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Lo scorso mese, presso il Crowne Plaza di Padova, si è svolto il convegno “Famiglia e lavoro: politiche di conciliazione” organizzato dall’Osservatorio Regionale per le Politiche Sociali della Regione Veneto. Nel corso di questa iniziativa si è trattato di famiglia e mondo del lavoro e delle possibili politiche di conciliazione da mettere in campo per bilanciare queste due sfere: attraverso la presentazione di alcuni approcci teorici al tema e l’analisi di alcune iniziative varate dal governo regionale, il convegno ha cercato di indagare quale convenienza comporti l’adozione di strumenti di policy per la conciliazione tra lavoro e cura e quali misure siano state adottate con l’intento di favorirne l’implementazione.

Ai lavori hanno partecipato accademici ed esperti del tema, oltre ad esponenti di istituzioni nazionali, estere e comunitarie. Il professor Riccardo Prandini, dell’Università degli Studi di Bologna, ha inquadrato la conciliazione dal punto di vista tecnico ed organizzativo illustrandone le peculiarità a livello aziendale e cercando di mostrarne le potenzialità. La professoressa Ivana Padoan, docente di filosofia presso l’Università ‘Ca Foscari di Venezia, ha invece affrontato la questione da un punto di vista sistemico, filosofico e culturale. Agli interventi degli accademici si sono affiancati quelli degli attori istituzionali intervenuti, che hanno provato a inquadrare il tema della conciliazione prendendo in considerazione i contesti in cui si trovano ad operare. Maria Luisa Tezza dell’Anci ha indicato l’impegno della propria associazione nella adozione di politiche di conciliazione tra lavoro e cura tra i comuni della penisola mentre Francesco Gallo, dirigente del Servizio Famiglia della Regione Veneto, e Remo Sernagiotto, Assessore regionale per i servizi sociali, hanno spiegato come la propria regione si stia impegnando in tal senso. Non sono mancati anche contributi provenienti da altri Paesi europei come l’intervento di Sylvie Carrega, vice sindaco di Marsiglia, e di Gotzone Mora Temprano, assessore per la solidarietà e la cittadinanza della Comunità Autonoma di Valencia, le quali hanno raccontato le esperienze attuate sul proprio territorio per favorire la conciliazione tra famiglia e lavoro. Al dibattito hanno contribuito anche alcuni esponenti delle istituzioni comunitarie, come Emanuela Tassa della Commissione Europea e Pierluigi Brombo del Cese, che hanno sottolineato l’interesse dell’Europa per la conciliazione sia dal punto di vista sociale che da quello economico, su cui l’Unione può indubbiamente fare molto.

La parte più interessante del convegno si è tuttavia incentrata sul progetto Audit Famiglia & Lavoro, di cui hanno trattato diversi funzionari dell’Osservatorio per le politiche sociali. La presentazione dell’iniziativa è stata affidata a Maria Cristina Ghedina, collaboratrice dell’Osservatorio e funzionario della Provincia autonoma di Bolzano, area in cui l’audit è attivo ormai da diversi anni. Nata in Germania all’inizio del decennio scorso col nome di berufundfamilie, questa iniziativa rappresenta uno strumento di gestione delle risorse umane in grado di migliorare la conciliazione tra famiglia e lavoro e contribuire allo sviluppo del benessere sociale. L’audit mira a costruire una politica del personale concretamente orientata alla famiglia, concepita per intervenire in otto campi d’azione giudicati centrali per lo sviluppo dei rapporti tra azienda e lavoratori (ovvero orario di lavoro, processi di lavoro, luogo di lavoro, politiche di informazione e comunicazione, competenza dirigenziale, sviluppo del personale, componenti della retribuzione e benefits e servizi diretti alla famiglia).

Nel concreto l’Audit Famiglia & Lavoro mira ad avviare, in tutte quelle aziende o enti che decidono di ricorrervi, un processo di valutazione sistematica delle politiche di gestione del personale con l’intento di trovare misure condivise che possano favorire la conciliazione tra famiglia e lavoro. Ghedina ha provato a spiegare brevemente la portata dell’audit descrivendone le fasi e gli obiettivi principali. L’auditore, soggetto appositamente formato da un ente gestore certificato (nel caso veneto la Regione) svolge la funzione di consulente per quelle aziende che hanno deciso di aderire al progetto audit, analizzandone caratteristiche, attività e prospettive. Lavorando col cosiddetto “gruppo guida”, rappresentativo di tutte le istanze presenti nell’azienda (direzione, sindacati, collaboratori che all’interno dell’azienda già si occupano di questioni legate alla famiglia), l’auditore esamina le problematicità e i punti di forza presenti nell’azienda ed elabora misure ed obiettivi, che dovranno poter essere realizzabili concretamente nel giro di un triennio, volti a migliorare la conciliazione tra lavoro e famiglia. Una volta che gli obiettivi indicati dal gruppo guida, attraverso un accordo vincolante, vengono accettati dall’azienda la documentazione relativa alla stessa viene inviata dall’auditore alla Commissione Audit (nel caso veneto istituita dalla Regione coinvolgendo vari esperti della materia), che decide se concedere il cosiddetto marchio Audit. Il marchio, riconosciuto e tutelato a livello europeo, indica che l’azienda che se ne fregia ha aderito ai principi dell’audit, e che pertanto si è impegnata attivamente a migliorare la qualità di vita dei propri dipendenti e delle loro famiglie. Il marchio, utilizzabile su prodotti, pubblicità e annunci lavorativi sottolinea la responsabilità sociale dell’impresa e sottintende l’impegno della stessa nella tutela del proprio personale. Nei sei mesi precedenti la scadenza della certificazione l’azienda dovrà sottoporsi a un controllo relativo al raggiungimento degli obiettivi previsti per la conferma del marchio e, nel caso il controllo desse esito negativo, niente impedisce di cominciare un nuovo percorso di audit.

I vantaggi del progetto audit appaiono numerosi sia per l’azienda che per i dipendenti e relative famiglie. Il datore di lavoro può, infatti, ottenere una maggiore produttività, la riduzione delle assenze dal lavoro, un miglioramento della propria immagine e un rafforzamento generalizzato del senso di appartenenza aziendale. I dipendenti possono invece partecipare attivamente alle scelte aziendali, acquisire maggiore autonomia su orari e ritmi del lavoro oltre alla possibilità di arricchirsi professionalmente, così come le loro famiglie possono contare su una maggiore sicurezza e serenità sotto diversi punti di vista. L’audit comporta inoltre vantaggi per la società nel suo insieme giacché può contribuire alla riduzione dei costi sociali dovuti a patologie legate al mondo del lavoro, può spingere la famiglia a svolgere un ruolo più attivo ed impegnato nel contesto in cui vive e migliorare le reti di collaborazione tra attori privati e attori pubblici. Bisogna, infatti, sottolineare che l’audit non si rivolge solo ad aziende o enti privati, ma anche alle istituzioni pubbliche. In Germania, dal 2008, tutti i ministeri federali si avvalgono dell’audit e oltre la metà dei soggetti coinvolti sono enti pubblici che hanno deciso di aderire al progetto, fattore che indubbiamente indica la duttilità dello stesso.

Sul territorio italiano l’audit è attualmente attivo nella Provincia Autonoma di Bolzano e dal 2008 al 2010 è stato sperimentato nella provincia di Treviso, dove sono stati coinvolti sia attori istituzionali che privati. La Regione Veneto, che come detto nel corso del convegno ha espresso la volontà di allargare il progetto a tutto il proprio territorio, in una prima fase punterà al coinvolgimento delle sole aziende private, per poi valutare l’espansione del progetto anche a soggetti pubblici.

In conclusione si può affermare che il progetto Audit Famiglia & Lavoro appare uno strumento innovativo con cui far fronte a molte delle problematiche legate alle trasformazioni del welfare state, in grado di coinvolgere un’ampia gamma di soggetti nella creazione e gestione di servizi integrativi di quelli attualmente offerti dal settore pubblico, oltre ad essere un innovativo strumento di management aziendale per la gestione delle risorse umane. Esso agisce in una direzione strategica per il perseguimento di un buon equilibrio tra vita e lavoro contribuendo al progressivo superamento di una cultura aziendale fondata sulla rigidità degli orari di presenza del dipendente sul luogo di lavoro e sulla scarsa capacità di lettura delle prospettive di produttività di lavoratori non più afflitti da dilemmi conciliativi. Il suo riconosciuto valore a livello europeo e i buoni risultati ottenuti in diversi Paesi dell’Unione, in primis la Germania, fanno ben sperare circa i risultati che si potrebbero ottenere anche nel nostro Paese qualora venisse implementato con forza e convinzione come, pare, abbia intenzione di fare la Regione Veneto.

 

Riferimenti

Pagina dedicata del Comune di Bolzano

Pagina dedicata della Provincia Autonoma di Trento e linee guida per l’attuazione in Trentino

Descrizione del progetto sul sito della Camera di Commercio di Bolzano

Audit nell’esperienza tedesca e nell’esperienza austriaca sul sito della Commissione Europea

Descrizione del progetto berundundfamilie austriaco

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