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Comunità, welfare e coesione sociale sono i temi al centro della conferenza “Percorsi di coesione sociale per il nuovo welfare di comunità” che si è svolta a Mantova il 19 ottobre e che, a partire dal progetto “L’arco e le pietre: percorsi di coesione sociale”, ha rappresentato un’occasione per riflettere sul presente e futuro del welfare di comunità.  

L’arco e le pietre

Ricordate il progetto “L’arco e le pietre: percorsi di coesione sociale”? Ve ne avevamo parlato lo scorso anno (per la presentazione del progetto si rimanda al nostro articolo Percorsi di coesione sociale a Mantova: L’arco e le pietre). Nato dallo sforzo comune di ARCI e numerosi partner locali, primo tra tutti il Comune di Mantova, il progetto è stato realizzato nel giugno 2010 grazie al finanziamento di Fondazione Cariplo e si è concluso formalmente nel maggio 2013. Con quali esiti? Al momento il bilancio sociale e l’indagine sulla coesione sociale sono in corso di realizzazione ma è già possibile stilare un primo bilancio degli interventi realizzati.

Innanzitutto il progetto è servito a promuovere l’infrastrutturazione del settore sociale e l’integrazione tra i suoi attori superando così l’approccio per target, che caratterizza ancora troppo spesso le politiche sociali, in favore di un approccio basato sulla coesione e sull’iterazione tra gli stakeholders, fino a comprendere gli stessi cittadini. Si tratta di una visione che comporta un’innovativa apertura della sfera pubblica dove il welfare viene co-progettato con le politiche pubbliche. L’esperienza realizzata ha infatti permesso di scoprire un’inedita capacità di governance non solo come sussidiarietà, ma come espressione di una reale responsabilità e coinvolgimento di tutti gli attori.

Il progetto ha inoltre offerto importanti opportunità formative non solo ai soggetti della rete, ma anche agli stessi cittadini, promuovendone la partecipazione, l’autorganizzazione e il mutuo aiuto nel sistema dei servizi e nelle risposte sociali dei quartieri, secondo i principi della intergenerazionalità, interculturalità e interdisciplinarietà. Innanzitutto li ha aiutati a prendere consapevolezza del proprio quartiere, nello specifico Valletta Valsecchi e Te Brunetti. La popolazione residente manifestava infatti due convinzioni – che nel quartiere ci fosse un alta presenza di immigrati e una criminalità crescente – sulla base delle quali aveva iniziato a trasferire i bambini in altri istituti scolastici della città, tanto che la scuola locale rischiava la chiusura. Grazie alle attività realizzate, i cittadini hanno invece compreso quanto queste rappresentazioni fossero sbagliate e il numero degli iscritti è salito da 76 a 106 e la scuola è salva.

Infine, il progetto ha consentito la realizzazione di numerosi servizi e attività ricreative con costo nullo, o quasi, per gli utenti e spesso estese anche ai non residenti, con evidenti benefici in termini di welfare locale e coesione sociale. Ci sono corsi formativi di diverse tipologie (dall’educazione alla genitorialità alla fotografia, dall’alfabetizzazione alle lingue straniere) per un totale di 5500 iscritti; centri risorse educative e didattiche estivi e Parcobaleno per 320 utenti; il doposcuola Don Mazzolari, aperto anche ai non residenti, che accoglie in media 35 bambini al giorno ad un costo unitario di soli 10 euro mensili. C’è la ludoteca, per i bambini dai 2 ai 12 anni, lo spazio ragazzi tra i 12 e i 19 anni e Arci Fuzzy, circolo adibito alla socialità e creatività alle cui attività hanno preso parte 1.525 partecipanti. E anche importanti servizi di comunità, come lo sportello di mediazione del conflitto, gestito da una ventina di volontari, che si occupa della riduzione delle conflittualità di vicinato attraverso tecniche di conciliazione e comunicazione fra le parti e il comitato di quartiere, luogo di incontro e ascolto delle esigenze dei residenti.

Verso l’innovazione sociale e il welfare di comunità

La presentazione del progetto ha costituito un’occasione per avviare il dibattito sul welfare di comunità. Tante le riflessione emerse, grazie agli interventi di esponenti provenienti da background differenti. A cominciare dalla necessità di rompere gli schemi, destrutturare e innovare le pratiche su cui si sono fondate le politiche sociali ad oggi. La scarsità di risorse economiche conseguente la crisi ci pone di fronte a un bivio per cui o il welfare si rinnova nella direzione del welfare di comunità, o prende la strada della privatizzazione, seguendo una direzione diversa rispetto alla tradizione europea (in Emilia Romagna, ad esempio, nell’ambito del welfare la crescita del for profit risulta essere tripla rispetto a quella del non profit).

La promozione di un welfare coeso e inclusivo non deve collocarsi solo a valle del processo di policy, quando si tratta di rispondere ai bisogni dei cittadini, ma anche a monte, quando le politiche devono essere disegnate e progettate. Quest’obiettivo richiede, come sottolineato dall’assessore alla famiglia del Comune di Brescia Felice Scalvini, di ripensare il ruolo della pubblica amministrazione, che deve divenire regolatrice e garante dell’universalismo, agendo in ultima istanza per assicurare che nessuno resti indietro: “Il problema non deve più consistere in come il comune può rispondere ai bisogni, ma come la città può farlo”. Non parliamo più solo di attori pubblici, ma di attori, pubblici e non, “a vocazione pubblica”. In questo senso, L’arco e le pietre rappresenta un esempio calzante, dato il ruolo che hanno svolto ai fini della sua realizzazione non le istituzioni ma anche, e soprattutto, scuole, associazioni, parrocchie, coop, sindacati e cittadini. A questo scopo, anche le logiche dell’azione pubblica devono essere ripensate “In che modo le gare possono generare bene comune? La competizione massacra le comunità, non le promuove”.

Altra criticità avvertita è la difficoltà di fare valutazione in campo sociale. Rendicontare, conoscere i punti di forza e debolezza sarebbe invece necessario ai fini dell’apprendimento per la replicabilità delle esperienze e la loro continuità nel tempo.

Infine, la necessità di ripensare il volontariato, non come “crocerossino” chiamato a intervenire in modo riparatorio, ma come attore che deve essere coinvolto sin dall’inizio nelle attività di progettazione.
 

Riferimenti

Il sito internet di L’arco e le pietre

Welfare in crisi? Busti: «Dare il meglio come cittadini», Rachele Bertelli, La Gazzetta di Mantova, 20 ottobre 2013

 

I nostri approfondimenti sul welfare di comunità

Percorsi di coesione sociale a Mantova: L’arco e le pietre

Comuni, come sopravvivere in tempi di crisi? L’esperienza di Forlì

 

 

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