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Venerdì 29 agosto nel corso del Meeting di Rimini si è svolto l’incontro “La riforma del terzo settore: verso una vera sussidiarietà?”, in cui si è discusso delle prospettive dal recente disegno di legge delega di riforma del Terzo settore. A confrontarsi sono stati il Presidente della Fondazione ANT Italia Onlus, Raffaella Pannuti, il Responsabile sviluppo servizi socio-sanitari del Gruppo Cascina, Luigi Grimaldi, e il Sottosegretario del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, con delega al Terzo Settore, Luigi Bobba.

Monica Poletto, Presidente di CDO Opere Sociali ha introdotto il convegno sottolineando come oggi il grande rischio che corre la politica sia quello di cambiare le norme che regolano il mondo non profit mortificando, sottovalutando o ridimensionando le sue enormi potenzialità. E’ per questa ragione che invece di parlare di grandi sistemi gli organizzatori dell’evento hanno scelto di incontrare due importanti realtà del settore affinché queste potessero raccontare le proprie aspettative per questa riforma, su cui il governo Renzi ha certo scommesso molto.

Raffaella Pannuti ha quindi raccontato delle attività di ANT, fondazione che si occupa di assistere a domicilio i malati terminali oncologici. “Al centro della nostra assistenza – realizzata grazie a personale qualificato stipendiato e un gruppo di oltre 800 volontari – c’è il principio dell’eubiosia, che significa letteralmente ‘buona vita’. Questa interessa il malato, ma anche la sua famiglia, perché intorno al malato ci sono persone che soffrono insieme a lui”. Nell’ultimo anno ANT ha seguito centomila malati di tumore, il 78% di questi fino all’ultimo giorno di vita, determinando non solo un supporto fondamentale per le famiglie ma anche un significativo risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale. “Forniamo un servizio pubblico, ma meno del 20% dei nostri proventi sono pubblici, cinque per mille compreso. Il resto ci arriva da donazioni” eppure “lo Stato non fa niente per alleggerire la burocrazia che ci è imposta quando cerchiamo di reperirli”. Pannuti ha quindi sollevato una domanda che si pongono molte organizzazioni in questo periodo di spending review: “cosa accadrebbe se lo Stato non riuscisse più a garantire neanche quella parte di fondi pubblici di cui abbiamo bisogno?”.

Luigi Grimaldi, che all’interno del Gruppo Cascina si occupa di assistenza a persone con fragilità sociali e sanitarie, grazie al suo “osservatorio privilegiato” ha sottolineato alcuni punti fondamentali cui la legge delega deve porre la massima attenzione. “Nel mondo del non profit la programmazione, sulla quale la legge fa leva per coinvolgere il terzo settore, è importante tanto quanto la rilevazione dei bisogni. Per questa ragione oggi non è più possibile ragionare per modelli, ma si deve ragionare per processi: bisogna per esempio spezzare la separazione tra competenze di tipo sociale e competenze di tipo sanitario”. In secondo luogo “abbiamo sempre più necessità di fare valutazioni sull’impatto della nostra azione”. Negli ultimi anni sono stati fatti passi importanti in questa direzione e quindi “con questa riforma non dobbiamo perdere il livello di maturazione che abbiamo raggiunto”. Grimaldi come terzo punto ha posto l’accento sulla responsabilità che comporta il garantire l’accessibilità ai servizi a una platea “sempre meno in grado di sostenerne il peso economico: se la risposta non sarà sempre più adeguata ai bisogni il rischio che corriamo è che la domanda venga mortificata”.

La parola è quindi passata al Sottosegretario Bobba, a cui Monica Poletto ha chiesto: “Una riforma del terzo settore dovrebbe essere sussidiaria anche nella sua genesi: come prevedete di sviluppare questo aspetto?”. “I punti essenziali del disegno di legge” ha iniziato Bobba “sono semplificare, riordinare e innovare: ad esempio abbiamo voluto facilitare l’acquisizione della personalità giuridica da parte delle realtà non profit. Vorremmo arrivare ad avere un registro unitario del Terzo settore e per questo intendiamo ricostituire una struttura di immissione dei dati presso la Presidenza del consiglio, anche per fare opera di vigilanza su tutto questo ricchissimo mondo”.

L’elenco degli obiettivi snocciolati da Bobba è ambizioso: “vorremmo riportare a un quadro unitario le tante leggi che sviluppate sono state approvate in questi anni, senza tuttavia cancellare le tipiche pluralità italiane che consideriamo un elemento di onore. Nel nostro Paese il Terzo settore ha dimostrato straordinarie capacità nel coinvolgere le persone in forma singola o associata, alimentando e rafforzando i legami sociali, sviluppando reti a livello locale e nazionale, mobilitando risorse e competenze, sperimentando approcci e soluzioni innovative”.

Attraverso il DDL approvato dal Consiglio dei Ministri, ha aggiunto Bobba, il Governo sarà delegato a riordinare le discipline di varie materie: il volontariato e la promozione sociale, da ridefinire secondo criteri di semplificazione e armonizzazione; l’impresa sociale (“per favorirne la diffusione e accrescerne le potenzialità anche sul piano occupazionale”), la delicata materia dei benefici economici, per dare stabilità e riordinare le diverse forme di sostegno pubblico e privato. L’esecutivo intende anche ripensare il servizio civile, “per offrire ai giovani l’opportunità di fare un’esperienza al servizio della Patria, eventualmente in parte anche all’estero, il cui valore formativo possa essere riconosciuto in ambito universitario ed occupazionale”. Bobba ha parlato anche dei rapporti instaurati con diverse realtà del Terzo settore, ricordando come “in questi mesi di lavoro il governo abbia affrontato un percorso condiviso, incontrando risposte critiche ma anche positive”che hanno valorizzato il lavoro svolto per la stesura del DDL.

A conclusione del suo intervento Bobba ha citato Robert Kennedy, che il 18 marzo 1968 disse: “il prodotto interno lordo non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi”. “Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”. “Ecco – ha concluso il Sottosegretario – credo che il Terzo settore sempre di più potrà darci la cifra di tutti questi aspetti che il PIL non riesce a misurare”.

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