolo di Elena Barazzetta. In questa parte è offerta un’analisi della Legge 81/2017, che intende promuovere l’organizzazione del lavoro flessibile rispondendo a un crescente bisogno di conciliare i tempi lavorativi con i tempi di cura familiare. La legge risponde anche alle trasformazioni del lavoro connesse alla diffusione di strumenti tecnologici sempre più avanzati che favoriscono una modalità di lavoro a distanza. Nonostante l’Italia risulti all’ultimo posto nell’UE28 per numero di lavoratori “agili”, non mancano esempi di aziende – riportati nel capitolo – che hanno intrapreso percorsi di smart working.

Infine, Elisabetta Cibinel confronta due strategie regionali di promozione del welfare aziendale. Da un lato la complessa strategia avviata in Lombardia nel 2010 per favorire la conciliazione vita-lavoro e lo sviluppo del welfare aziendale, descrivendo l’esperienza delle Reti territoriali di conciliazione e il finanziamento di progetti di welfare aziendale per le PMI. Dall’altro l’iniziativa regionale piemontese, inserita in un Atto di Indirizzo sull’innovazione sociale del maggio 2017, che intende favorire, grazie alla programmazione dei fondi europei, la conciliazione vita-lavoro e la diffusione di esperienze di welfare interaziendale e territoriale tra le PMI.



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