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Anche per il 2018, la Fondazione Cariverona ha pubblicato il “Bando Povertà che mira a prevenire e contrastare il disagio economico e la marginalità. Abbiamo discusso con Marzia Cenzi, responsabile dell’area “Attività istituzionale” di Cariverona, i contenuti del bando e le aspettative della Fondazione.


Può raccontarci brevemente le principali caratteristiche del bando povertà e come è cambiato nel corso del tempo?

Il bando povertà nasce, nel 2008, a seguito della trasformazione di una serie di iniziative lanciate fin dal 2004 e riguardanti sempre il tema della povertà (che abbiamo approfondito anche in questo articolo). Questo bando, nel corso degli anni, ha anche cambiato denominazione: “bando povertà”, “bando sul disagio sociale” eccetera. In realtà però si è trattato sempre di iniziative che avevano al centro il tema della fragilità e delle povertà.

Nelle sue prime edizioni, il bando si rivolgeva principalmente alle povertà estreme e mirava quindi a colmare bisogni primari come l’alloggio o i pasti per i senza fissa dimora. Gradualmente sono poi stati realizzati dei cambiamenti. Nel contesto della crisi economica, il raggio di attenzione si è allargato verso le nuove povertà e la Fondazione ha iniziato ad adottare anche una prospettiva preventiva. Attualmente, le situazioni di difficoltà conclamata e di povertà assoluta restano confermate nelle finalità del bando, ma non ne esauriscono il raggio di azione che si è allargato fino a comprendere le situazioni di fragilità e di potenziale esclusione sociale.


Quali sono gli altri soggetti a cui il bando si rivolge?

Sicuramente ci rivolgiamo, ad esempio, ai nuclei familiari che vivono una situazione instabilità (dal punto di vista abitativo o lavorativo), a persone che hanno perso il lavoro e che, prive di un’adeguata rete di sostengo, hanno bisogno di essere accompagnate in un percorso di re-inclusione sociale, oppure a tutte quelle situazioni che sono a rischio di emarginazione sociale.

Come sono cambiate le modalità concrete attraverso le quali la Fondazione agisce?

Stiamo puntando sulla realizzazione di azioni che non siano di pura assistenza, ma che abbiano in sé una progettualità che vede anche il coinvolgimento diretto dei beneficiari e l’assunzione, da parte loro, di alcune responsabilità. L’intervento, in sostanza, deve agire in una prospettiva di welfare generativo. Si tratta di una pista di interesse che almeno nelle ultime due edizioni del bando abbiamo cercato di indirizzare e promuovere.

Questa edizione ha inoltre dedicato particolare attenzione alle reti territoriali di soggetti che si occupano, a diverso titolo, della povertà. L’obiettivo è quello di promuovere azioni integrate a livello di comunità e territorio. Un focus di questo tipo c’era già nell’edizione precedente, ma in questa edizione è stata ulteriormente valorizzata. Abbiamo infatti previsto un differente ammontare di risorse per i soggetti che si candidano come singoli, rispetto a quelli che si candidano come rete collaborativa e quindi come partenariato effettivo. Il budget complessivo del bando è pari a 3 milioni di euro e il budget massimo richiedibile alla Fondazione per i progetti presentati dai singoli enti/organizzazioni è pari a 100.000 euro, mentre quello per le reti di partenariato è pari a 300.000 euro. In tutti i casi è richiesta una quota di cofinanziamento almeno pari al 30% del valore complessivo di progetto.


Quali sono stati i risultati più significativi raggiunti dal bando nel corso del tempo?

La macro-tendenza che è emersa nelle ultime edizioni del bando è che i progetti finanziati hanno dedicato particolare attenzione al tema della presa in carico globale della persona fragile o del nucleo familiare, la valorizzazione della rete di sostegno (familiare, territoriale, di comunità) con una priorità verso percorsi di inserimento/re-inserimento lavorativo. Sempre più spesso, i progetti hanno tentato di costruire un percorso che vede al centro l’occupazione o l’impegno a restituire, anche sotto forma di servizi di volontariato, il sostegno e l’accompagnamento ricevuto.

Quali sono le principali aspettative per il bando nel 2018?

L’auspicio è di raccogliere proposte progettuali di rete. Quindi quello che stiamo chiedendo ai territori è di concentrarsi, laddove possibile, su progettazioni condivise, mettendo a sistema azioni e progettualità al fine di evitare duplicazioni e frammentazioni con l’obiettivo, auspicato, di generare maggior incidenza sul territorio con un impatto più significativo.

Peraltro stiamo agendo con percorsi di capacity building riservati ai nostri interlocutori, con l’obiettivo di rafforzare le loro competenze progettuali, anche in termini di co-progettazione, e gestionali. La sperimentazione è stata attivata per la prima volta dalla Fondazione con il Bando Welfare & Famiglia – edizione 2017. 

Quindi l’idea è che la Fondazione co-progetti direttamente con il territorio?

Non necessariamente o quantomeno non in via esclusiva. Riprendendo l’esempio sopra citato della call for proposal Welfare & Famiglia, abbiamo strutturato il bando in due fasi successive: nella prima fase, attraverso una procedura a evidenza pubblica, abbiamo richiesto la candidatura di idee progettuali che sono state sottoposte a valutazione e ad una prima selezione. Una volta selezionati i progetti, abbiamo accompagnato i proponenti in un percorso formativo e laboratoriale (12 giornate formative oltre a sessioni di coaching one to one) finalizzato a sostenerli proprio nella stesura del progetto esecutivo. Abbiamo affrontato temi relativi agli strumenti di co-progettazione,  alla sostenibilità economica, al monitoraggio e alla valutazione, al fundraising, al public speaking, etc… Alla fine di questo percorso sono state presentate le progettualità esecutive sottoposte a nuova valutazione da parte del CdA della Fondazione per la deliberazioni di affiancamento delle progettualità.

Lo scorso anno, al temine di questo percorso le 14 reti di partenariato, prima della deliberazione finale da parte della Fondazione, sono state anche chiamate a presentare pubblicamente le loro progettualità. L’evento “Welfare on Stage” si è tenuto al Teatro Ristori di Verona (di proprietà della Fondazione) in una giornata aperta alla comunità. Questa modalità di lavoro ci consente di trasferire ai nostri stakeholders di riferimento non solo risorse economiche, ma anche competenze. Inoltre, questa interazione ci permettere di conoscere meglio le progettualità; in questo modo noi partecipiamo direttamente al percorso e possiamo quindi entrare più nel dettaglio delle progettualità e confrontarci anche sull’impostazione del progetto. Il progetto rimane in ogni caso un’idea del territorio con una responsabilità progettuale ed esecutiva dei soggetti proponenti.