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Il 4 giugno su Su Corriere Buone Notizie, inserto settimanale del Corriere della Sera, è stata pubblicata un’inchiesta curata da Percorsi di secondo welfare sui Fondi Sanitari Integrativi. Come spiega Paolo Riva nell’articolo di contesto che vi proponiamo di seguito, il numero di iscritti è aumentato notevolmente, ma i margini di sviluppo sono ancora molto ampi. E, come spiega Franca Maino in questa riflessione, i vantaggi di tale crescita sono ravvisabili anche dal punto di vista occupazionale.

 

Per scrutare l’orizzonte sul quale si muoverà il welfare del futuro, le montagne del Trentino sono un buon punto di osservazione. Nelle sue valli, che hanno una lunga tradizione di protagonismo delle parti sociali, opera Sanifonds Trentino, un fondo sanitario integrativo territoriale interessante anche oltre i confini della provincia per la sua capacità di innovare, rispondere ai bisogni locali e proporre forme inedite di collaborazione con il pubblico.

I fondi sanitari integrativi sono soggetti senza scopo di lucro, molto spesso istituiti tramite la contrattazione collettiva, il cui obiettivo è coprire le spese sanitarie degli iscritti. Dal 2010, il loro numero è fortemente aumentato, così come sono aumentati i lavoratori assicurati tramite ai fondi integrativi contrattuali: nel 2017 hanno toccato quota 6 milioni, facendo registrare un +56% rispetto a due anni prima. “Il fenomeno è in crescita – spiega Federico Razetti, di Percorsi di secondo welfare – perché la spesa per la sanità pubblica si contrae e risulta non adeguata alle esigenze del sistema”. E, infatti, a fronte di 114 miliardi di euro di spesa sanitaria pubblica, ce ne sono altri 33,9 che vengono messi direttamente dai cittadini, per ticket e prestazioni private. Per i fondi sanitari integrativi, che già oggi rimborsano 5,8 miliardi di euro di spese ai loro iscritti, ci sarebbero quindi ampi margini di sviluppo.
 

 

La maggioranza di loro opera a livello nazionale ma, secondo alcuni osservatori, è a livello territoriale che ci sono le possibilità di crescita più importanti. “Dal momento che tra le regioni italiane ci sono differenze abissali in termini di sanità, i fondi territoriali risultano più efficaci perché riescono davvero a integrare ciò che offre la sanità pubblica. I fondi nazionali fanno più fatica e, troppo spesso, le loro prestazioni finiscono per sostituire quelle del sistema sanitario”, sostiene Michele Buonerba, segretario generale della CISL Alto Adige ed esperto del tema perché tra i promotori di uno dei primi fondi sanitari integrativi territoriali, quello per l’artigianato, istituito in Provincia di Bolzano nel 2013. “Bisogna poi considerare – aggiunge – che molti lavoratori non sanno nemmeno di essere iscritti ai fondi nazionali. A livello locale, invece, è possibile fare informazione in modo capillare e faticoso, ma efficace. Il risultato è che il nostro fondo ha un rapporto premi/sinistri dell’87% mentre si stima che i fondi nazionali non superino il quindici”.

Oltre a quello altoatesino, gli altri esempi di fondi sanitari integrativi territoriali esistenti sono tutti al Nord: in Veneto, in Lombardia e in Trentino, da dove siamo partiti. Sanifonds Trentino, istituito nel 2015 sull’esperienza positiva del fondo pensione complementare Laborfonds, è diventato operativo l’anno seguente. Uno dei suoi punti di forza è coprire una platea di lavoratori molto eterogenea: “Già oggi i nostri 43.000 iscritti, in larga parte dipendenti della Provincia, fanno riferimento a 27 accordi contrattuali diversi. E a questi, dal 2020, si aggiungeranno gli oltre 11mila lavoratori del fondo dell’artigianato trentino” spiega il Direttore di Sanifonds Trentino Alessio Scopa (che ha recentemente scritto del tema sul nostro portale, ndr).

Altre due peculiarità riguardano la gestione: la completa digitalizzazione dei processi e l’utilizzo di un software in cloud. “Queste scelte – prosegue il direttore – ci hanno consentito di minimizzare la carta, con il 70% delle pratiche gestite on line, e di promuovere con il consenso delle organizzazioni sindacali un innovativo progetto di smart working per tutti i collaboratori”. Non sono gli unici benefici. Essendo un fondo autogestito, che non esternalizza a un’assicurazione la copertura del rischio, Sanifonds ha sempre a disposizione tutti i dati relativi alle sua attività, per decisioni rapide, ma ponderate. “Siamo un vascello corsaro”, scherza Scopa, riferendosi alle caratteristiche dell’organizzazione che dirige.

L’equipaggio è composto da quattro dipendenti, tutti laureati tra i 25 e i 32 anni. “Il nostro ambiente – prosegue – è molto stimolante per i giovani: grazie alle piccole dimensioni, possiamo fare progetti sperimentali, scalabili per i livelli superiori”. L’alleanza per i dati che Sanifonds ha appena lanciato, insieme all’Università di Trento, ne è il perfetto esempio. Grazie ad un modello di analisi statistico sviluppato con l’ateneo, il fondo studierà i consumi sanitari privati territoriali, con l’obiettivo di fornire alla Provincia Autonoma di Trento dati utili per le politiche sanitarie.

“È uno dei primi progetti di questo tipo in Italia e le potenzialità sono straordinarie perché le istituzioni hanno i dati relativi alla sanità pubblica, ma non quelli sulle spese che le famiglie sostengono di tasca loro”, commenta Scopa. Gli altri enti ad avere questo tipo di dati sono le assicurazioni che offrono polizze sanitarie private ma, essendo la base del loro legittimo profitto, non hanno interesse a condividerli. Sanifonds invece vuole farlo, conclude il direttore, “affinché il pubblico li usi nell’ambito dei suoi processi decisionali. Ma anche per instaurare una collaborazione virtuosa tra sanità pubblica e sanità integrativa, evitando quelle dispute ideologiche secondo cui la seconda ruberebbe risorse alla prima”.


Questo articolo è stato pubblicato su Buone Notizie del 4 giugno 2019 ed è stato realizzato nell’ambito della collaborazione tra Percorsi di secondo welfare e il settimanale del Corriere della Sera.