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Lo scorso 26 aprile Il Sole 24 Ore ha riportato la notizia della stesura di una prima bozza di disegno di legge sui temi della produttività e del welfare aziendale, elaborato su iniziativa dei parlamentari della Lega insieme al Sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, che dovrebbe essere presentata entro fine aprile.


Cosa dovrebbe esserci nel Ddl
 

Secondo il quotidiano di Confindustria il Ddl proporrà due misure distinte. La prima consiste nell’aumento da 3.000 euro a 5.000 euro dell’importo dei premi di risultato soggetto alla detassazione. La seconda nel dimezzamento dell’imposta sostitutiva, che si riduce dal 10 al 5%. Questi interventi saranno accompagnati da un "pacchetto" di misure volte a incentivare l’occupazione femminile, a partire dagli sgravi contribuitivi fino a 3.000 euro annui per i datori di lavoro che tra il 2019 e 2020 assumono donne. L’obiettivo dichiarato? Dare una spinta alla produttività e, allo stesso tempo, affrontare la "questione salariale" che interessa la maggior parte dei lavoratori dipendenti, puntando su una detassazione più forte dei premi aziendali.

Per favorire la conciliazione tra vita lavorativa e familiare, nel triennio 2019-2021 potrebbe essere introdotto un regime temporaneo di lavoro part-time legato a specifiche esigenze familiari delle lavoratrici, coperto con una contribuzione figurativa. Altre novità dovrebbero riguardare gli imprenditori che allestiscono in azienda spazi per asili nido e doposcuola e la cosiddetta "opzione donna".

Sul fronte del welfare aziendale, sempre secondo l’articolo del Sole, il Ddl dovrebbe introdurre un’agevolazione fiscale e contributiva nei limiti di 10.000 euro per le somme corrisposte ai lavoratori affetti da patologie oncologiche. Inoltre, tra le prestazioni dei piani di welfare, potrebbero essere introdotti rimborsi a dipendenti o a datori di lavoro per le spese sostenute per il mantenimento o l’assistenza sanitaria di animali domestici.

Attenzione agli effetti inattesi

Alla luce di queste anticipazioni occorre a nostro avviso riflettere su alcuni elementi che potrebbero generare degli effetti inattesi. In primo luogo, infatti, se l’aliquota Irpef per i premi di risultatoerogati in denaro dovesse davvero passare dal 10% al 5%, le imprese sarebbero meno propense ad introdurre la possibilità di convertire il premio in beni e servizi di welfare; allo stesso tempo, il trade-off tenderebbe ad essere meno vantaggioso anche per i lavoratori. Ciò è rilevante soprattutto se si considera che, ad oggi, il tasso di conversione è piuttosto basso: secondo l’indagine del provider Easy Welfare solo il 20% dei lavoratori che ne ha la possibilità sceglierebbe tale opzione.

Anche l’estensione dell’importo del premio detassabile a 5.000 euro parrebbe essere un provvedimento rivolto esclusivamente ad alcune grandi realtà: difficilmente, infatti, micro e piccole imprese – che rappresentano l’ossatura del tessuto imprenditoriale del nostro Paese – possono garantire importi così elevati.

Infine appare curioso che, stando a quanto finora noto, si stia decidendo di "inserire" all’interno della normativa che regolamenta il welfare aziendale anche le spese veterinarie. Tali prestazioni, quando rimborsate dal datore di lavoro, andrebbero a godere degli stessi benefici fiscali di misure che hanno – indubbiamente – un peso sociale maggiore. Come ad esempio quelle relative alla cura dei familiari anziani e non autosufficienti. Siamo sicuri sia una scelta giusta?

Per maggiori informazioni rimandiamo all’articolo de Il Sole 24 Ore