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Il mondo contemporaneo si presenta come un universo complesso, in cui gli importanti cambiamenti tecnologici, demografici, economici e politici portano, giorno dopo giorno, governi, cittadini, movimenti, aziende a ripensare strategie sempre innovative per rispondere a problemi che diventano via via più globali, e quindi più difficili da governare. Le questioni relative all’ambiente, alla pace sociale, al dialogo interculturale, alla ridefinizione dei criteri economici che governano ogni politica pubblica richiedono, per esser affrontate, una società civile forte, coesa e consapevole.

Il ruolo delle fondazioni in questo quadro diventa quello allora di rafforzare la società civile. Ciò di fatto ridefinisce il ruolo della filantropia nelle società contemporanee, perché le fondazioni vengono direttamente chiamate in causa assieme agli altri attori del Terzo Settore, nella qualità di catalizzatori per lo sviluppo e con un mandato di natura soprattutto educativa e formativa per la società in cui agiscono.

In Germania le fondazioni sono percepite, riporta uno studio promosso dalla Bosch Stiftung per i suoi 50 anni di attività, come un veicolo per coinvolgere e attivare l’azione delle società. Idea, questa, che è profondamente legata al concetto di democrazia, e che porta le fondazioni a dover affrontare la questione centrale della riallocazione delle risorse. In un Paese che conta sul suo territorio un grande numero di milionari, la redistribuzione di servizi e capitale necessariamente mira a coinvolgere privati e grandi gruppi industriali in progetti a favore della società civile. Lo strumento della fondazione diventa quindi non soltanto un mezzo per veicolare delle risorse, ma anche la via per influire sul cambiamento.

La normativa tedesca, poi, che di fatto agevola l’indipendenza e l’autonomia delle fondazioni rispetto agli interessi dei privati e dei grandi gruppi industriali, bancari e finanziari, rende le fondazioni libere di elaborare strategie e di inventare nuovi metodi che si adattino di volta in volta alle esigenze espresse dalla società. Questa opportunità consente anche un più agevole dialogo con i diversi soggetti e le diverse anime della popolazione, tale da portare a una ridefinizione dei rapporti tra stato, economia e società.


Il ruolo delle fondazioni tra il 19° e il 20° secolo

La rivoluzione industriale e l’ascesa sociale della borghesia nel corso del XIX secolo avevano stimolato, in Germania, sempre più l’iniziativa privata di stampo filantropico.

Nel 1900, dopo l’unificazione della Germania, la redazione del Codice Civile ha previsto, per la prima volta, l’introduzione del concetto unico legale di fondazione. La normativa, ancora in vigore, definisce le fondazioni come "soggetti dotati di personalità giuridica, senza membri o proprietari esterni, che possono avere o meno scopi caritatevoli e che possono agire in ogni settore", includendo quindi nello stesso quadro fondazioni private, bancarie, comunitarie o d’impresa. Il carattere federale della Repubblica tedesca si declina nelle diverse modalità di controllo da parte dello stato o delle regioni, mentre la supervisione spetta a specifiche agenzie governative e resta necessaria l’approvazione del governo per poter far nascere una fondazione – cosa che connota le fondazioni come istituzioni quasi-governative, anche per via del potere detenuto generalmente dai fondatori fin dalle prime pioneristiche esperienze filantropiche, che infatti per la maggior parte erano volte a rafforzare l’azione del governo piuttosto che a metterla in discussione ( Strachwitz, 2015). Nonostante questa connotazione piuttosto elitaria, il modello tedesco si impose su scala internazionale nel XIX secolo soprattutto a seguito dei viaggi degli americani in Germania.

Dall’inizio del 1900 fino agli anni ’30, la Germania assistette a una sorta di boom filantropico, che si spense durante la Prime Guerra Mondiale e, dopo un decennio più sereno, ancora nel periodo dalla Seconda Guerra Mondiale fino alla ricostruzione, in parte per effetto dei disordini sociali ed economici causati dalla guerra, in parte per gli ostacoli all’iniziativa privata introdotti dal governo nazista.

Durante gli anni ’50 il nuovo clima di fermento sociale e culturale portò di nuovo in auge filantropia e fondazioni al fine di elaborare una strategia di crescita e sviluppo, almeno per quanto riguarda la Repubblica Federale di Germania. Infatti contemporaneamente la Repubblica Democratica Tedesca visse, dopo il ’49, una situazione opposta, con la chiusura delle attività della maggior parte delle fondazioni sul territorio, lasciando alla Chiesa il compito dell’assistenza e dell’affiancamento della società civile nel processo di cambiamento. Questo scenario di contrapposizione durò fino alla fine della Guerra Fredda.

Con la caduta del muro di Berlino e la riunificazione delle due Germanie, la rinascita delle fondazioni nella Germania dell’Est ha costituito uno degli strumenti per favorire la riunificazione culturale e sociale, oltre che politica e geografica. La Bosch Stiftung, ad esempio, ha individuato in questo tema uno dei principali vettori per l’azione della fondazione, a testimonianza della presa di responsabilità da parte dei vari attori sociali in una delle sfide più importanti per la storia tedesca.

Scenari del presente

Dal 2003 al 2013 il settore delle fondazioni in Germania è cresciuto da 12.088 unità a 20.150. Circa due nuove fondazioni vengono fondate ogni giorno, registrando negli ultimi vent’anni un aumento del 70% (dati Association of German Foundation. Rorbert Bosch Stiftung, 2014).

Questa tendenza, comune a tutto l’occidente – basti pensare a come negli Stati Uniti il numero delle fondazioni attive dal 2011 al 2012 sia passato da 81.777 a 86.192 -, evidenzia la volontà di agire, anche da parte del settore privato, a favore della crescita sociale. Come negli Stati Uniti, anche in Germania si riscontra l’impegno delle fondazioni a promuovere azioni nell’ottica di lungo periodo, andando a muoversi soprattutto nella direzione dell’attivazione della società civile nella gestione dei problemi.

All’inizio del ‘900 Robert Bosch, padre della Bosch Foundation, una delle più importanti corporate foundation europee, era convinto delle potenzialità della filntropia nell’ambito della redistribuzione, tanto dal versante economico quanto da quello politico. Oggi la crescita esponenziale del settore delle fondazioni in tutto l’Occidente vede confermata questa visione dall’impegno del Terzo Settore nell’affiancare il pubblico, laddove carenze di politiche e finanziamenti, primariamente rispetto al welfare, rendono indispensabile la partnership con il versante privato, bancario e industriale.

Le dinamiche connesse ai cambiamenti tecnologici incessantemente in atto, la presenza di nuove forme comunicative in grado di mettere in relazione attori diversi, ha di fatto reso la società civile più consapevole del suo ruolo, proprio mentre il settore pubblico ha cominciato ad essere conscio delle potenzialità offerte dall’azione nel campo sociale di gruppi, privati, associazioni e imprese.

I dati dell’Association of German Foundation (in Robert Bosch Stiftung, 2014) forniscono indicazioni utili a chiarire questo punto: la crescita del settore delle fondazioni, infatti, coincide con una forte crescita dell’attitudine alla partecipazione e all’impegno civico (negli ultimi dieci anni + 40%), nonché con un nuovo modo della società civile di percepire se stessa come fonte di ispirazione e culla di idee in grado di favorire il cambiamento. Anche il Terzo Settore continua a crescere, con un volume di 616.000 tra organizzazioni, enti, associazioni e fondazioni registrati nel 2012 dalla ZiviZ Survey.  Dal 2000 a oggi, le attività e i programmi degli enti del Terzo Settore nei campi della cura, della cittadinanza, della solidarietà internazionale, dell’educazione e dell’istruzione, sono aumentati di più del 40%, poichè individuati come cardini dei processi di miglioramento futuri tanto per la società tedesca quanto per quella europea e internazionale.

L’enorme potenziale finanziario su cui la Germania può contare, da questi punti di vista, si basa sulla presenza di grandi industrie, ma anche sul fatto che sul territorio tedesco oggi risiedono più di un milione di milionari. Esattamente come in Svizzera, il bacino finanziario di questi soggetti può contribuire ad arricchire ulteriormente quelle che sono le strategie e le politiche progettuali, andando ad incidere sulla crescita della società civile attraverso piani di sviluppo lungimiranti.


Scenari del futuro

Per festeggiare i suoi 50 anni di attività, la Bosch Stiftung nel 2014 ha pubblicato lo studio “The Future of Foundations”, con l’obiettivo di interrogarsi, e di tentare una risposta, sulle sfide principali del settore delle fondazioni nel futuro. Per la ricerca, oltre all’utilizzo di dati forniti dall’ Association of German Foundations, sono state realizzate 60 intervista a rappresentanti delle fondazioni, a studenti di vari ambiti disciplinari, a consulenti e rappresentanti industriali di Europa e Stati Uniti.

Le questioni più rilevanti sollevate dagli intervistati hanno riguardato in primo luogo il tema dell’innovazione. Nel rapporto si sottolinea la differenza sostanziale tra i vecchi e i nuovi fondatori, specialmente rispetto ai metodi della comunicazione esterna, della disponibilità a fare network, della gestione delle risorse e dell’innovatività degli interventi. Infatti il settore delle fondazioni è da una parte percepito come eccessivamente conservativo, dall’altra caratterizzato da un certo isolamento tra le varie fondazioni. Da un punto di vista prettamente d’interesse, questo modo di fare da sé si collega direttamente alla funzione di ritorno d’immagine che le fondazioni hanno rispetto ai soggetti costituenti, ma pone in essere un gap da colmare, dal momento che per oltre il 70% degli intervistati sono proprio le partnership ad essere individuate come chiave di volta per azioni e programmi di successo. La riflessione, infatti, si sviluppa sulla constatazione che, per fronteggiare le sfide future le fondazioni dovranno dare un peso sempre maggiore al dialogo con le altre parti sociali per l’elaborazione di strategie comuni, condivise e coordinate.

Il futuro delle fondazioni, visto dalla Bosch Stiftung, dovrà inoltre riconsiderare i metodi di valutazione degli impatti e quelli di vigilanza, in rapporto specialmente alla richiesta di trasparenza che la società civile sempre più nei confronti di ogni ente o istituzione che si fa carico del bene collettivo.


Controversie

Anche il settore delle fondazioni non è esente da critiche.In primo luogo, infatti, si registra il bisogno di chiarezza intorno alle attività e ai programmi portati avanti. La difficoltà maggiore per raggiungere questo risultato riguarda soprattutto la valutazione d’impatto, ed è un problema connesso alle strategie adottate dalle fondazioni: una visione d’insieme in grado di indirizzare cambiamenti sul lungo termine determina maggiori complicazioni nelle valutazioni in itinere delle attività, proprio mentre, sul versante opposto, strategie basate sul breve periodo possono da un lato essere più facilmente osservate e analizzate, ma dall’altro la loro capacità di influire sui processi del futuro può risultare ridotta. Per questo motivo, spesso, si parla di una capacità d’azione potenzialmente estremamente efficace, che tuttavia in molti casi non viene sviluppata appieno, incontrando un freno nella reticenza alla collaborazione tra le fondazioni, e nella sovrapposizione di progetti con target simili o obiettivi affini non coordinati. D’altra parte ciò porta a dubitare dell’efficacia dell’azione delle fondazioni sul piano complessivo (Strachwitz, 2015), mettendo quindi in discussione il loro ruolo nell’attivazione di processi di cambiamento, nonché il loro status agevolato sul piano fiscale.

Un’altra delle critiche spesso avanzate al settore riguarda l’accusa di essere poco trasparenti. Per prevenire questo tipo di critiche la Svizzera si è dotata di un sistema di autovalutazione interno al settore, attraverso codici guidati dal principio assoluto di trasparenza che prestano la massima attenzione a eventuali conflitti d’interessi e alle relazioni tra il mondo interno delle fondazioni e quello esterno. In questo caso la Germania – come l’Italia, specialmente a seguito della riforma del Terzo Settore -, risponde con l’obbligo di rendicontazione dello stato delle finanze, della redazione del bilancio, del report sulle attività rispetto allo scopo della fondazione. Il limite di questa impostazione sta soprattutto nelle possibilità effettive di controllo e verifica da parte degli organi competenti. Sarebbe necessario, quindi, considerare ulteriori strategie per rafforzare l’immagine, e conseguentemente il ruolo, delle fondazioni nella società, magari anche guardando a modelli ed esempi come quello svizzero.

Ulteriore motivo di controversia risiede nella questione della legittimità: il ruolo pubblico e civile cui sono chiamati gli attori del terzo settore e del privato ha necessitato l’attivazione di incentivi, per lo più di natura fiscale, per favorire lo sviluppo del settore filantropico. Questo comporta, quindi, che le fondazioni si occupino di bene comune senza però che siano state legittimate da una votazione democratica, né che abbiano avuto mandato dalla società civile a rappresentarla e ad agire per essa. È un problema di non poco conto, che non interessa solamente la Germania, e che evidenzia come, nonostante la presenza di un gran numero di fondazioni attive che hanno come scopo quello della crescita della società, è ancora necessario lo sforzo del settore pubblico per coordinare policies in modo armonico e per indirizzare azioni rivolte al lungo periodo, continuando ad investire sulla crescita della società.

Infine, è ancora motivo di dibattito la questione etica che riguarda l’investimento delle fondazioni in progetti indirizzati all’estero. Da questo punto di vista i critici sottolineano come spesso il pericolo derivato da una regia inappropriata, senza collegamenti né dialogo con le popolazioni locali o adeguate riflessioni sui contesti in cui vivono le società interessate, possa generare azioni inefficaci e costose prive di benefici per le comunità locali.


Conclusioni

Al 2014, la Germania vantava il record europeo non solamente per il numero più alto di fondazioni attive, ma anche per la maggiore spesa di investimento in azioni di pubblico interesse, con 19.8 milioni di euro, circa il 70% in più rispetto all’Italia della rilevazione Istat 2011 (DAFNE/ EFC, 2014), e comunque in crescita in rapporto ai 17 milioni stanziati nel 2012. Con queste cifre, le fondazioni tedesche contribuiscono, molto probabilmente, circa al 25% delle elargizioni a scopo pubblico in tutta l’Europa.

Alla luce della storia e dell’importanza via via assunta nel tempo dalle fondazioni nell’ambito della società tedesca, possiamo individuare alcuni punti di forza che hanno portato la Germania ad essere il primo paese europeo rispetto al settore delle fondazioni.

In primo luogo risulta un punto di forza, specialmente in rapporto al dialogo con la società civile, l’indipendenza finanziaria e politica delle fondazioni, sia rispetto al mondo industriale ed economico, sia rispetto alla dimensione politica. La libertà di azione consente di intervenire sui bisogni laddove essi si presentano di volta in volta, sebbene i critici lamentino il rischio di compromissione dell’agenda politica governativa. Ciò nonostante, l’autonomia appare comunque come uno degli aspetti più rilevanti per giustificare l’importanza della filantropia tedesca nel suo contesto.

Il secondo punto di forza può essere individuato nella capacità di dialogare con gli organi decisionali. L’accompagnamento della società tedesca nel periodo di divisione prima, e nella ricostruzione della Germania riunificata poi, così come la capacità di inserirsi nel dibattito internazionale sulla questione della coesione sociale nazionale ed europea, denotano le potenzialità che le fondazioni hanno nel contribuire al rafforzamento della pace sociale.

Terzo punto di forza può essere considerato quello della lungimiranza. Studi come quelli condotti avanti dalla Bosch Stiftung rendono evidente la necessità di rispondere in modo sensato ai problemi tanto sociali quanto economici. Tema che necessariamente quindi ci riporta al ruolo primario che le partnership possono giocare nell’organizzazione di strategie e programmi efficaci.

Prendere questi tre elementi e ripensarli nell’ottica del nostro territorio, del nostro contesto sociale, economico e politico, potrebbe essere una delle strade da percorrere per implementare il valore, il peso sociale e l’efficacia delle fondazioni italiane. Soprattutto perché le valutazioni fatte nelle sedi tedesche sui problemi e sulle sfide future toccano da vicino anche l’Italia, nonché i destini della società europea. Pensare organicamente alle sfide e alle risposte, anche in un’ottica internazionale integrata, potrebbe aiutare governi, associazioni, imprese e singoli cittadini a fronteggiare il presente e il futuro.

 

Riferimenti

The Future of Foundations: A Study by Roland Berger Strategy Consultants on Behalf of Robert Bosch Stiftung, 2014.
Funding in the 21st century: Trends and Priorities in the Foundation Sector, 2014.
DAFNE/EFC [a cura di], Number of registered public benefit foundations in europe exceeds 141,000, 2014.
EFC legal and fiscal country profile: The operating environment for foundations GERMANY, EFC, 2014.
EFC legal and fiscal country profile: The operating environment for foundations ITALY, EFC, 2014.
Comparative highlights of foundation laws: The Operating Environment for Foundations in Europe, EFC, 2015.
Rupert Strachwitz, The Role of Foundations in Public Debates in Germany, American Journal of Economics and Sociology, Vol. 74, No. 4, September 2015.