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Difficile, ma non irragionevole. Se ben disegnato, un provvedimento UE sul salario minimo avrebbe probabilmente più pregi che difetti. Del resto, il Pilastro europeo dei diritti sociali già lo prevede (art.6): «Sono garantite retribuzioni minime adeguate, che soddisfino i bisogni del lavoratore e della sua famiglia in funzione delle condizioni economiche e sociali nazionali, salvaguardando nel contempo l’accesso al lavoro e gli incentivi alla ricerca di lavoro». Si tratta di passare da questo principio generale a qualcosa di più concreto: come primo passo, potrebbe bastare anche un processo di coordinamento delle politiche nazionali, inserito in modo chiaro e regolato dentro il Semestre europeo.

La Germania si è subito detta contraria alla proposta di Macron, nonostante essa stessa abbia introdotto nel 2015 un salario minimo di 9 euro all’ora. «Il centralismo europeo, lo statalismo, la mutualizzazione del debito, il portare la sicurezza sociale e il salario minimo a livello UE sono il modo sbagliato» di affrontare la questione sociale: serve invece «una responsabilità individuale e sussidiaria». Così ha detto in una recente intervista Annegret Kamp-Karrenbauer, che ha sostituito Merkel alla guida dei cristianodemocratici.

Il concetto di «responsabilità individuale e sussidiaria» domina da più di un decennio la visione europea del governo tedesco. Essa riflette un punto di vista più generale: l’Unione economica e monetaria deve creare e salvaguardare uno spazio di competizione istituzionale fra paesi, tutto il resto è «rendita», «azzardo morale», «opportunismo». C’è però un problema con tale approccio: esso è inadatto alla costruzione di quella Unione politica – basata sull’economia sociale di mercato – che pure la Germania dice di volere. Se a ogni proposta in direzione «costruttiva» (compreso il salario minimo UE) si risponde ribadendo il principio di responsabilità individuale dei paesi, alla fine si incoraggia e si legittima il sovranismo. Sta succedendo proprio questo. Ma a Berlino non se ne accorgono neppure i socialdemocratici.

Questo articolo è stato pubblicato sul Corriere della Sera del’8 aprile 2019, con il titolo "Quel «nein» che aiuta i sovranisti", ed è stato qui riprodotto previo consenso dell’autore.