6 ' di lettura
Salva pagina in PDF

In due articoli precedenti abbiamo già parlato di alcune esperienze di reti di impresa, come GIUNCA Gruppo Imprese Unite Nel Collaborare Attivamente a Varese e Rete del BioNetwork a Pavia. Riprendiamo ora il tema per illustrare la nuova normativa e “indagare” circa un possibile ruolo del contratto di rete a vantaggio del welfare per i dipendenti.

Cos’è il contratto di rete?

Con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere – individualmente e collettivamente – la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato, collaborando in forme e in ambiti attinenti all’esercizio delle proprie imprese, oppure scambiandosi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica, o ancora esercitando in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa. Il contratto può anche prevedere l’istituzione di un fondo patrimoniale comune, e la nomina di un organo comune incaricato di gestire – in nome e per conto dei partecipanti – l’esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso.

La normativa di riferimento

La disciplina del contratto di rete è contenuta nel Decreto Legge 5 del 10 febbraio 2009, testo che va integrato con le modifiche inserite con la Legge 134/2012, con il Decreto Legge 179/2012 e con la Legge 221/2012.

Le principali novità legislative prevedono che sia azzerata la commissione per l’accesso al Fondo di garanzia; che la responsabilità patrimoniale sia limitata al fondo comune; che siano utilizzati il modello standard tipizzato per la trasmissione al Registro delle Imprese e procedure semplificate per la comunicazione delle modifiche apportate al contratto di rete e che vi siano incentivi per l’internazionalizzazione; viene inoltre chiarito che il contratto di rete non ha soggettività giuridica salvo la facoltà di acquisto, rimessa a una scelta degli imprenditori. Tutte misure che vanno nella direzione di una semplificazione volta a consentire l’ampia diffusione dei contratti di rete.

Il contratto di rete deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, è soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante, mentre l’efficacia dell’atto decorre dall’ultima delle iscrizioni prescritte a carico di tutti coloro che ne sono stati sottoscrittori originari.
Gli elementi essenziali del contratto sono stabiliti dalla legge, e sono i seguenti: i dati identificativi dei partecipanti; la definizione degli obiettivi strategici di innovazione e di innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti e le modalità concordate tra gli stessi per misurare l’avanzamento verso tali obiettivi; la definizione di un programma di rete, che contenga l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante e le modalità di realizzazione dello scopo comune; le regole per l’assunzione delle decisioni dei partecipanti su ogni materia o aspetto di interesse comune; la durata del contratto.

La funzione del contratto di rete

Si tratta, dunque, di una forma di cooperazione interaziendale per unire competenze ed esperienze e ottenere vantaggi di scala. L’obiettivo è quello di compensare le difficoltà dovute alle scarse dimensioni che le PMI possono riscontrare sui mercati internazionali e negli investimenti per ricerca e sviluppo e, nel contempo, garantire livelli di autonomia e di identità. In Italia, secondo i dati Confindustria, il 95% delle imprese ha meno di dieci addetti. Ciò è dovuto alla prevalenza di un sistema imprenditoriale familiare e a una legislazione del mercato del lavoro che agevola le aziende con un numero di dipendenti basso, ma anche alla prevalenza di imprese in “fase di maturità”, vale a dire nello stadio in cui nuovi percorsi di innovazione non vengono intrapresi e i profitti originano dagli investimenti precedenti. Le dimensioni aziendali ridotte rendono però difficile lo sviluppo di prodotti e tecniche innovative, e limitano efficienza e la capacità di creare occupazione. Secondo Giuseppe Tripoli, garante per le PMI del Ministero dello Sviluppo, le imprese che hanno sottoscritto un contratto di rete mostrano, invece, un miglior posizionamento strategico in termini di brevetti, maggiori investimenti esteri e certificazioni di qualità più numerose.

Questo tipo di aggregazione è poi incentivata dal legislatore con vantaggi fiscali. La quota degli utili di esercizio prodotti negli esercizi fiscali 2010, 2011, 2012 che vengono accantonati ad apposita riserva e destinati alla realizzazione degli investimenti previsti dal programma di rete, infatti, godono di un regime di sospensione di imposta sui redditi (IRPEF e IRES) nel limite di 1 milione di euro per singola impresa e per ciascun periodo di imposta, di cui si può fruire esclusivamente in sede di versamento del saldo delle imposte sui redditi.

Alcuni casi di reti aziendali

Pur non essendo ancora molto diffuse, è tuttavia possibile individuare alcuni esempi di iniziative di rete, come riportato di seguito.
FIVE FOR FOUNDRY è un progetto commerciale nato nel 2008 come risposta alla crisi del settore metalmeccanico, con l’intento di incrementare le quote di mercato, colmare il gap competitivo e sondare nuove opportunità commerciali. Dalle cinque iniziali, le società associate sono diventate quindici e ora, primo caso in Italia, la rete ha incluso tre società straniere, di Francia, Polonia e Repubblica Ceca.
Il Bello della Meccanica, caratteristico perché oltre a dodici soci, tra cui tre società per azioni, coinvolge cinque Regioni – Lombardia, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo e Puglia – e un consorzio di ricerca universitario (il CRAISI), che si occupa in particolare di LCA (Life Cycle Analysis) e impatto ambientale. Questa rete ha circa settanta milioni di euro di fatturato complessivo, circa 300 dipendenti totali, oltre venti milioni di euro di capitale sociale versato.
TEKNE Community, realizzata dal gruppo Arvedi a Cremona, nasce per produrre innovazione del ciclo produttivo siderurgico, in grado di ottenere un prodotto dal riciclo del rottame ferroso, senza generare gas CO2, abbassando del 50% i consumi di energia e riducendo al minimo l’utilizzo dell’acqua. Qui lodevole è l’obiettivo di finanziare progetti di ricerca volti al risparmio energetico, allo sviluppo sostenibile, al miglioramento della qualità di vita.

Contratti di rete e welfare: quale nesso?

Un aspetto interessante derivante dalla creazione di reti di imprese è costituito dalla possibilità di condividere vantaggi che vanno oltre le singole realtà imprenditoriali coinvolte, e che possono riguardare non solo lo sviluppo e la crescita ma anche il benessere dei dipendenti, per arrivare ad avere anche ricadute sul territorio. Lo strumento della rete ha, quindi, delle potenzialità anche in tema di welfare. Ad esempio nel settore della sanità e della formazione, come illustrato dalle due esperienze Sanares e Gucci, che si riportano di seguito.

La rete Sanares, costituita il 30 novembre 2011 da 25 strutture aziendali (numero poi cresciuto a 30 a inizio 2012) e focalizzata sul settore socio-sanitario, aggrega imprese operanti nel territorio laziale e ha l’obiettivo di realizzare una strategia condivisa di prevenzione e diagnostica clinica. Questo progetto di rete è da segnalare per i vantaggi che un sistema integrato può portare agli utenti delle strutture sanitarie: prezzi standardizzati, migliore logistica in fase di erogazione della prestazione, comunicazione rapida dei dati sanitari.
Infatti, tra le fasi di attuazione della rete Sanares, vi sono diverse realizzazioni:

  • un Centro Unico di Prenotazione dedicato ai pazienti della Rete per migliorare l’offerta delle prestazioni, tramite una Banca Dati Centrale per tracciare le attività effettuate;
  • il Fascicolo Sanitario Elettronico di ciascun utente, alimentato dai dati sanitari provenienti dalle strutture socio-sanitarie della Rete e integrabile da parte dello stesso utente e da personale sanitario di altri poliambulatori;
  • un servizio di assistenza domiciliare integrata offerto non solo a singoli utenti ma anche ad istituzioni sanitarie pubbliche e private per pazienti con patologie croniche e invalidanti e per anziani.

Le imprese della filiera Gucci (di cui hanno recentemente trattato anche Luisa Corazza e Silvana Sciarra) hanno invece costituito alla fine del 2011 tre reti d’imprese differenti: la Rete P.re.Gi, acronimo per Rete Pelletterie Giancarlo, che associa sette imprese del settore della piccola pelletteria, la Rete Almax, che raggruppa altre otto imprese dello stesso settore, e la Rete Fair (Firenze accessori in rete) che include nove aziende che operano nel campo della borsetteria per un totale di oltre 200 dipendenti. Rispetto a queste tre reti Gucci funge da facilitatore per scambiare buone prassi e fornire consulenza in campo organizzativo, tecnologico, formativo e finanziario con l’obiettivo di evitare che le eccellenze della filiera della pelletteria vadano disperse.

Gli elementi chiave di questa rete sono:

  • la mappatura della filiera, relativa al primo e al secondo livello di subfornitori, che ha consentito il controllo sul rispetto diffuso delle condizioni normative e salariali e la creazione di un rapporto di maggiore vicinanza e interscambio tra subfornitori e impresa capofila;
  • l’istituzione della figura del manager di rete, una figura nuova che ha il compito di comprendere le esigenze delle imprese componenti la rete per consentire la successiva condivisione di interventi, ad esempio in tema di formazione. Questo è infatti un elemento essenziale all’interno delle reti di imprese e un aspetto cruciale nel caso in esame dato lo stretto legame tra il tipo di produzione – prevalentemente pelletteria di lusso – e le competenze artigianali esistenti sul territorio;
  • la cooperazione tra gli attori del territorio che ha portato alla creazione di un sistema che mette in comunicazione impresa, formazione e territorio attraverso l’Alta scuola della pelletteria. Ciò permette di formare le professionalità necessarie al mondo produttivo: così le imprese acquisiscono la manodopera qualificata necessaria a conservare l’affidabilità del marchio e nel territorio toscano non si disperde un patrimonio di professionalità, sino ad ora tramandato per via familiare e altrimenti destinato a scomparire.

La partecipazione degli attori sociali ha poi visto l’interazione costruttiva tra Confindustria Firenze, CGIL, CISL, UGL per accordi collettivi, volti a regolare la formazione e la flessibilità per realizzare condizioni di lavoro dignitose a garanzia di qualità del marchio. L’intesa tra le parti muoveva anche dalla volontà di valorizzare il percorso di responsabilità sociale avviato già nel 2004 con un accordo sindacale. Questo sistema innovativo ha consentito al sistema Gucci la difesa della produzione nazionale come alternativa alla delocalizzazione. La valorizzazione delle competenze territoriali come alternativa alla delocalizzazione mira ad aiutare la sostenibilità sociale ed allo stesso tempo anche l’efficienza produttiva. Si vede qui una opportunità di difesa dei posti di lavoro e di diffusione di un sistema territoriale di tutele, che per ora ha preso le mosse soprattutto sotto il profilo della formazione professionale ma che in futuro potrebbe aprirsi anche ad altri ambiti.

 

Riferimenti

Corazza L., Sciarra S., Reti di impresa e sostenibilità sociale nella filiera, Nel Merito, 1 marzo 2013

Tirabeni L., Reti d’impresa, Centro Einaudi, 6 febbraio 2013 

La normativa in materia di reti d’imprese

I vantaggi fiscali dei contratti di rete

La rete di imprese Gucci 

La rete Sanares 

Five for Foundry 

Tekne Community

Il bello della meccanica 

 

Torna all’inizio