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I milioni di giovani che in Europa non studiano e non lavorano, i cosiddetti NEET, costituiscono un problema rilevante per il nostro sistema economico e sociale. Iniziative sostenute a livello comunitario e in particolare Garanzia Giovani hanno portato, malgrado alcuni limiti applicativi, a risultati concreti in Italia e in altri Paesi dell’Unione. Questo articolo, uscito all’interno del numero 4/2019 della rivista Welfare Oggi, prende in esame queste strategie e i loro effetti a livello nazionale e europeo.


I NEET (Not in Education, Employment or Training) costituiscono una categoria sociale nata nell’ultimo ventennio all’interno della quale si collocano i giovani tra i 15 e i 30 anni che non studiano e non lavorano
. La prima definizione coniata per tale categoria fu quella di status zer0, poi abbandonata a causa del fatto che essa sembrava contenere in sé una sorta di giudizio di valore, in quanto le parole status zer0 facevano pensare appunto a persone di infima specie, quasi i reietti della società.

Volendo invece dare alle persone rientranti nella categoria indicata il valore che meritavano e che meritano, tale definizione fu sostituita con quella di NEET. Secondo una definizione condivisa da tutti i Paesi appartenenti alla Comunità Europea, i NEET sono i giovani di età compresa tra i 15 e i 30 anni che non lavorano e non sono inseriti in nessun percorso educativo o formativo, i disoccupati che non studiano e non fanno formazione e gli inattivi che non studiano e non fanno formazione. Si tratta, in altre parole, di tutti quei giovani che hanno terminato gli studi o li hanno abbandonati ma che non cercano attivamente lavoro o che lo hanno perso. Per queste loro caratteristiche, tali giovani vengono correttamente ritenuti a rischio di esclusione sociale, in virtù sia delle difficoltà del mercato del lavoro in generale, sia di quelle personali relative ad esempio ad una scarsa istruzione per alcuni di essi o alle situazioni familiari che potrebbero essere incluse nelle famiglie a rischio di povertà.

A livello europeo, il 60% dei NEET sono tali a causa di fattori legati al mercato del lavoro mentre l’altro 40% deve la propria condizione ai limiti e alle insufficienze delle politiche (Eurofound 2016). Si tratta di un fenomeno che assume dimensioni considerevoli un po’ in tutti i Paesi europei ed in Italia (dati del 2016) dove i Neet sono il 26.3% delle femmine e il 22.4% dei maschi dell’età considerata. Il fenomeno, quindi, nel nostro Paese sembra assumere caratteri strutturali1. Una lieve flessione si è registrata solo negli ultimi anni, probabilmente a causa delle politiche messe in atto a contenimento del fenomeno e che saranno di seguito analizzate.


La strategia dell’Unione Europea in favore dell’occupazione giovanile

Il tema dell’occupazione giovanile è certamente un tema fondamentale per il futuro del Paese e di tutta l’Unione Europea. È quindi naturale che proprio le politiche comunitarie abbiano dedicato e dedichino ad essa grande attenzione. Infatti, risalgono alla fine degli anni ’80 i primi programmi diretti a promuovere la mobilità dei giovani in Europa (Youth for Europe).

All’interno della Strategia Europea per l’occupazione, si individuarono quattro macro-obiettivi, che avrebbero dovuto costituire il perno delle policy nazionali e locali. Due di questi macro-obiettivi sostenevano l’importanza di adottare misure per favorire l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro.

Sempre a livello europeo, furono previsti interventi nel campo dell’occupazione giovanile sia nel 2001 con la pubblicazione del Libro Bianco sulla Gioventù, sia nel 2005 con il Patto Europeo per la Gioventù.

Le linee guida per l’occupazione del periodo 2005-2008 fissarono poi un primo obiettivo comune per tutti i Paesi dell’Unione: la necessità che fosse garantita un’offerta occupazionale o formativa a tutti i giovani disoccupati entro sei mesi dalla fine del periodo di istruzione o dalla perdita del lavoro. Le linee guida 2008-2010 ridussero tale periodo da sei a quattro mesi.

La crisi economica del 2008 ha avuto tra le sue conseguenze più importanti il forte rialzo del tasso di disoccupazione in tutti i Paesi europei. Pertanto, nel 2009 la Commissione europea ha pubblicato la comunicazione “Una strategia europea per i giovani – Investiment e Empowerment” e il Parlamento europeo ha emanato una risoluzione con la quale si chiedeva l’adozione della Garanzia Giovani a tutti i Paesi membri dell’Unione.

Con la strategia Europa 2020, nel 2010 ha preso avvio una nuova fase delle politiche per l’occupazione giovanile puntando a raggiungere alcuni obiettivi fondamentali, come l’innalzamento dell’occupazione, la diminuzione dell’abbandono scolastico precoce, l’aumento delle persone con istruzione universitaria e la riduzione della povertà e dell’esclusione sociale. Per raggiungere questi obiettivi, nel 2010 fu lanciata l’iniziativa “Giovani in movimento” da parte della Commissione europea. Tale iniziativa conteneva diverse azioni rivolte allo studio, al lavoro e alla formazione professionale. Nel 2011 fu poi adottata un’altra iniziativa, chiamata “Opportunità per i giovani” rivolta a contrastare la disoccupazione e partì anche il progetto pilota “Il tuo primo lavoro Eures” diretto a favorire la ricerca di un lavoro in un altro stato membro.

Nel 2012 la Commissione europea ha promosso in otto paesi europei (compresa l’Italia) un progetto denominato “Gruppi di intervento per l’occupazione giovanile”. Lo scopo della creazione di tali gruppi di intervento era definire le modalità di utilizzo dei fondi strutturali della programmazione 2007-2013 per il finanziamento di specifiche iniziative per i giovani. Del dicembre dello stesso anno è l’adozione del “Pacchetto Occupazione Giovani” contenente anche la proposta di istituire una Garanzia Giovani e la promozione di una “Alleanza per l’Apprendistato” che potesse favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.

Nel febbraio 2013 il Consiglio ha adottato la “Iniziativa a favore dell’Occupazione Giovanile” con la quale sono stati stanziati 6 miliardi di euro, dedicati soprattutto all’attuazione della Garanzia Giovani che è stata ufficialmente avviata con una Raccomandazione del Consiglio europeo nell’aprile del 2013.

La Garanzia Giovani, varata a livello europeo, prevede l’assegnazione di finanziamenti ai Paesi membri con tassi di disoccupazione oltre il 25%. Tali finanziamenti devono essere investiti in politiche attive di orientamento, istruzione e formazione e inserimento nel lavoro, in favore dei giovani che non lavorano e non studiano.


Tab. 1 – Misure emanate a livello europeo


La Garanzia Giovani in Italia

Secondo quanto disposto dalla Raccomandazione europea del 2013, l’Italia deve garantire ai giovani di età inferiore ai 30 anni un’offerta di lavoro qualitativamente valida, la continuazione degli studi o una opportunità di apprendistato o tirocinio entro 4 mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal percorso di istruzione.

Nel nostro Paese i fondi comunitari destinati a questa iniziativa, sono presi in carico e investiti dalle Regioni per realizzare politiche attive di orientamento, formazione e inserimento al lavoro, rivolte ai NEET. Di fondamentale importanza per l’attuazione del Programma Garanzia Giovani è il coinvolgimento delle Regioni, che adottano una strategia unitaria e condivisa con lo Stato al fine di attuare efficacemente il programma a livello territoriale. Insieme al Piano nazionale quindi, ogni Regione adotta un proprio piano attuativo, adottando alcune misure sul proprio territorio.

Le Regioni inoltre hanno funzione di coordinamento della rete di servizi per l’impiego pubblici e privati accreditati che individuano i percorsi più consoni per ciascun giovane che aderisce al programma. Le Regioni indirizzano quindi i giovani verso i diversi servizi per l’impiego presso i quali sosterranno il colloquio iniziale di orientamento. Inoltre, esse hanno il compito di monitorare gli interventi, osservare il processo di attuazione delle misure, i servizi che vengono erogati, il profilo e il numero dei beneficiari, i costi sostenuti, ecc.

Le risorse finanziarie che vengono destinate alle singole misure sono indicate nelle convenzioni che le Regioni stipulano con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali. Tali importi possono essere modificati in fase di successiva redistribuzione delle risorse per la definizione del PAR (Piano d’Azione Regionale).

Gli strumenti ideati per rendere efficaci i finanziamenti e raggiungere così gli obiettivi prefissati, vanno in una duplice direzione:

a) da una parte, sono diretti ai giovani NEET che, attraverso un sistema di profilazione si vedono indicare un percorso, che può anche passare attraverso una richiesta di adesione ad un piano formativo, e prevedere un “Patto di servizio” che, firmato, impegnerà sia il giovane ad aderire alla proposta, che le istituzioni a portare a termine il progetto stilato;

b) dall’altra, sono diretti alle aziende che stipulano un contratto di assunzione con un giovane che ha aderito all’iniziativa, con un sistema di incentivi calcolati sulla base della tipologia di contratto stipulato e del profilo del candidato assunto. L’azienda, quindi, con l’attivazione di un contratto di stage, apprendistato o a tempo determinato e indeterminato, riceve un bonus occupazionale.

In particolare, dal punto di vista delle aziende, Garanzia Giovani prevede bonus occupazionali per le nuove assunzioni e alcuni incentivi specifici per l’attivazione di tirocini e contratti di apprendistato o per la trasformazione di un tirocinio in contratto di lavoro. Per accedere a questi strumenti, le aziende devono rispondere ad avvisi pubblici e bandi regionali, attivando quindi una delle misure previste a favore dei giovani Neet che abbiano aderito alla Garanzia Giovani e sostenuto il primo colloquio di orientamento. Le imprese hanno anche la possibilità di accedere a prestiti agevolati da parte della Banca europea per gli investimenti (BEI). La Garanzia Giovani, infine, prevede anche incentivi sotto forma di micro-credito per forme di autoimprenditorialità o autoimpiego.

Negli ultimi anni il legislatore è ulteriormente intervenuto sul fronte degli incentivi alle imprese. Già la legge di bilancio 2017 prevedeva il potenziamento delle assunzioni, aumentando gli incentivi per chi assumeva giovani iscritti al programma fino a 8060 euro l’anno se l’assunzione era a tempo indeterminato e a 4030 se l’assunzione era a tempo determinato. Con la Legge di bilancio 2018 il governo ha previsto per i datori di lavoro che assumono un NEET inserito nel Programma Garanzia Giovani uno sgravio contributivo del 100% per il primo anno e del 50% nel secondo e terzo anno.

La Garanzia Giovani, che funziona ormai da alcuni anni, è stata riconfermata anche per l’anno in corso, con la pubblicazione della circolare INPS n. 54 del 17 aprile 2019. La Legge di bilancio 2019 ha riconfermato tutti gli incentivi. Per l’anno in corso, quindi, lo sgravio contributivo è:

  • il 100% (ottenuto sommando il bonus assunzioni 2019 nazionale del 50% con quello di Garanzia Giovani) dei contributi per il primo anno;
  • il 50% dei contributi per il secondo e terzo anno.

Tale bonus inoltre è cumulabile con altri incentivi all’assunzione sia di natura economica che di natura contributiva. Il requisito fondamentale richiesto alle imprese per usufruire delle agevolazioni è quello di assumere un giovane iscritto al programma che abbia sostenuto il primo colloquio. Il bonus è fruibile dal datore di lavoro che assume con contratto a tempo determinato o in somministrazione per 6-12 mesi, con contratto a tempo determinato o in somministrazione superiore a 12 mesi, con contratto a tempo indeterminato, con contratto di apprendistato professionalizzante.

Per i contratti a termine inferiori a dodici mesi, il bonus assunzioni è fruibile in sei quote mensili di pari importo, mentre per i contratti di durata maggiore o a tempo indeterminato, è fruibile in 12 quote mensili di pari importi. Il contributo è erogato dall’INPS e varia, a seconda della classe di profilazione del neoassunto, delle differenze territoriali e della tipologia di contratto, tra i 1500 euro e i 6000 euro.

Per poter usufruire del bonus il datore di lavoro deve essere in possesso della attestazione di regolarità contributiva obbligatoria (DURC), applicare le norme sulla tutela del lavoro, il CCNL e gli accordi sindacali e non superare l’importo dell’incentivo dei limiti previsti dal “de minimis”. La domanda per ottenere il bonus va presentata all’INPS, che effettuate le opportune verifiche calcolerà l’importo dell’incentivo, dandone successiva comunicazione al datore di lavoro, il quale, a sua volta, dovrà dare conferma all’INPS dell’avvenuta assunzione.

I Neet che si sono registrati al Programma Garanzia Giovani sono più di 1.4 milioni, mentre 1.126.767 sono stati presi in carico dagli uffici competenti. Il numero di giovani presi in carico dai servizi per l’impiego (78,7%) è decisamente superiore a quello dei giovani presi in carico dalle agenzie per il lavoro accreditate (21,3%). Il maggior numero di registrazioni al Programma si osserva nel Mezzogiorno con il 42,2% seguito dal Nord con il 38,5%, mentre il restante 19,3% riguarda il Centro.


Tab 2 – Agevolazioni assunzioni Giovani


I risultati raggiunti dal programma Garanzia Giovani nei paesi Europei

Dopo avere promosso la misura Garanzia Giovani, l’Unione Europea ha anche supportato gli Stati membri nella definizione dei piani nazionali, mentre la Commissione europea sta monitorando l’attuazione dei sistemi nazionali. Inoltre l’Unione ha messo a disposizione gli ingenti finanziamenti del Fondo sociale europeo, stanziando in un primo tempo 6,4 miliardi di euro a favore degli Stati membri più colpiti dalla disoccupazione giovanile, portati poi a 8,8 miliardi nel 2017.

Il Programma Garanzia Giovani è quindi diventato una realtà in tutti i Paesi europei portando il notevole risultato che dal 2014 oltre 5 milioni di giovani hanno aderito al Programma e ogni anno più di 3,5 milioni di giovani hanno usufruito di un’offerta di lavoro, istruzione, tirocinio o apprendistato.

In questi anni, numerosi giovani hanno potuto, probabilmente anche grazie a questo Programma, entrare nel mercato del lavoro, tanto che si registrano 2,3 milioni di disoccupati in meno nella fascia di età interessata e 1,8 milioni meno di Neet. La disoccupazione giovanile in Europa è calata di ben 10 punti percentuali dal 2013 ad oggi e la quota di Neet è scesa dal 13.2% al 10.3% tra il 2012 e il 2018. Certamente questi numeri sono da leggere anche in relazione all’andamento dell’economia nei diversi Paesi, ma è ragionevole pensare che a tali positivi esiti abbia contribuito in modo significativo anche il complesso di misure presenti in Garanzia Giovani.

La Garanzia Giovani ha infatti non solo creato nuove opportunità per i giovani, ma anche stimolato, nei vari Paesi europei, le riforme strutturali e l’innovazione, inducendo il perfezionamento e l’ampliamento dell’offerta destinata ai giovani da parte dei servizi pubblici per l’impiego.

Le riforme dell’apprendistato hanno inoltre consentito di preparare meglio i giovani dal punto di vista professionale, aiutandoli ad inserirsi nel mercato del lavoro, dopo aver acquisito le competenze necessarie attraverso percorsi formativi ad hoc.

Volgendo lo sguardo a tutti i Paesi europei, con particolare riferimento all’anno 2015, rispetto al quale sono disponibili più dati, è possibile notare che si è avuta una riduzione della disoccupazione nei principali Paesi.

Ogni valutazione complessiva della misura si scontra con la frammentazione dei contesti nazionali in cui Garanzia Giovani è stata applicata, assai differenti a livello di condizioni macroeconomiche, a livello occupazionale, rispetto all’organizzazione dei servizi per l’impiego e delle politiche attive del lavoro. Tuttavia, la Garanzia Giovani, anche se in modi e forme diverse, è uno strumento che si è mostrato molto utile nella lotta alla disoccupazione giovanile.

Per fare alcuni esempi, vi sono Paesi europei, come la Germania, che ancor prima di Garanzia Giovani avevano già messo in atto delle riforme del lavoro che miravano a contribuire alla crescita dell’occupazione giovanile. Inoltre, relativamente alla Garanzia Giovani, la Germania è partita ben prima della Raccomandazione europea attraverso un vero e proprio contratto con i giovani, in cui le parti si impegnano una (lo Stato) a fornire sostegno all’ingresso nel mercato del lavoro e l’altra (il giovane iscritto al Programma) a dimostrare di mettersi seriamente in gioco nella ricerca di un impiego. Nel 2017 i Neet in Germania non superavano il 10%, mentre in Italia si aggiravano intorno al 26%.

In Belgio, nel 2014 un terzo dei giovani sotto i 25 anni erano disoccupati. Ispirandosi al modello scandinavo, il governo belga ha cercato di proporre una soluzione al 100% dei giovani sotto i 30 anni. Nel 2015 su 10.825 nuovi iscritti, il 59,7% ha ottenuto un lavoro, il 10,3% ha seguito uno stage e il 13,9% è stato impegnato in un corso di formazione. In tal modo la disoccupazione giovanile è scesa del 40% e a fine marzo 2019 Bruxelles ha registrato 70 mesi consecutivi di riduzione del tasso di disoccupazione per i giovani sotto i 25 anni. La disoccupazione, infatti, per tale fascia di età si è ridotta al 14%. Il costo di tale politica è di circa 30 milioni di euro l’anno: un terzo proveniente dai finanziamenti europei e due terzi finanziati dalla regione.


I risultati raggiunti con la Garanzia Giovani in Italia

Al 31 maggio 2019 i giovani registrati al Programma Garanzia Giovani sono 1.486.967, di questi il 42,1% è concentrato nelle regioni meridionali e il 38,5% nelle regioni settentrionali. I giovani presi in carico da parte dei servizi competenti sono il 78% dei registrati. Il 58% dei giovani presi in carico dai servizi è stato avviato ad un intervento di politica attiva, il 57% delle azioni è rappresentato dal tirocinio extra-curriculare, il 25,1% da incentivi occupazionali, il 12,6% è costituito dalla formazione.

I giovani che hanno terminato il percorso e che sono occupati sono 344 mila cioè il 55,2%. Il tasso di inserimento occupazionale va dal 45,2% ad un mese al 53,5% a sei mesi. Dal punto di vista territoriale i tassi di occupazione hanno valori più elevati al nord rispetto al centro e al sud. Sempre al 31 maggio, il 40,5% dei giovani risulta occupato a tempo indeterminato, il 35,2% con contratto di apprendistato e il 20,7% a tempo determinato.

L’obiettivo di Garanzia Giovani è sempre stato chiaro: prendere in carico i giovani per orientarli e aiutarli ad identificare le proprie competenze, dare loro la possibilità di confrontarsi con le aziende che, da parte loro, possono incontrare difficoltà nell’individuare le persone giuste per le proprie esigenze, nella convinzione che la disoccupazione sia un nemico comune per tutti i soggetti che operano nel mercato del lavoro. Lo scopo, quindi, non è mai stato quello di trovare lavoro ai giovani, ma la creazione di un piano di occupabilità. Questo va rimarcato, a fronte di aspettative di relazione diretta tra inserimento nel programma e reperimento di una occupazione.

Ciò premesso, nel nostro Paese il numero di ragazzi scritti è imponente, ma le risposte date dal progetto sembrano essere poco efficaci e abbastanza deludenti2. Se alcuni dei malfunzionamenti delle attività di Garanzia Giovani sono intrinseci nel progetto, altri costituiscono dei mali storici del nostro paese, che continua a incontrare difficoltà nella creazione di politiche attive efficienti e di un percorso che unisca in modo efficace il mondo scolastico con quello del lavoro. La prima problematica di Garanzia Giovani si riscontra nell’analisi degli annunci contenuti nel portale del ministeriale.

Molte delle offerte inserite hanno poco a che vedere con le finalità del progetto, poiché si riscontrano prevalentemente annunci creati da operatori privati del mondo del lavoro simili a quelli rinvenibili in altri contesti e che riguardano prevalentemente posizioni per le quali è richiesta un’esperienza pregressa. Inoltre, la maggior parte delle offerte mira all’attivazione di contratti a tempo determinato lasciando poco spazio a tirocini e apprendistato, le due misure che dovrebbero essere il fulcro dell’intero progetto Garanzia Giovani. Ciò dimostra l’assenza di controllo da parte del Ministero sulla qualità delle offerte pubblicate e sulla loro effettiva connessione con l’iniziativa Garanzia Giovani. Un’altra falla del monitoraggio da parte del Ministero è costituita dalla mancanza di controllo sui percorsi intrapresi dai giovani. Al momento non esistono informazioni su come prosegue l’attività per i giovani che sono presi in carico dagli operatori, quali siano le misure proposte e i risultati ottenuti. Il Ministero del lavoro sembra rilasciare una grande quantità di numeri, ma che rimangono fini a sé stessi, senza un’analisi profonda di quanto fatto e i risultati ottenuti. Il rischio di questi malfunzionamenti nel sistema di monitoraggio è la trasformazione di Garanzia Giovani in un’esperienza sconnessa da un processo di crescita e rafforzamento dell’occupabilità dei giovani, del riconoscimento e consolidamento delle loro competenze e dell’individuazione dei fabbisogni occupazionali attuali e potenziali3. A ciò si aggiunge l’incertezza dei tempi per completare l’intera procedura di profilazione e firma del patto di servizio, che sono sicuramente più lunghi di quelli previsti dalla Raccomandazione e dal stesso Piano nazionale. Dopo la registrazione del giovane la Regione ha, infatti, un tempo massimo di due mesi per contattarlo ma, oltre a questo, il piano non prevede alcuna scadenza per la fissazione del colloquio successivo e la firma del patto. Un’ultima nota importante riguarda la distribuzione delle risorse europee tra le diverse misure del piano Garanzia Giovani. L’attività nella quale si è investito maggiormente sono i tirocini (21,3% delle risorse) e la formazione (23,3%), mentre solo una quota minima è stata riservata all’apprendistato (4,5%). Al grande investimento effettuato in tirocini e formazione non è però corrisposto un impegno altrettanto corposo per assicurare la qualità degli stage e delle offerte formative.

Ciononostante, non mancano dati positivi4. Al 31 gennaio 2019 risultano essere 307 mila i giovani, ossia il 52,4% di coloro che hanno terminato un percorso di politica attiva, risultano occupati; tale percentuale sale al 55.5% al 30 giugno 2019.

La misura in questione, quindi, nonostante i limiti appena evidenziati, sembra comunque favorire l’occupabilità dei giovani, anche nelle Regioni del Mezzogiorno che storicamente rappresentavano la “cenerentola” nel ventaglio delle Regioni italiane.

Ciò è stato reso possibile certamente dall’impegno profuso dagli operatori e da tutti gli enti istituzionali e non coinvolti nel processo, ma soprattutto grazie al contributo fornito dagli imprenditori italiani che hanno compreso quanto fosse importante aderire a questa iniziativa sia per incentivare l’ingresso di lavoratori giovani in azienda favorendo quindi uno svecchiamento della manodopera, sia perché grazie ai vari sgravi previsti dalla normativa per gli imprenditori aderenti, questi ultimi avrebbero potuto beneficiare di “sconti” sul costo del lavoro che, come è ben noto, è uno dei principali motivi per cui le aziende italiane non assumono manodopera.

Una spinta notevole è stata ovviamente anche fornita dalle varie associazioni di categoria che hanno stipulato dei veri e propri accordi con il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali al fine di promuovere l’iniziativa tra i propri iscritti, facendone comprendere loro il valore e coinvolgendoli in sessioni formativo/informative sull’iniziativa.

Per tutti questi motivi, la Garanzia Giovani in Italia, pur con i limiti sopra citati, ha preso a funzionare abbastanza bene, garantendo percorsi formativi ed educativi adeguati al raggiungimento dell’obiettivo dell’ingresso nel mondo del lavoro.

Per questi motivi, nell’imminenza della scadenza di Garanzia Giovani – il Programma dovrebbe scadere, a livello europeo, nel 2020 – e considerando la risposta ottenuta sia dai giovani che dagli imprenditori più lungimiranti, ci si augura che la misura possa essere rinnovata e possibilmente ampliata, prevedendo ad esempio degli sgravi ancora maggiori per le imprese che assumono, così da favorire un ulteriore allargamento della platea di imprenditori disponibili a partecipare all’iniziativa e che si rendono così partecipi di una evoluzione e di un arricchimento per tutta la nazione. Poiché i giovani sono la ricchezza della nazione e la ricchezza non va sprecata.

 

1 Alfieri S., Sironi E. (a cura di) (2017), Una generazione in panchina, Vita e Pensiero, Milano, 2017.
2 Tiraboschi, M., Una garanzia che (ancora) non c’è, ADAPT University Press, 2015

3 Baratta, L., Come funziona Garanzia Giovani (quando funziona), Linkiesta [online], 25 maggio, 2015

4 Lepore, M., Garanzia Giovani: “L’errore è credere che possa cambiare tutto in poco tempo", La Repubblica degli Stagisti [online], 31 agosto, 2015
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