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Il 9 e 10 novembre si è svolta la XII edizione delle Giornate di Bertinoro per l’Economia Civile, l’evento organizzato da AICCON che annualmente riunisce i maggiori rappresentanti del terzo settore, dell’università, del mondo imprenditoriale e delle istituzioni per discutere di Economia Civile. Il tema di quest’anno “Co-operare: proposte per lo sviluppo umano integrale” ha posto al centro dell’attenzione il tema della cooperazione, individuata, oltre che come forma imprenditoriale, come modello organizzativo e di governance in grado di fornire risposte interessanti alle problematiche che la crisi economica ci pone innanzi, e capace di gettare le basi per lo sviluppo del cosiddetto welfare civile. Proponiamo di seguito una breve sintesi di alcuni contributi forniti nel corso del dibattito, che nelle prossime settimane saranno pubblicati sul sito dell’evento, e a cui pertanto rimandiamo per ulteriori approfondimenti.

Perché conviene co-operare?

La sessione di venerdì mattina “Nuove strade per lo sviluppo: quando co-operare conviene” ha visto la partecipazione di Gianni Pittella, Vice Presidente Vicario del Parlamento Europeo, Mauro Magatti, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Enrico Giovanni, Presidente ISTAT, e Stefano Zamagni dell’Università di Bologna.

Pittella ha indicato le priorità che l’Italia dovrà perseguire per favorire lo sviluppo del settore, come la stabilizzazione del 5 per mille, l’accorciamento dei tempi di pagamento della pubblica amministrazione e la facilitazione dell’accesso al credito per gli enti non profit. L’esponente PD ha inoltre spiegato come nel nostro Paese troppo spesso si faccia riferimento alla scarsità di denaro pubblico per giustificare mancanze gravi da parte delle istituzioni: “chiediamo maggiori risorse, ma la realtà è che dimostriamo di non saperle spendere”. E’ il caso, ad esempio, di molte Regioni italiane, che hanno denunciato a più riprese la mancanza di risorse ma utilizzano meno del 25% dei consistenti fondi che l’Europa mette periodicamente a loro disposizione”. Pittella ha quindi spezzato una lancia a favore degli Eurobond affermando che, se i Paesi membri emettessero obbligazioni garantite sia dalle proprie riserve auree che dal proprio patrimonio pubblico, circa 3.000 miliardi di euro potrebbero essere utilizzati per effettuare grandi investimenti in Europa, in particolare nel settore della protezione sociale, e facilitare l’uscita dalla crisi.

Sul tema della crisi è tornato a più riprese anche Enrico Giovannini il quale ha affermato che, al di là delle difficoltà di natura economica, un grave problema per nostro Paese è rappresentato dall’inadeguata preparazione della classe dirigente. Coloro che si candidano alla guida dell’Italia non hanno infatti capito che occorre cambiare i modelli a cui far riferimento, e che bisogna prendere in considerazione strade innovative che tengano maggiormente in conto il ruolo degli individui, delle comunità e delle reti. “Bisogna allargare l’orizzonte temporale in cui prendere le decisioni come individui e collettività” e in questo senso il ruolo della politica diventa “altissimo”. Una delle strade per iniziare a cambiare gli approcci è sicuramente legato al tema della valutazione, che se adeguatamente svolta può permettere di individuare schemi importanti che già esistono nel Paese. In proposito Giovannini ha ricordato che il Censimento Istat sul non Profit e l’industria attualmente in corso potrebbe fornire informazioni molto importanti. Anche se i lavori di raccolta dati risultano essere un po’ indietro (solo 135.000 organizzazioni non profit hanno finora inviato il questionario di riferimento all’Istat) Giovannini si è detto fiducioso sul positivo completamento del censimento che “cercherà di misurare i timori, le aspettative, le motivazioni e gli ostacoli che spingono le imprese a cooperare o a non cooperare”.

Il sociologo Mauro Magatti ha spiegato come, per uscire dalla crisi, sarà innanzitutto necessario cambiare il nostro approccio culturale, ponendo particolare attenzione al concetto di libertà e responsabilità. “Dobbiamo prendere consapevolezza di ciò che la crisi ci insegna: la libertà individualistica basata sulla tecnica è parziale, insostenibile e produce conseguenze negative”, aggiungendo che “bisogna dare vita a una libertà educata a stare insieme con l’altro”. E’ per questo che la stagione che stiamo vivendo può rappresentare una grande occasione per il terzo settore, chiamato a uscire dalle proprie riserve e diffondere i valori e gli ideali che ne determinano le azioni.

Stefano Zamagni ha chiuso la sessione affermando come la cooperazione nei prossimi anni tornerà ad assumere un ruolo centrale per la nostra società. In quest’ottica “il terzo settore deve prendere iniziativa e smetterla di farsi considerare come la terza opzione”, il rimedio che viene dopo lo Stato e il Mercato. Anche per Zamagni, dunque, è necessario che avvenga un cambiamento culturale, che coinvolga anzitutto coloro che appartengono al terzo settore, che si rendano disponibili a “cambiare le proprie mappe concettuali, in moda da poter rispondere alle sfide cui ci troviamo di fronte”. Un nuovo approccio cooperativo potrà garantire l’importantissimo passaggio dal welfare state alla welfare society che, per mantenere valida l’idea dell’universalismo, dovrà necessariamente prevedere un grande coinvolgimento dei soggetti appartenenti alla società civile. Zamagni ha poi parlato di un importante provvedimento, attualmente al vaglio del Ministro dell’Economia Grilli, che permetterà alle realtà del terzo settore di fornire direttamente microcredito fino a un massimo di 25.000 euro, che consentirà un salto di qualità importantissimo.

Economia sociale e prove di nuovo welfare

Nel pomeriggio si sono poi svolte sue sessioni parallele. La prima “Market – Non Market: l’economia sociale al bivio”, è stata coordinata da Flaviano Zandonai, Segretario di Iris Network, e ha visto la partecipazione di Giorgio Gobbi, titolare Divisione Struttura e Intermediari Finanziari di Banca d’Italia, Giuseppe Guerini, Presidente di Federsolidarietà – Confcooperative, Leonardo Becchetti, Università di Roma Tor Vergata, Eleonora Vanni, Vice Presidente nazionale Legacoop Sociale e Sergio Gatti, Direttore Generale Federazione Nazionale Banche di Credito Cooperativo. Nel corso di questa sessione Giorgio Gobbi ha presentato i dati del rapporto tra la Finanza e il Terzo Settore relativi al quadriennio 2008 – 2012 . “Negli ultimi quattro anni” ha detto Gobbi “in una congiuntura economica particolarmente difficile, gli operatori del Terzo settore hanno continuato a ricevere credito a condizioni favorevoli. In particolare, la distribuzione del credito al Terzo settore, secondo i dati raccolti a giugno 2012, vede il 14,2% del credito erogato a cooperative sociali, il 21,2% ad Istituzioni ed enti ecclesiastici e religiosi ed il restante 64,6% ad altre istituzioni non profit al servizio delle famiglie”.

Nella seconda sessione “Prove di Nuovo Welfare: Società Civile, Filantropia e Volontariato” coordinata da Roberto Museo, Direttore CSVnet, si sono confrontati Francesco Montemurro, Direttore Ires CGIL “Lucia Morosini”, Bernardino Casadei, Segretario Generale di Assifero, Luca Fazzi dell’Università di Trento e Cristiano Gori, docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Molto interessante è stato l’intervento di Casadei che, pur ricordando l’importante ruolo svolto dalle filantropia istituzionale, ha sottolineato come essa non abbia la capacità di far fronte all’arretramento dello Stato. Spesso si pensa che le risorse degli enti di erogazione potranno sostituirsi a quelle garantite dal settore pubblico, ma questo è assolutamente irrealistico. Le fondazioni di erogazione possono tuttavia favorire la crescita di una nuova cultura del dono, che sviluppi relazioni e rapporti di fiducia interni alle comunità, che possa permettere di “sfruttare energie che la modernità non sfrutta”.

Lavoro, giovani e donne: quale ruolo per la cooperazione

Sabato 10 novembre si è svolta la sessione conclusiva dell’evento, introdotta da Giuseppe Frangi, direttore editoriale di Vita, a cui hanno partecipato Claudio Gagliardi, Segretario Generale Unioncamere, Carlo Borzaga, Presidente Euricse, Giuliano Poletti, Presidente Legacoop – Alleanza Cooperative Italiane, Linda Laura Sabbadini, Direttore del Dipartimento per le Statistiche sociali e ambientali dell’ISTAT, e Chiara Saraceno del Collegio Carlo Alberto di Torino.
L’ultimo appuntamento della due giorni è stato occasione, dopo essersi confrontati sugli aspetti più teorici, di analizzare numerosi dati riguardanti il mondo della cooperazione affrontando il tema “Liberare il lavoro. L’occupazione di giovani e donne nell’Economia Sociale”.

Claudio Gagliardi ha presentato i dati di Unioncamere relativi alla struttura professionale delle assunzioni delle imprese sociali. Gagliardi ha sottolineato come nelle imprese sociali l’assunzione di giovani (63% nel 2012) e donne (28,7%) sia preponderante, e decisamente superiore rispetto al dato relativo al restante mondo economico. Inoltre “si riscontra anche una forte incidenza di lavoro immigrato nelle imprese sociali, superiore al 20% delle assunzioni, che permette di riconoscere le imprese sociali come un potente veicolo di integrazione”. Le imprese sociali, oltre a favorire l’assunzione di giovani, donne e immigrati dimostrano un crescente interesse verso la qualificazione delle professionalità inserite in azienda. Esse infatti da un lato tendono ad assumere molti più laureati rispetto alla media nazionale (27,7% contro il 14%, un dato in crescita del 9% rispetto al 2011), soprattutto nei settori istruzione, sanità, cultura, sport, e nelle attività ricreative e collegate al benessere, dall’altro lato prevedono la formazione in entrata per l’80% delle figure professionali assunte.

Borzaga ha invece spiegato come i dati inerenti il mondo della cooperazione andrebbero analizzati con maggiore attenzione e rivisti al rialzo. Il numero di lavorati impiegati si aggira infatti sul milione e mezzo, ma in questa cifra non sono considerati molti settori che senza la cooperazione non potrebbero esistere. E’ il caso della aziende che operano grazie all’indotto della cooperazione, o di quei soggetti che, soprattutto nel settore agricolo, vengono considerati singolarmente pur rientrando in grandi realtà cooperative. Secondo Borzaga, se tenessimo conto di tutti questi aspetti i numeri della cooperazione potrebbero risultare addirittura il doppio rispetto a quelli ufficiali. Oltre che dal punto di visto quantitativo, la cooperazione dovrebbe essere oggetto di maggiore attenzione anche dal punto di vista qualitativo. Essa fornisce infatti condizioni di lavoro che, anche se spesso economicamente meno vantaggiose, garantiscono più equità, stabilità, fiducia e benessere sul posto di lavoro.

Sabbatini ha quindi presentato alcuni dati ISTAT relativi all’occupazione femminile nel settore della cooperazione, apprezzabili anche grazie all’intervento di Chiara Saraceno, che ha ben spiegato la posizione della donna all’interno della famiglia italiana in questo frangente storico e in prospettiva futura. L’attuale crisi del welfare sta gettando sulle famiglie una serie di oneri sempre più stringenti, e le donne appaiono quelle che più di tutti stanno portando il fardello di questa situazione. Serve una presa di coscienza delle problematiche legate a questa situazione, in modo che gli interventi istituzionali siano in grado di rispondervi positivamente.

Giuliano Poletti ha infine indicato alcune delle problematicità che attualmente contraddistinguono il mondo della cooperazione, come l’incapacità di generare forme contrattuali innovative che non si basino su quelle utilizzate in altri settori economici: “abbiamo implementato sistemi di altri che non tengono conto dei nostri valori!”. Occorre trovare un nuovo equilibrio all’interno del mondo della cooperazione che permetta di non mettere da parte le ragioni ideali su cui si fondano le realtà cooperative. A conclusione dell’evento Giuseppe Frangi ha presentato il volume “Del Cooperare. Manifesto per un nuova economia”, nato dalla collaborazione tra Vita e Feltrinelli.

Spunti di lavoro dalle Giornate di Bertinoro

Stefano Zamagni ha avuto il compito di concludere le Giornate di Bertinoro tirando le fila dei tanti interventi susseguitisi nel corso della due giorni. “Durante questa edizione” ha affermato “si è approfondito il concetto di sviluppo umano integrale, come sviluppo che si contrappone al concetto di crescita, e che riunisce tre dimensioni: una quantitativo-materiale, una socio-relazionale e una spirituale. La cooperazione in senso ampio è la via più efficace, anche se non la sola, per ottenere il bilanciamento di queste tre dimensioni”. Zamagni ha quindi indicato alcuni elementi fondamentali emersi nel corso dei lavori su cui occorre riflettere profondamente: la cooperazione aumenta il tasso di imprenditorialità, aumenta la mobilità sociale, riduce le diseguaglianze sociali, incrementa il capitale sociale, in particolare per quel che riguarda la dimensione della fiducia. I dati dimostrano come, dunque, la cooperazione possa rappresentare una importante leva di sviluppo e sia in grado di cambiare il modo con cui le persone si rapportano, producono e lavorano.

 

Riferimenti

Il sito delle Giornate di Bertinoro

Il sito di AICCON

La presentazione del volume "Del Cooperare. Manifesto per una nuova economia" sul sito di Vita

 

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