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L’Istat ha reso note le ultime rilevazioni sui livelli di povertà nel nostro Paese. Secondo i dati dell’istituto di statistica, riferiti all’anno 2013, rimane sostanzialmente stabile la povertà relativa, mentre cresce in maniera preoccupante il livello di povertà assoluta, soprattutto nelle regioni meridionali. Forse la crisi, come si inizia a sentire da più parti, sta finendo, ma sicuramente gli effetti sociali che ha generato sono ancora lontani dall’essere risolti, specialmente nel Mezzogiorno.

Per quanto riguarda la povertà relativa – ovvero quel parametro che indica la capacità di consumo delle famiglie rispetto a una soglia minima nazionale calcolata su base statistica (quest’anno equivalente a 972,52 euro per una famiglia di due componenti) – essa colpisce il 12,6% delle famiglie residenti in Italia (3 milioni 230 mila, pari a 10 milioni 48 mila persone). Rispetto al 2012 l’incidenza della povertà relativa tra le famiglie è rimasta stabile a livello nazionale, passando dal 12,7 al 12,6%, segnando un lieve aumento solo nelle regioni del Centro.


Figura 1. Incidenza della povertà relativa per ripartizione geografica, 2010-2013


Fonte: Istat (2014).

Tuttavia, mentre questi dati sembrano dar ragione a coloro i quali parlano di fine ormai imminente della crisi, quelli sulla povertà assoluta e sull’incidenza della povertà ridimensionano notevolmente questa sensazione, e anzi dimostrano come le problematiche sociali determinate dal contesto socio-economico presente siano ancora lontane dall’essere risolte.


La forte crescita della povertà assoluta

Circa il 7,9% delle famiglie residenti in Italia (2 milioni 28 mila, pari a 6 milioni 20 mila persone) risultano povere in senso assoluto, ovvero incapaci di acquisire beni e servizi che permettano uno standard di vita ritenuto "minimo accettabile". Rispetto al 2012 la crescita risulta davvero molto consistente, passando dal 6,8% al citato 7,9% (figura 2).

Figura 2. Incidenza della povertà assoluta per ripartizione geografica, 2010-2013

Fonte: Istat (2014).

La povertà assoluta aumenta in particolare tra le famiglie con tre (dal 6,6 all’8,3%), quattro (dall’8,3 all’11,8%) e cinque o più componenti (dal 17,2 al 22,1%). A peggiorare è soprattutto la condizione delle coppie con figli: si va dal 5,9 al 7,5% se il figlio è uno solo, dal 7,8 al 10,9% se sono due e dal 16,2 al 21,3% se i figli sono tre o più, soprattutto se almeno un figlio è minore. Non c’è quindi da stupirsi se circa il 25% dei poveri assoluti presenti in Italia (1 milione 434 mila minori) sono attualmente minorenni.

L’incidenza della povertà assoluta cresce tra le famiglie in cui la persona di riferimento possiede un titolo di studio medio-basso (dal 9,3 all’11,1% se con licenza media, dal 10 al 12,1% se con al massimo la licenza elementare), operaia (dal 9,4 all’11,8%) o in cerca di occupazione (dal 23,6 al 28%). Si registrano aumenti consistenti della povertà assoluta anche tra le coppie anziane (dal 4 al 6,1%) e tra le famiglie in cui sono presenti almeno due anziani (dal 5,1 al 7,4%). La crisi, dunque, oltre a quella più giovane continua a colpire duramente la fascia più vecchia della popolazione: tra gli over 65 i poveri assoluti sono infatti 888 mila (erano 728 mila nel 2012).


L’abisso Nord-Sud

Sempre sul fronte della povertà assoluta è da sottolineare l’allargamento del divario tra Nord e Sud del Paese. Mentre nelle regioni del Nord l’aumento del parametro risulta abbastanza contenuto (dal 5,5 al 5,7%) così come in quelle del Centro (dal 5,1 al 6%) In un solo anno l’indicatore nel Mezzogiorno ha registrato un balzo notevole passando dal 9,8 al 12,6%. Circa la metà dei poveri assoluti presenti sul territorio nazionale, inoltre, risiedono nelle Regioni del Sud e nelle Isole: su 6 milioni 20 mila persone in povertà assoluta, 3 milioni 72 mila si trovano nel Mezzogiorno, e tra il 2012 e il 2013 sono aumentate di oltre 750 mila unità.

Anche considerando altri indicatori legati alla povertà relativa la situazione non cambia. Analizzando, ad esempio, l’intensità della povertà – un indicatore che in termini percentuali mostra quanto la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere si collochi al di sotto della linea di povertà – si scopre che essa è più forte nelle regione del Mezzogiorno. Nel 2013 a livello nazionale l’intensità di povertà risultata pari al 21,4% e corrisponde a una spesa media equivalente delle famiglie povere pari a 764 euro mensili (nel 2012 era di 793,32 euro mensili). Nel Mezzogiorno, la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere è pari a 744,07 euro e l’intensità, del 23,5%, è in aumento rispetto al 2012 (era il 21,4%). Nel Nord e nel Centro, dove la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere è più elevata (rispettivamente 801,79 e 800,29 euro), l’intensità risulta invece stabile intorno al 17,6%.

Figura 3. Incidenza della povertà relativa per area geografica, 2012-2013

Fonte: Istat (2014).

Osservando il fenomeno con un maggior dettaglio territoriale (figura 3), la provincia di Bolzano (che mostra una dinamica in diminuzione, attestandosi al 3,7%), l’Emilia Romagna (4,5%), la Toscana (4,8%) e la provincia di Trento (4,9%) presentano i valori più bassi dell’incidenza di povertà, inferiori al 5%. Ad eccezione dell’Abruzzo (15,5%), dove il valore dell’incidenza della povertà non è statisticamente diverso dalla media nazionale, in tutte le regioni del Mezzogiorno la povertà è invece più diffusa rispetto al resto del Paese. Le situazioni più gravi si osservano tra le famiglie residenti in Calabria (32,4%) e Sicilia (32,5%), dove tra l’altro circa un terzo dei nuclei famigliari è relativamente povero. Alla più ampia diffusione della povertà nel Mezzogiorno, dunque, si deve associare la maggiore gravità del fenomeno, notevolmente più intenso nelle regioni meridionali.

Riferimenti

I dati Istat sulla povertà in Italia nel 2013


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