5 ' di lettura
Salva pagina in PDF

Nel nostro Focus sulla povertà alimentare vi abbiamo spesso raccontato degli empori della solidarietà – innovative forme di contrasto alla povertà alimentare – e di come questi siano però concentrati soprattutto nel Nord Italia, essendo strettamente dipendenti dal capitale sociale e economico del territorio. Recentemente tuttavia, anche il Meridione ha iniziato il suo percorso di innovazione, dando vita a nuovi empori che cercano di contrastare la povertà alimentare e diffondere la cultura di comunità. Vi raccontiamo di Genezareth un RIPARO per la crisi, l’emporio di Reggio Calabria, attraverso un’intervista ai suoi volontari.


Come e perché nasce l’Emporio: sono particolari avvenimenti che hanno fatto da stimolo per innovare le modalità d’intervento?

L’Emporio della solidarietà "Genezareth un RIPARO per la crisi" nasce nel 2013 come risposta ad un bisogno rilevato dal Centro di ascolto diocesano “Mons. G. Ferro” e dagli altri centri di ascolto Caritas della diocesi di Reggio Calabria. Tante famiglie, a causa della chiusura di aziende e di attività commerciali si sono trovate inaspettatamente senza alcuna fonte di reddito e costrette, quindi, a chiedere aiuto per gli indispensabili mezzi di sussistenza.

Lo scopo dell’emporio è di "dare concretezza alla solidarietà" non solo con l’aiuto alimentare, ma con la valorizzazione delle relazioni, educando ad uno stile di vita improntato ad un consumo responsabile e alla riduzione dello spreco alimentare. Vogliamo sostenere chi vive un momento difficile facendo leva sulle risorse e sulle capacità di ciascuno con l’accoglienza, l’ascolto e la condivisione, contribuendo ad aumentarne il livello di empowerment, cioè di "potere" in modo attivo e positivo, piuttosto che assumere un atteggiamento di passività e di conseguente assistenzialismo di fronte alle difficoltà.

Altri obiettivi sono quelli di diffondere valori etici, innescando un’economia solidale che pone la gratuità e “il dare” al centro del suo operato, inserendosi negli spazi lasciati vuoti dal sistema di welfare.


Com’è finanziato l’Emporio?

L’approvvigionamento dell’emporio avviene attraverso una molteplicità di canali, tra cui:

  • collette alimentari;
  • aiuto e sostegno economico da parte della Caritas diocesana;
  • donazioni di privati cittadini e della comunità; ma anche del soggetto gestore e dei partner di progetto, da associazioni di categoria, sindacati, ecc.
  • serate di beneficenza, mercatini, attività ludiche ricreative, presentazioni di libri, teatro, serate in pizzeria ed altre attività simili;
  • una rete di imprenditori locali: abbiamo creato un pool di imprese solidali che sostengono costantemente il progetto con contributi sia in denaro che in viveri;
  • l’iniziativa "adotta una famiglia": chiunque può investire in solidarietà con una spesa minima per completare l’acquisto di prodotti difficilmente reperibili con le donazioni e le collette.

L’emporio non è invece sostenuto dagli Enti locali.


Chi sono le famiglie che si rivolgono all’Emporio?

I servizi dell’emporio sono riservati ai nuclei familiari, italiani e stranieri, con presenza di minori residenti e/o domiciliati nel Comune e comunque nell’ambito della Diocesi di Reggio Calabria Bova che versino in condizione di reale difficoltà e disagio familiare, lavorativo, economico e/o sociale.

Dall’apertura dell’emporio, avvenuta il 18 maggio 2013, sono oltre 500 le famiglie che hanno usufruito dei servizi dell’emporio, 392 solo nel 2014. Il 74% è composto da italiani. I nuclei familiari sono composti mediamente da 5 persone, con un’altissima presenza di minori (un dato significativo se si pensa che secondo Save the Children, la Calabria presenta il numero più alto di bambini in povertà (29%) e che ben 104 mila minori vivono in povertà assoluta). La percentuale di persone afflitte da povertà cronica è invece molto bassa (circa il 2%) (dati aggiornati al 31.12.2014).


Come avviene la selezione dei beneficiari (ISEE, carico familiare, altri indicatori…)? Perché avete scelto questo particolare criterio?

La selezione per l’accesso all’emporio è piuttosto rigida. Il modello ISEE completa l’iter, ma non è il principale indicatore. L’ascolto, il coinvolgimento dei parroci, attraverso un’attestazione scritta, sono invece gli elementi che caratterizzano l’accesso all’emporio – in alcuni casi sono previste anche delle visite domiciliari. Tale scelta è finalizzata ad evitare l’accesso a persone che non hanno reale bisogno (ad esempio lavoratori in nero, con modello ISEE a zero).


Come si articola l’attività dell’Emporio? Sono previste altre forme di supporto (microcredito, percorsi formativi, reinserimento lavorativo…)?

L’Emporio al momento è aperto due giorni la settimana. Oltre alla distribuzione degli alimenti, sono attivi il servizio di ascolto, accoglienza, consulenza legale e medica. Inoltre, per migliorare i servizi, si intendono perseguire, a breve e lungo termine, i seguenti obiettivi:

  • creare un partenariato diffuso con una molteplicità di soggetti della società civile e del mondo istituzionale, profit e no profit;
  • coinvolgere direttamente gli Enti e le istituzioni locali con sottoscrizioni di protocolli di intesa e partenariato;
  • sensibilizzare ulteriormente, stimolare e coinvolgere i ragazzi delle scuole sul tema della sobrietà, di nuovi stili di vita, proponendo un aspetto formativo, ma anche di coinvolgimento attivo attraverso un percorso di volontariato all’emporio;
  • rafforzare e migliorare tutte le iniziative che già stanno rendendo concreta la solidarietà tra le quali il reclutamento di altri volontari;
  • educare ad un consumo equo e responsabile;
  • diminuire gli sprechi alimentari;
  • promuovere una comunità solidale, a contrasto della crescita delle disuguaglianze sociali;
  • recuperare terreni e cascine sul territorio, ristrutturarle e creare delle attività lavorative per gli utenti (terreni confiscati, o terreni incolti);
  • consentire alle famiglie accreditate di aumentare il proprio livello di empowerment, piuttosto che assumere un atteggiamento di passività e di conseguente assistenzialismo di fronte alle difficoltà;
  • diffondere anche valori etici e di legame, innescare un’economia solidale che ponga la gratuità e “il dare” al centro del suo operato, inserendosi negli spazi lasciati vuoti dal sistema di welfare;
  • divenire, attraverso la testimonianza, un modello da seguire che aiuti la città di Reggio Calabria ad adottare nuovi stili di vita sostenibili nel rispetto della promozione della persona e della sua dignità.


Quali pensate siano gli aspetti virtuosi di questa iniziativa? Quali sono invece le difficoltà che avete incontrato?

Oltre all’aiuto materiale con la distribuzione dei generi alimentari, quest’iniziativa offre un nuovo modo di fare solidarietà, nel rispetto della dignità della persona, e ha creato una rete di volontari: è "nata", infatti, una nuova famiglia dove non c’è più differenza tra chi dona e chi riceve, ma c’è solo l’amicizia tra chi ha qualcosa in più e lo vuole offrire, e chi ha di meno e sa dove poterlo reperire.


L’Emporio è in collegamento con altri Empori della Solidarietà? Aderisce a reti nazionali?

L’emporio della solidarietà aderisce alla rete nazionale degli Empori Caritas ed è in collegamento con altri empori “esterni”.


Cosa ci racconta Genezareth

Genezareth – nome simbolico, meglio conosciuto come Lago di Tiberiade, fu luogo della “pesca miracolosa” -presenta diverse caratteristiche comuni agli empori solidali di cui ci siamo già occupati: spesa attraverso una card personale “a punti” caricata mensilmente; prevalenza di “nuovi poveri” (i casi di povertà croniche sono solo il 2%); prevalenza di beneficiari italiani (nel 2014 il 74%); temporaneità dell’aiuto (6 mesi); enfasi sulla riattivazione dei beneficiari; costruzione di una "rete solidale virtuosa" tra imprenditori, associazioni ed istituzioni.

Ma questo emporio risulta particolarmente interessante per la sua collocazione geografica. Secondo alcuni studiosi le food banks e gli empori tendono a concentrarsi, in molti casi, nei territori dove vi è meno necessità, ovvero dove la povertà alimentare è più contenuta. Questo perché, essendo così connesse al capitale sociale (in termini di volontari) e al tessuto produttivo locale (in termini di aziende donatrici), sorgono principalmente nei territori "più ricchi"di risorse economiche e sociali. Un rischio che non sembra infondato per l’Italia, dove infatti gli empori si concentrano soprattutto al Nord. Questa esperienza è allora particolarmente significativa perché rivela come invece, anche nel Meridione, possano essere attivati percorsi di innovazione sociale: “in due anni di attività è sorta, anche qui, una vera e propria catena di solidarietà, sia di donatori che di volontari” ci hanno raccontato i volontari.

Il potenziale sociale c’è, dunque, occorre trovare il modo di attivarlo e sostenerlo, soprattutto in un’area caratterizzata da elevati tassi di povertà e problemi di natura sociale: nel 2013 l’incidenza della povertà relativa in regione si attestava sul 27,4%, contro una media nazionale del 12,7% (Database Istat). La Calabria è inoltre la regione con il tasso di disoccupazione più alto di tutto il paese, 23,4%, cioè circa il doppio della media nazionale, pari al 12,7%. A Reggio Calabria, nello specifico, il tasso di occupazione totale è fermo al 30,2% (Database Istat, dati sul 2014). Alla Calabria spetta infine un altro triste primato: è la regione con il più alto tasso di lavoro nero e contratti irregolari (Camera di Commercio di Reggio Calabria 2013) – da qui evidentemente la scelta di non considerare l’ISEE come criterio principale nella selezione dei beneficiari. La diffusione di progetti innovativi di rete, con il coinvolgimento di tutti gli attori del territorio, potrebbe allora offrire nuovi strumenti per contrastare la povertà e promuovere le comunità locali.
 

Riferimenti 

Il sito di Genezareth

Il video realizzato dalla Fondazione Clara Travia Cassone


Potrebbe interessarti anche

A Milano apre il nuovo Emporio di Caritas

Il social market arriva a Milano

Modena: nasce Portobello, un "market di comunità" contro la povertà alimentare

L’espertienza di Emporio Parma, tra povertà economica e relazionale

 

Torna all’inizio