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Welfare aziendale, l'Agenzia delle Entrate chiarisce il trattamento fiscale

Attraverso la Risoluzione n. 55/E, pubblicata lo scorso 25 settembre, l'Agenzia evidenzia come non sia possibile prevedere forme di welfare legate a indicatori di produttività individuali

Lo scorso 25 settembre, attraverso la Risoluzione n. 55/E, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito il trattamento fiscale dei beni e servizi offerti dalle imprese e dai datori di lavoro ai loro dipendenti nell’ambito di un piano di welfare aziendale. L’intervento dell’Agenzia è particolarmente interessante perché fornisce un chiarimento su tutte quelle che sono le possibilità di welfare aziendale previste dalla normativa: dai rimborsi per le spese scolastiche dei figli e per la cura di familiari anziani, fino agli interventi per il tempo libero.

Tra le novità più rilevanti, l’Agenzia delle Entrate stabilisce che non è possibile godere della fiscalità agevolata per gli interventi di welfare nel momento in cui questi sono strutturati sulla base di indicatori di produttività individuali. In questa direzione, non appare in linea con la normativa di riferimento una ripartizione effettuata – ad esempio – in base alle presenze e/o assenze dei lavoratori in azienda.

Un secondo aspetto degno di nota riguarda il fatto che, nel caso in cui servizi e prestazioni siano realizzati da società esterne all’azienda, il lavoratore deve "essere estraneo" al rapporto economico che intercorre tra l’azienda e il fornitore: in altre parole non è consentito al dipendente definire una prestazione con una società esterna (ad esempio una palestra o un’agenzia viaggi) e, solo dopo, pagarla attraverso il suo "portafoglio welfare". Per usufruire delle regole fiscali previste dall’articolo 51 del TUIR è infatti necessario che il fornitore metta a disposizione dei pacchetti di prestazioni uguali per tutti i lavoratori dell’impresa e non "profilati" sul singolo.


Per consultare la Risoluzione n. 55/E del 25 settembre 2020 dell’Agenzia delle Entrate