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Come spiegato pochi giorni fa su questo sito da Gian Paolo Barbetta e Gianluca Argentin dell’Università Cattolica di Milano, il Progetto "Riunioni di Famiglia" è un esempio interessante di progettazione sperimentale oggetto di valutazione controfattule. Un caso raro, tanto più nel campo degli interventi di natura sociale, spesso considerati per definizione troppo “evanescenti” – vista la loro natura dinamica e relazionale – per poter essere oggetto di rigorosa valutazione dell’efficacia. Ma anche un esempio utile, che sottolinea l’auspicabile centralità dell’evidenza empirica nell’orientare le scelte di policy, soprattutto in un contesto che, caratterizzato dall’emergere di bisogni nuovi e dalla scarsità di risorse disponibili per farvi fronte, rende sempre più urgente capire quali politiche funzionano (e quali no).

Il progetto, che è il frutto di una collaborazione che ha visto coinvolti numerosi attori – il mondo accademico (Università Cattolica), i servizi (con l’Azienda Speciale Consortile "Comuni Insieme per lo Sviluppo Sociale", che riunisce i Comuni di Baranzate, Bollate, Cesate, Garbagnate Milanese, Novate Milanese, Senago e Solaro), la scuola (con la partecipazione di 14 scuole secondarie di primo grado del Bollatese), il terzo settore (le Fondazioni Cariplo e Peppino Vismara hanno contribuito al finanziamento del progetto), la Regione Lombardia (con l’ASL Milano 1) – è stato al centro del convegno organizzato il 3 dicembre scorso presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano: un’occasione preziosa per tutti gli attori coinvolti nel progetto per trarre un bilancio da questa innovativa esperienza di secondo welfare e provare a sviluppare alcune riflessioni sulle prospettive future.
 

Le Riunioni di Famiglia: processi relazionali e decisionali

Ma in che cosa consistono esattamente le Family Group Conference (FGC, o Riunioni di Famiglia)? A chiarirlo è stata Francesca Maci (Università Cattolica), profonda conoscitrice di questo strumento, nato negli anni ’80 in Nuova Zelanda nel campo della tutela minorile. Le FGC – spiega Maci nel suo libro – sono "un processo di decision-making orientato a valorizzare la capacità della famiglia di affrontare i problemi che incontra nel corso della propria vita, in particolare nella cura e nell’accudimento dei propri membri più piccoli, attraverso l’autonoma presa di decisioni circa le possibili soluzioni da intraprendere per far fronte a situazioni di difficoltà e crisi" (Maci 2011).

Applicate alla scuola, le FGC sono state immaginate come uno strumento, di natura essenzialmente preventiva, capace di intervenire precocemente in casi di "disagio scolastico" (manifestatisi in termini di frequenza eo rendimento scolastico, ma anche di difficoltà relazionali o di comportamento) che rischierebbero di cronicizzarsi e sfociare in fenomeni più gravi e particolarmente preoccupanti come l’abbandono scolastico. Oltre a essere preventive (e non risarcitorie), le FGC si configurano anche come interventi "leggeri" ed economici, concepiti principalmente per favorire l’empowerment degli individui.

In concreto, la riunione di famiglia non è altro che un incontro strutturato, che coinvolge il ragazzo, la sua "famiglia sociale" (non solo i parenti, ma anche figure di riferimento come l’allenatore), gli insegnanti, oltre a un "facilitatore" e un "portavoce" del ragazzo, tutti mobilitati per pianificare congiuntamente un dettagliato progetto di protezione e cura per il ragazzo. Il facilitatore è un professionista incaricato di curare tutta la regia del processo – che si suddivide in diverse fasi (come rappresentato nella Figura 1) – mentre il portavoce – ha spiegato Valentina Calcaterra (Università Cattolica) – è una figura che affianca il minore, aiutandolo a dare voce alle sue difficoltà, a concettualizzare i suoi desideri, ma anche a farsi portatore di soluzioni per il disagio provato.

 

Figura 1. Il processo della Family Group Conference. 

Fonte: Barbetta, Maci, Argentin (2015), p. 7.

Quali “lezioni” dalle Riunioni di Famiglia?

Nel complesso, i risultati prodotti dalle riunioni – misurati attraverso un insieme di variabili soggettive (catturate attraverso la compilazione di questionari da parte dei ragazzi, in tre diverse fasi temporali) e oggettive (legate al rendimento scolastico: note, voti ottenuti, assenze…) – sono stati largamente positivi (come illustrato in dettaglio in questo articolo e nella tabella qui sotto): le famiglie hanno mostrato di attivarsi di più, generando, in generale, una maggiore soddisfazione nel rapporto studenti-genitori.


Tabella 1. Effetti delle Riunioni di Famiglia sui diversi outcome, nel breve e nel medio termine, e confidenza statistica circa la loro effettiva esistenza. 

Fonte: Barbetta, Maci, Argentin (2015), p. 19. 


Ma al di là degli effetti positivi prodotti dal progetto e dalle sue possibili applicazioni nel mondo della scuola, quali lezioni è possibile trarre dall’esperienza delle Riunioni di Famiglia?Supportati dall’evidenza empirica, i diversi soggetti coinvolti nel progetto, dopo alcune inziali resistenze e perplessità, hanno riconosciuto l’utilità dell’applicazione di un protocollo sperimentale di tipo controfattuale a un intervento di politica sociale. Come ha sintetizzato Fabio Folgheraiter (Università Cattolica), la sorpresa positiva è stata che le FGC si sono dimostrate capaci di "reggere l’urto di una valutazione positiva". Un elemento non scontato, soprattutto se si pensa che gli interventi realizzati con le Riunioni di Famiglia – di tipo preventivo e relazionale, molto variabili in quanto altamente individualizzati e personalizzati – tendono a essere la negazione, sul piano teorico, della logica "clinica".

Guardando al modello di intervento applicato, il progetto – secondo Gian Paolo Barbetta – offre l’esempio di una "buona pratica" (verificata e non auto-dichiarata), capace di coniugare due elementi centrali, in prospettiva, per l’intera riforma del nostro sistema di welfare: la natura leggera e preventiva, dell’intervento, in contrasto con la logica "risarcitoria", che tende ancora a caratterizzare il nostro sistema di protezione sociale.

Ma le Riunioni di Famiglia hanno anche messo in luce l’importanza del ruolo giocato da soggetti del terzo settore come le Fondazioni che accettano di assumersi i rischi di un progetto veramente innovativo (quindi, per definizione, non necessariamente in grado di produrre i risultati attesi), e di restituirne in un secondo tempo i risultati a chi – soggetti pubblici – può trasformare un progetto in policy-making su più ampia scala. Proprio correre il rischio è l’incentivo per le Fondazioni a interrogarsi seriamente su e a investire maggiormente nelle attività di valutazione dei progetti finanziati, che – come sottolineato da Paolo Morerio (Fondazione Peppino Vismara) – rischiano altrimenti di tradursi in un insieme frammentato di interventi poco efficaci. Le Fondazioni possono infine offrire un contributo nella diffusione delle pratiche sperimentate e rivelatesi efficaci.

Come per ogni sperimentazione, anche per le Riunioni di Famiglia si pone ora il tema della prosecuzione delle attività, che – è stato annunciato – dovrebbero ricadere nel nuovo progetto europeo "Family Star". Sul fronte della valutazione, i ricercatori di IMPACT – il neonato Laboratorio sulla Valutazione delle Politiche della Cattolica – stanno sondando la disponibilità delle famiglie coinvolte nel biennio 2013-2015 alla somministrazione di questionari di follow-up nel corso dei prossimi 10 anni, così da valutare le possibili ricadute delle FGC nel lungo periodo, ad esempio sui tassi di dispersione scolastica.

Riferimenti

Barbetta G. P., Maci F., Argentin G. (a cura di, 2015), Quaderno del Convegno "Le Family Group Conference prevengono il disagio scolastico? Il Progetto ‘Le Riunioni di Famiglia’", Milano, 3 dicembre 2015

Maci F. (2011), Lavorare con le famiglie nella tutela minorile. Le Family group conference, Trento, Erickson

Barbetta G. P. e Argentin G., Si può valutare l’impatto degli interventi sociali?, secondowelfare.it (30 novembre 2015)