In un precedente contributo pubblicato su Secondo Welfare abbiamo avuto modo di fare il punto sulle prospettive del Sistema Sanitario Nazionale e, in particolare, sul processo di territorializzazione previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, confermato nel maggio 2022 dal Decreto 77 del Ministero della Salute. La domanda con cui ci eravamo lasciati era la seguente: viste anche le dichiarazioni dei rappresentanti del Governo che mettono in dubbio alcuni punti del citato decreto: se il disegno economico finanziario legato alla sanità territoriale non dovesse funzionare, che ne sarà del SSN nel suo insieme?

Di seguito si propongono ulteriori riflessioni sul tema a partire dalla situazione della Calabria, di cui ci eravamo già occupati in un altro contributo sulla cura degli anziani nelle aree interne della regione. Come quell’articolo, anche quello che segue riprende ed integra i risultati maturati nell’ambito del programma “Attività di valutazione delle strategie territoriali della politica di coesione 2014/2020, previste dal POR Calabria FESR FSE 2014/2020, Strategie di Sviluppo Urbano Sostenibile e Strategia Nazionale e Regionale per le Aree Interne (Snai)”, realizzato dal Dipartimento di Scienze politiche e sociali – DISPES – dell’Università della Calabria (Cosenza), in collaborazione con Nucleo regionale di valutazione e verifica degli investimenti pubblici (Nrvvip) della Regione Calabria1

I problemi della sanità calabrese

La crisi cronica della sanità pubblica calabrese – in termini di efficacia, efficienza ed equità – insieme alla fragilità della rete dei servizi socioassistenziali, rappresenta l’espressione più evidente del mancato riconoscimento dei diritti di cittadinanza sociale nella intera regione (Marcello 2021).

Da oltre un ventennio commissariata e assoggettata a Piano di rientro (D.G.R. 845/2009), le sue criticità sia sul piano dell’assistenza ospedaliera che su quello della medicina territoriale e di prossimità si sono progressivamente acuite. La chiusura o il depotenziamento di numerosi ospedali considerati inefficienti e insicuri (in particolar modo i punti nascita e le chirurgie) non si sono tradotti in riqualificazione e riorganizzazione dell’offerta di servizi sociosanitari sul territorio determinando molteplici disfunzioni e traducendosi in tassi di emigrazione sanitaria ancora drammaticamente elevati pari a circa il 20% (Agenas 2021).

Non meno negativi gli adempimenti di alcuni livelli essenziali delle prestazioni: screening oncologici, assistenza domiciliare anziani non autosufficienti, salute mentale, rete dell’emergenza-urgenza territoriale. Ad esempio, nel 2021 il tempo intercorrente tra la ricezione delle chiamate da parte della Centrale Operativa e l’arrivo del primo mezzo di soccorso (indicatore “intervallo allarme-target dei mezzi di soccorso”) è stata pari a 31 minuti, eccedente la soglia di riferimento ritenuta sufficiente (minore o uguale a 18 minuti) e in peggioramento rispetto al biennio precedente (+ 2 minuti rispetto al 2020 e + 9 minuti rispetto al 2019) (Ministero della Salute 2022).

La sanità territoriale tra piani, decreti, sfide e… silenzi

Le linee guida per la realizzazione della «Rete delle case della salute» (Dpgr 135/2011) sono state perennemente disattese, con un rilevante ritardo via via accumulato. Le Unità Complesse di Cure Primarie (Uccp) e le Aggregazioni funzionali territoriali (Aft), simbolo dell’integrazione multiprofessionale tra diverse figure, finanziate sin dal 2012 (Legge Balduzzi) e ulteriormente incentivate dal Piano della Salute 2014-2016, sono rare e interessano pochi distretti sanitari. La medicina territoriale, detto altrimenti, rappresenta un nodo ancora da sciogliere e si è in presenza di una vera e propria «desertificazione della medicina territoriale» (Curia 2018, 2021) tale da produrre oltre il 60% annuo di accessi al Pronto Soccorso che potrebbero essere seguiti dai medici di medicina generale e 30/1000 di ricoveri ospedalieri inappropriati. Per le aree interne un fulcro generativo di importanti disuguaglianze nell’accesso alle cure e ai servizi sanitari.

In sintesi, il rafforzamento delle cure primarie, dell’integrazione sociosanitaria distrettuale, dei servizi domiciliari e di prevenzione, del coordinamento tra servizi e uffici diversi per la garanzia della presa in carico restano obiettivi mancati delle politiche sanitarie regionali.

In questo quadro le condizioni di disparità delle aree interne2, dove lo svantaggio nell’accesso alle cure ed ai servizi sociosanitari va oltre la già critica distanza chilometrica da ospedali, centri di primo soccorso, assistenza specialistica, si sono pure aggravate. Una distanza dilatata a causa del cumularsi con la carente viabilità della rete stradale, con lo spopolamento e che pesa in modo particolarmente grave sui residenti nei comuni periferici e ultraperiferici (Dispes 2022) (del tema, come detto, avevamo parlato ampiamente qui, ndr).

L’assistenza territoriale nelle aree Snai: cosa significa fare il medico nei Comuni interni?

La percezione di insicurezza, soprattutto di anziani e “grandi anziani”, è elevata ed è alimentata dalla consapevolezza di non poter ricevere cure adeguate, in particolare nelle situazioni di emergenza: scarseggiano le ambulanze, a volte non sono disponibili gli autisti, in non pochi casi mancano i medici a bordo, i tempi di percorrenza dei mezzi di soccorso superano il valore già oltre soglia registrato a livello medio regionale. A questo si aggiunge il fatto che non tutti i punti di pronto soccorso sono attrezzati per rispondere a particolari urgenze.

Seppure non manchino esperienze significative, come quella condotta nella zona del Reventino-Savuto (tra la provincia cosentina e catanzarese) con l’attivazione di una delle poche Unità complesse di cure primarie esistenti sul territorio regionale, le criticità dell’assistenza sanitaria territoriale sono diffuse e radicate, con poche differenze tra le quattro aree interne calabresi aderenti al sistema Snai – Strategia Nazionale Aree Interne3. La carenza di prestazioni ambulatoriali, di consultori, di punti prelievo determina il rivolgersi al primo ospedale di riferimento, di frequente distante numerosi chilometri e quindi difficilmente raggiungibile dai pazienti più anziani, soli o non autosufficienti. L’alternativa è il non curarsi (Campedelli 2022).

Resilienza e comunità di pratiche: la cura degli anziani nelle aree interne della Calabria

La debolezza della medicina territoriale e di prossimità nelle aree interne si traduce in una centralità del medico di medicina generale in tali contesti (Campedelli e Chiodo 2022). Il medico di base interviene nelle situazioni ordinarie e in quelle di urgenza, diventa il riferimento per problematiche di natura diversa, sanitarie ma anche sociali e relazionali assumendo un ruolo da quasi case-manager nelle strategie di fronteggiamento dei bisogni di salute degli abitanti e nel superamento dei molti vincoli esistenti sul territorio (ibidem). La possibilità per tanti di loro di fungere ancora da “medico di famiglia”, a dispetto della deriva amministrativa e burocratica che lamenta il settore, è senza dubbio un tratto distintivo della loro presenza sui territori.

Tuttavia, pur prevalente, questa prossimità alle famiglie e ai territori non è generalizzabile. Soprattutto nei paesi interni e più piccoli, il medico di medicina generale deve distribuire la sua attività su più comuni potendo così offrire una presenza “solo a salterello” e svolgendo di fatto un ruolo poco più di comparsa. In questi casi, nel rapporto con il territorio e con i pazienti, si palesano in modo ancora più evidente le problematicità legate all’isolamento operativo dei medici di base. La difficoltà di poter lavorare in équipe con altri professionisti della salute del territorio e di costruire connessioni con altre importanti dimensioni della tutela della salute costituisce una fatica quotidiana.

Non è raro che i medici di base si interfaccino con bisogni e istanze che non possono trovare risposta sul territorio, a livello di assistenza domiciliare, prevenzione, riabilitazione. Si tratta di carenze che impediscono a questa figura cardine nell’organizzazione del sistema sanitario di espletare pienamente quel ruolo di system keeper a cui è formalmente chiamato dalla normativa regionale (DCA 65/2018).

Come migliorare la sanità territoriale calabrese

A maggio 2021 la Regione Calabria ha sottoscritto il Contratto istituzionale di sviluppo (CIS) per l’attuazione del Piano Operativo 2022-2025 con l’obiettivo di ridisegnare la medicina territoriale e dare esecuzione agli interventi finanziati nell’ambito della Missione 6, Componente 1 del PNRR. Il Piano, approvato dal Commissario ad acta nonché attuale Presidente della regione Calabria, individua e definisce le linee di intervento e i criteri di localizzazione delle strutture nei diversi distretti sanitari calabresi (tab. 1).

 

ASP Case della comunità Ospedali di comunità Centrali operative territoriali
ASP CS 22 9 7
ASP CZ 11 4 4
ASP KR 6 1 2
ASP VV 5 2 2
ASP RC 17 4 6
TOTALE 61 20 21

Tabella 1. Riparto delle strutture previste dal Pnrr (Missione 6) per Azienda sanitaria provinciale della Calabria. Fonte: DCA Regione Calabria n.15 del 01/03/2022 “Programma  operativo 2022/2024- Riorganizzazione della Rete Territoriale”

 

I criteri indicati nel contratto istituzionale di sviluppo per l’allocazione delle Case di Comunità sul territorio si riferiscono a diversi aspetti: alla facilità di raggiungimento delle strutture da parte dei residenti nei distretti di competenza, all’inclusione di zone completamente prive di qualunque presidio sanitario, alla disponibilità di strutture in disuso da destinare a riqualificazione. Per l’individuazione dei siti da destinare agli Ospedali di Comunità, il criterio prescelto è quello dell’assenza di presidi sanitari pubblici o privati in grado di assicurare ricoveri brevi a bassa intensità assistenziale. Infine, per la distribuzione nella regione delle Centrali operative territoriali (Cot), nello stesso documento si fa riferimento a un non ben identificato criterio di «strategicità» che lascia non pochi dubbi sull’attuazione del principio di equità nella sanità territoriale.

Intorno all’importante partita del riassetto della medicina di prossimità e non solo, bisogna segnalare la crescita di processi virtuosi di advocacy a tutela del diritto alla salute dei cittadini e delle cittadine calabresi. Un caso particolare è dato dal network Comunità Competente. Si tratta di una fitta trama di soggetti sociali (59 organizzazioni non profit) che da anni contribuisce in maniera collettiva alla costruzione di un più equo sistema sanitario regionale su diversi fronti (quello della partecipazione, della salute mentale, delle dipendenze e della riabilitazione, ecc.). Da rilevare, inoltre, che la sua composizione può essere considerata un laboratorio di integrazione tra attori sociali e mondo delle professioni sanitarie, ovvero tra Pubblico e privato bottom up, nell’ottica della più generale integrazione tra sociale e sanitario sul territorio calabrese.

In maniera assidua, quest’ampia rete informale agisce su più fronti: promuovendo il dibattito e svolgendo un lavoro di sensibilizzazione dell’opinione pubblica a partire da un costante monitoraggio di quanto accade sul fronte della sanità calabrese; confrontandosi con le forze politiche e con le istituzioni competenti per il miglioramento del sistema sanitario; elaborando proposte evidence based di policy sanitaria, peraltro in alcuni casi recepite dalla stessa Regione4.

Rispetto alle aree interne, Comunità competente denuncia le gravi carenze riguardanti la medicina territoriale in queste zone e in particolare la mancata attuazione della D.G.R. 215/2018, completamente disattesa nel suo intento di incentivare una maggiore integrazione socio-sanitaria e la continuità dei percorsi assistenziali integrati. In merito, il network è particolarmente impegnato nel rilanciare la necessità di attuare in tutta la regione delle Aggregazioni funzionali territoriali h12 e delle Unità Complesse di Cure Primarie h24. Viene altresì sottolineata l’esiguità delle risorse finanziarie destinate alle quattro aree interne Snai e la necessità di intervenire in modo più strutturale nei territori periferici della regione.

In questa direzione si muovono altre proposte che in conclusione, facciamo nostre: l’istituzione di un Osservatorio epidemiologico regionale in grado di garantire una conoscenza delle condizioni di salute nelle aree interne e del territorio regionale per orientare una programmazione sociosanitaria davvero rispondente ai diversi bisogni esistenti in Calabria; l’estensione di una maggiore partecipazione non solo ai sindaci ma anche alle associazioni di volontariato che rappresentano i pazienti e i loro familiari ai fini di una più estesa co-progettazione e co-programmazione con e per il territorio.

 

Bibliografia

  • Campedelli M. (2022), Resilienza e comunità di pratiche: la cura degli anziani nelle aree interne della Calabria, Secondo Welfare.
  • Campedelli M. e Chiodo E. (2022), Diritto alla salute e medicina territoriale in Calabria. Una ricerca con i medici di medicina generale delle quattro aree interne SNAI, Ricerca & Pratica, 2022;38(4):161-169.
  • Cersosimo D., Chimenti S., Licursi S. e Vella G. (a cura di) (2021), La Strategia Aree interne in Calabria, Rapporto di ricerca n. 1, settembre 2021, Dispes – Unical, Cosenza.
  • Cersosimo D., Licursi S. (2022), Riavvicinarsi al paese. La Snai come politica-metodo per l’Italia lontana, in Lucatelli S., Luisi D., Tantillo D., a cura di, 2022 L’Italia lontana, Donzelli, Roma
  • Curia R. (2018), Manuale per una riforma della sanità in Calabria, Edizioni Città del Sole, Reggio Calabria.
  • Curia R. (2021), Per una sanità partecipata, Edizioni Città del Sole, Reggio Calabria.
  • Dispes (2022), Stato del welfare locale nelle quattro aree interne della Calabria aderenti al programma Snai, rapporto di ricerca, Dispes – Unical, Cosenza.
  • Marcello G. (2021), Il divario civile, i vuoti di cittadinanza, le implicazioni per la comunità, in Campedelli M., Marcello G., Marinaro R., Marsico F. e Tanzarella S., (a cura di), Dentro il welfare che cambia. 50 anni di Caritas, al servizio dei poveri e della Chiesa, volume 1, Caritas Italiana, https://www.caritas.it.
  • Ministero della salute (2021), Monitoraggio del LEA attraverso la cosiddetta griglia LEA, Metodologia e risultati anno 2019. 

Note

  1. Un ringraziamento particolare va ai coordinatori scientifici, proff. Domenico Cersosimo e Sabina Licursi, nonché ai dott.i Giorgio Marcello e Emanuela Pascuzzi, membri dell’equipe con cui è stata realizzata l’Azione 4 – Analisi dell’offerta collettiva locale di servizi fondamentali di cittadinanza.
  2. Con aree interne si intendono quelle aree significativamente distanti dai centri di offerta di servizi essenziali (di istruzione, salute e mobilità), raggruppabili in diverse fasce di perifericità e oggetto di un costante e intenso processo di spopolamento. Nelle quattro aree interne calabresi la popolazione residente passa da circa 142 mila abitanti agli inizi del Duemila a meno di 119 mila del 2020 registrando un decremento relativo del 16,3%. Clicca qui per approfondire.
  3. «La Snai è deliberatamente una politica place based, che considera vincoli e potenzialità luogo per luogo, soggetti e risorse specifici di ogni area interna, che guarda ai residenti non come meri destinatari di servizi standard bensì come co-protagonisti del disegno del sistema di welfare locale, centrato cioè sui bisogni, le caratteristiche e le preferenze dei residenti, effettivi e potenziali. (…) Dunque, non una politica generica, indifferente alle persone che vivono nei luoghi, bensì basata sulle potenzialità endogene e sulla loro valorizzazione attraverso interventi coordinati da parte di soggetti centrali e locali, sull’integrazione di risorse ordinarie e aggiuntive, di conoscenza esterna e conoscenza locale» (Cersosimo e Licursi 2022, 199); per approfondire si veda anche qui.
  4. Tra le proposte che hanno trovato seguito ci sono: la realizzazione presso i 3 Hub di Cosenza, Reggio Calabria e di  Catanzaro di Unità Operative di Neuropsichiatria Infantile e della Adolescenza Ospedaliera; una maggiore attenzione ai consultori con l’istituzione di consultori h12 per ogni Distretto sanitario; il potenziamento dei posti letto all’AO di Catanzaro. Approfondisci.
Foto di copertina: Valter Cirillo, Pixabay