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Un nuovo anno è iniziato e sul fronte dell’implementazione della Garanzia giovani (GG) continuano ad arrivare cattive notizie. La profezia del fallimento annunciato si sta dunque avverando. Almeno così sembra, anche se la situazione è in realtà più articolata.

Se infatti intendiamo la Garanzia giovani come una strategia a valenza anticiclica, volta a contrastare nel breve periodo il problema della disoccupazione giovanile e dei Neet, i risultati parlano chiaro. Dopo i primi otto mesi, i giovani registrati sono circa 361.000 e di questi il 36,4% sono stati presi in carico dai servizi. Le opportunità offerte, pur in crescita, rimangono limitate, ovvero poco più di 40 mila posti di lavoro che coprirebbero potenzialmente l’11% degli iscritti (conteggiando anche chi poi si cancella o viene cancellato d’ufficio dal programma) e il 30,6% di coloro che hanno sottoscritto un patto di servizio.

Si tratta certamente di dati poco incoraggianti, anche se occorrerebbe chiedersi quanti giovani prima della GG venivano intermediati dai servizi per l’impiego. A fronte di questi risultati, il ministro Poletti ha voluto ricordare che, nonostante tutto, l’Italia sia l’unica, assieme alla Francia, ad avere avviato un programma nazionale di Garanzia giovani.

Una strategia poco brillante

Affermare che l’Italia non brilli, ma che non brilli nemmeno la stessa strategia europea che si vorrebbe implementare, è purtroppo una magra consolazione. Inoltre, il fatto che la Commissione non abbia ancora approvato la maggior parte dei programmi nazionali, non significa che i governi degli altri paesi europei non abbiano avviato nel frattempo alcuna iniziativa, ma che probabilmente lo hanno fatto avvalendosi di altre risorse e/o framework regolativi.

Un discorso analogo riguarda alcune regioni italiane. Come ricorda Francesco Riccardi, all’implementazione della Garanzia giovani si sono finora affiancati altri programmi che fanno riferimento a linee di finanziamento diverse dal Piano operativo nazionale e che non vengono necessariamente prese in considerazione nel monitoraggio periodicamente fornito dal Ministero del Lavoro.

Purtroppo non sono disponibili dettagliate evidenze a sostegno di questa tesi. Ad ogni modo, senza voler scagionare tutte le amministrazioni regionali da ritardi e inefficienze, occorrerebbe perlomeno una maggiore prudenza nel valutare l’effettivo "stato dell’arte" e le criticità della Garanzia giovani, che pur rimangono tali.

Anche una rapida analisi dei dati riportati nel 34° rapporto di monitoraggio e relativi al tasso di copertura, ovvero alla percentuale dei giovani contattati da un servizio al lavoro rispetto a quelli registrati, è possibile osservare una situazione singolare. In alcune regioni del Nord (Piemonte e Liguria), la copertura appare particolarmente bassa, a fronte del record registrato dalla Sardegna che, con un quasi 59%, supera il dato della Toscana e dell’Emilia Romagna e doppia quello del Veneto. Allo stesso modo, regioni come la Puglia e la Sicilia conseguono una copertura superiore alla Lombardia e al Friuli Venezia Giulia.

I correttivi messi in cantiere dal governo

Di fronte alle difficoltà e alle pressioni provenienti da più parti, il governo sembra intenzionato ad apportare alcuni correttivi. Un primo intervento dovrebbe riguardare il sistema di profilazione. Quest’ultimo si basa su un modello statistico che consente di stimare la distanza dal mercato del lavoro del giovane Neet. Maggiore sarà questa distanza (sono individuati quattro profili di rischio), più elevato sarà l’incentivo economico previsto per chi eroga i servizi o per il datore che effettua l’assunzione. I risultati della profilazione finora realizzata hanno messo in luce la seguente condizione. Circa il 70% degli utenti vengono considerati come poco o mediamente "svantaggiati", mentre i profili più critici riguardano solo il 30% dell’utenza. E siccome la Garanzia giovani si basa su un sistema di tipo premiale, questi risultati hanno messo in allarme gli operatori del settore e le imprese che vedono ridursi sensibilmente la possibilità di ottenere le incentivazioni più elevate.

Per fare un esempio, a secondo del tipo di profilo e dell’esito in termini di sbocco contrattuale, l’importo del servizio di accompagnamento al lavoro può variare da 600 euro a 3000 euro per giovane. Un problema analogo si riscontra con i bonus occupazionali. Se il collocamento di un giovane a "basso o medio rischio" avviene per mezzo di un contratto a termine non sono previste incentivazioni, che possono però salire, a secondo della durata del rapporto instaurato, da 1500 o 4000 euro per le persone dalla profilazione alta o molto alta e fino a 6000 euro per coloro che sono più difficili da collocare, se assunti con un contratto a tempo indeterminato. Il governo vuole inoltre eliminare alcune restrizioni sui bonus occupazionali. Questi ultimi verranno concessi anche per i contratti d’apprendistato professionalizzante, mentre sarà consentito cumulare il bonus assegnato dalla Garanzia giovani con le decontribuzioni previste dalla legge di Stabilità per l’attivazione di contratti a tempo indeterminato "a tutele crescenti".

E’ chiaro che la ratio di questi interventi correttivi è tentare di sbloccare la situazione, ovvero far sì che gli incentivi non rimangano solo armi spuntate. Di converso, è forte il rischio che le modifiche parametriche annunciate abbiano come principale obiettivo quello di permettere al ministro di esibire qualche numero meno imbarazzante, a fronte delle somme impegnate nel programma.

La revisione delle modalità di profilazione è infatti auspicabile, se indirizzata a migliorare il sistema, ovvero qualora costituisca il frutto di un genuino processo di apprendimento (learning by doing). Il risultato di tale profilazione può certo dipendere dal fatto che l’attuale sistema sia un setaccio troppo poco "fine" per discriminare l’utenza in base ai bisogni effettivi. Ma può anche dipendere dal fatto che la maggior parte dei giovani che finora si sono rivolti al programma ha un titolo di studio medio alto (il 19% la laurea e il 57% il diploma), anche se circa il 50% dell’intera platea di giovani Neet non è in possesso nemmeno di un diploma quinquennale e ben il 25% dei Neet presenta un profilo di svantaggio (Fonte Istat, 2013. Sul punto si veda anche M. Sorcioni, Diamo i numeri su Garanzia Giovani, Workmagazine, 19 gennaio 2015). In altre parole, parte del problema potrebbe risiedere, più che nel sistema di profilazione, nella difficoltà a intercettare le categorie più fragili e difficilmente raggiungibili, alle quali invece la Garanzia giovani dovrebbe rivolgersi.

Se invece la partita che il governo vuole giocare è semplicemente quella di "abbassare l’asticella", adeguando il sistema al fine di poter elargire più facilmente i contributi a seconda dei destinatari disponibili, allora sono gli stessi principi della profilazione standard e della premialità a perdere gran parte del loro significato.


Quale deve essere l’obiettivo per il 2015

Qualcuno potrebbe sempre obiettare che se un giovane nemmeno si attiva per iscriversi al programma, in fondo non è degno di essere aiutato. La cosiddetta deservingness riferita alle politiche sociali è un tema delicato che rinvia alle percezioni soggettive e alle sensibilità politiche maggiormente diffuse in una società. Ad ogni modo, anche volendo accogliere la tesi che i giovani scoraggiati e i poco motivati non siano meritevoli di aiuto, la stessa operazione di re-profiling potrebbe avere come esito quello di incentivare di più proprio coloro che, essendo meno distanti dal mercato del lavoro, meriterebbero di meno.

Al di là di questi ritocchi al margine, il vero tema cruciale, che travalica il confine stesso della Garanzia giovani, rimane quello della governance delle politiche attive. Come abbiamo scritto in un articolo recentemente apparso sulla rivista Politiche sociali, la Garanzia Giovani potrà infatti avere successo solo se saprà costituirsi come premessa di un più ampio percorso di riforma volto alla costituzione di un sistema nazionale di politiche attive e servizi per il lavoro, finora mai realizzato in Italia. Questo significa avviare un processo che, pur nel rispetto delle esperienze innovative condotte in alcune regioni, porti lo Stato ad assumersi l’effettiva responsabilità di quelle funzioni di indirizzo e coordinamento che l’assetto costituzionale vigente già gli assegna, ma che di fatto non ha mai compiutamente esercitato.

Il tentativo della Garanzia Giovani di restituire omogeneità e coerenza al sistema appare comunque una sfida ancora lontana dall’essere vinta.

 

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