I Policy Highlights di Politiche Sociali / Social Policies Policy
L’articolo che segue sintetizza alcuni degli esiti principali di un lavoro pubblicato sul numero 3/2020 di “Politiche Sociali/Social Policies”, rivista edita dal Mulino e promossa dalla rete ESPAnet-Italia che è recentemente diventata parte del Network di Percorsi di secondo welfare. Per maggiori dettagli e citazioni: Emanuela Pascuzzi, Giorgio Marcello, La riforma mancata. Cronache del ritardo, deficit e tracce di innovazione nel welfare sociale in Calabria, in “Politiche Sociali/Social Policies” 3/2020, pp. 419-438.


Il clamoroso ritardo 

La Calabria è in forte ritardo nella realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali previsto dalla legge 328/2000, pur avendo recepito la normativa nazionale nel 2003. Cosa è accaduto negli ultimi due decenni e perché? Come ha funzionato il welfare socio-assistenziale e cosa è avvenuto nei territori? In un recente articolo per la rivista Politiche sociali, attinge a fonti normative, statistiche e a interviste individuali e collettive a rappresentanti istituzionali e del Terzo Settore calabrese per ricostruire le tappe del cammino della riforma ed analizzare assetti, culture e pratiche sociali e organizzative che agiscono nella configurazione e nel funzionamento di interventi e servizi sociali in questa tormentata regione. Un’attenzione specifica viene dedicata anche a casi atipici ovvero ad Ambiti territoriali che, pur in condizioni di contesto avverse, hanno realizzato sistemi di welfare locale e implementato servizi e interventi maggiormente rispondenti alle finalità di tutela e promozione della cittadinanza sociale.


Un cammino lento e tortuoso

Riguardo alla riforma del welfare, il cammino appare tortuoso e interrotto in più punti. All’adozione della legge regionale che recepisce l’impianto dettato dalla 328 non fa seguito l’approvazione dei regolamenti attuativi. Per 12 anni la gestione delle politiche socio-assistenziali resta in capo all’ente regionale. Una centralizzazione a regolazione debole che lascia i territori sguarniti di poteri e risorse finanziarie, senza che gli enti locali vi oppongano grossa resistenza. Il primo tentativo di portare a compimento la riforma si schianta contro le sollevazioni di un gruppo di comuni ed enti del terzo settore, che ricorrendo al TAR ottengono l’annullamento dei regolamenti approvati. Le motivazioni giuridiche riferiscono di un vizio procedurale, quelle espresse dagli attori sociali e istituzionali rivelano le preoccupazioni riguardanti la necessità di riassetto del sistema di autorizzazioni e accreditamenti delle strutture residenziali e semi-residenziali operanti nella regione. Dopo una fase convulsa di caos organizzativo-istituzionale, la riforma riprende il passo e l’iter regolativo viene completato allo scadere del 2019 e della legislatura in carica. Sul nuovo governo regionale, di segno opposto a quello precedente, ricade l’onere di regolare e gestire la fase transitoria, fissata in tre anni, che assegna ruoli e compiti definiti e chiama ad un nuovo protagonismo i territori locali.


I deficit del welfare locale

Sul versante del welfare locale, alcune dimensioni critiche dell’assetto e del funzionamento dei sistemi socio-assistenziali riguardano: a) l’infrastruttura e l’organizzazione degli uffici dei servizi sociali, con una cronica sotto-dotazione di personale, competenze e strumenti operativi, in parte affrontata, benché con notevoli ritardi, attraverso l’utilizzo dei fondi di contrasto alla povertà destinati al potenziamento dei servizi; b) l’integrazione, riferita sia alla governance multilivello – con relazioni interistituzionali e tra Pubblica Amministrazione e Terzo settore poco strutturate e non sempre collaborative – sia alle politiche, in primis socio-sanitarie, che presentano un elevato grado di frammentazione; c) la programmazione, che opera in assenza di un sistema informativo e di strumenti di analisi dei bisogni sociali territoriali; d) la spesa sociale, concentrata in prevalenza sul pagamento delle rette alle strutture socio-assistenziali residenziali e semi-residenziali; e) l’offerta di servizi, scarna e disomogenea sia per distribuzione territoriale che per copertura di bisogni; f) la visione della leadership politico-istituzionale, da cui traspare, in diversi casi, il permanere dei caratteri tipici del welfare meridionale, ossia il ruolo residuale assegnato alle politiche socio-assistenziali e la logica particolaristico-clientelare che guida la decisione sugli interventi.


Non solo arretratezza

Nonostante lo scenario descritto, lo studio effettuato consente di affermare che il welfare calabrese non può essere classificato come caso uniforme di esclusiva arretratezza. Al suo interno, è possibile cogliere una certa varietà di livelli di funzionamento: se è vero che la maggior parte degli Ambiti territoriali sembra essere rimasta irrimediabilmente al palo, altri tentano di stare al passo senza ancora riuscirci, e altri ancora si sono rivelati in grado di avviare processi trasformativi nel campo dei servizi alla persona, essendo stati capaci di intercettare le opportunità di cambiamento percorribili e di operare delle mediazioni intelligenti con le condizioni sociali ed istituzionali date. Pur in forma sintetica, l’articolo illustra due casi, quello di Taurianova in provincia di Reggio Calabria e quello di Corigliano, in provincia di Cosenza, territori che sono riusciti a introdurre innovazioni nelle politiche socio-assistenziali e nelle prassi del lavoro sociale.


Tracce di un cambiamento possibile

Se da un lato, dunque, nella regione considerata permangono elementi di profonda arretratezza, dall’altro emergono punte di innovazione, sia nelle pratiche che nelle culture di riferimento del sistema dei servizi sociali. Il cambiamento è possibile, anche in un contesto estremamente fragile e compromesso come la Calabria. Si potrebbe parlare quasi di “tracce” di innovazione, che in alcuni casi, e in particolari condizioni, possono produrre effetti istituenti, ovvero cambiamenti stabili nel funzionamento dell’istituito. La condizione affinché ciò avvenga è che ci sia una disponibilità – anche minima – sul versante istituzionale. L’input può venire anche dal basso, ma poi deve trovare una ricezione al livello delle istituzioni del territorio. L’atteggiamento passivo o poco ricettivo delle istituzioni locali è in grado di disinnescare percorsi carichi di possibilità innovative e di disperdere le tracce del cambiamento.


Riferimenti

Pascuzzi E., Marcello G., (2020), La riforma mancata. Cronache del ritardo, deficit e tracce di innovazione nel welfare sociale in Calabria, in “Politiche Sociali/Social Policies” 3/2020, pp. 419-438.