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Mercoledì 24 luglio le ACLI, in collaborazione con la Caritas italiana, hanno presentato la proposta per un “Patto aperto contro la povertà”. Alla conferenza tenutasi a Roma sono intervenuti rappresentanti di parti sociali, Governo e Terzo Settore, fra cui il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Enrico Giovannini; la Segretaria Generale della CGIL, Susanna Camusso, e Raffaele Bonanni, Segretario Generale CISL.

 

La proposta

Il punto di partenza del percorso di contrasto alla povertà in cui Gianni Bottalico, presidente nazionale delle ACLI, auspica la collaborazione di un’ampia platea di attori pubblici e del Terzo Settore è la proposta del Reddito di inclusione sociale (Reis), elaborata da un gruppo di lavoro coordinato da Cristiano Gori dell’Università Cattolica di Milano (si veda il rapporto finale).
L’insostenibilità della mancanza di uno schema nazionale di reddito minimo in Italia è ormai cosa nota. Quella del Reis non è la prima proposta a muovere in questa direzione (si veda il dossier). Fra le varie iniziative promosse dalla società civile sembra però di essere di fronte al progetto ad oggi meglio articolato. L’intento dichiarato dei promotori del Reis è infatti quello di fare tesoro delle esperienze maturate negli ultimi vent’anni per introdurre un “reddito minimo 2.0” che sia sintesi dei punti di forza emersi dalle passate sperimentazioni e osservabili negli altri paesi europei.

Il Reis si pone come strumento di contrasto alla povertà assoluta, che dovrebbe andare a sostituire gradualmente il frammentato universo di prestazioni categoriali che compongono l’inefficace assistenza sociale italiana. Destinatari, tutti i nuclei familiari legalmente residenti da almeno 12 mesi e che vivono al di sotto delle soglie di povertà assoluta fissate dall’Istat in base al costo della vita nelle tre macro-aree del paese: Nord, Centro e Sud. In totale, le famiglie in stato di povertà assoluta nel 2012 costituivano il 6,8% dei nuclei in Italia.

La componente fondamentale del Reis è il trasferimento monetario che andrebbe a colmare la differenza fra il reddito familiare e la soglia di povertà assoluta nell’area di riferimento (per avere un’idea, nel 2012 questa era di 807€ nel Nord, 786€ nel Centro e 593€ nel Mezzogiorno nelle aree metropolitane, da ricalcolare a seconda della composizione del nucleo familiare; per i Comuni sotto i 250.000 abitanti gli importi sono progressivamente inferiori). La componente di attivazione completa lo schema in modo da farne una misura non unicamente passiva, ma piuttosto volta al reinserimento dei destinatari nel mercato del lavoro col fine ultimo di renderli autonomi (dove possibile) dai trasferimenti pubblici. La disponibilità ad accettare un’occupazione offerta dai Centri per l’impiego è quindi requisito essenziale per tutti i beneficiari, mentre come tipici strumenti di avvicinamento fra domanda e offerta di lavoro vengono indicate attività di formazione e riqualificazione professionali.

La sussidiarietà al centro

Chiave di volta del funzionamento concreto del Reis è l’elemento di sussidiarietà, sia verticale che orizzontale. Verticale nel momento in cui il Reis costituisce un livello essenziale delle prestazioni ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, cardine del diritto all’assistenza sociale su tutto il territorio nazionale, mentre la gestione concreta dei trasferimenti e dei servizi connessi spetta ai Comuni.
Orizzontale perché si riconosce nella partnership fra attori pubblici e privati a livello locale la ricetta fondamentale per garantire capillarità ed efficienza dei servizi offerti ai destinatari del Reis. Proprio quest’ultimo punto sembra essere la componente distintiva ed originale del Reis, non a caso proposto da due attori cruciali dell’associazionismo filantropico che tanto sopperisce alle carenze del welfare italiano. La proposta promuove la collaborazione tra Comuni – responsabili della “regia complessiva” insieme all’Inps -, Centri per l’impiego e Terzo Settore, come anche con altri soggetti, a partire da quanti si occupano di formazione e lavoro. Alcuni degli attori chiave dell’universo del secondo welfare vengono dunque individuati come essenziale elemento di completamento dell’insieme di servizi volti all’attivazione e all’empowerment dei beneficiari: si tratta insomma di una presa d’atto dell’avvenuto mutamento del welfare mix che, se efficacemente coordinato, potrebbe sfruttare le già esistenti esperienze solidaristiche del Terzo Settore per arricchire il range di servizi rivolti ai cittadini in stato di bisogno andando oltre il mero assistenzialismo. D’altra parte, come ricordato nel suo intervento da Pietro Barbieri – Portavoce nazionale del Forum Terzo Settore – il Reis potrebbe finalmente costituire una risposta strutturale alla povertà da parte dello Stato, in un “incrocio fra universalismo dei diritti sociali e sussidiarietà” che sgraverebbe le famiglie e il mondo del volontariato da buona parte del peso che tradizionalmente si sono addossati.

Il finanziamento

La proposta include un intero capitolo sul finanziamento del Reis. A fronte di una spesa addizionale prevista attorno ai 6 miliardi di Euro (0,34% del PIL), nel rapporto sul Reis vengono individuati possibili interventi volti al suo finanziamento che permetterebbero di recuperare un insieme di risorse ben più ampio, compreso tra i 13 e i 18,8 miliardi di Euro. Questi interventi comprendono sia il risparmio derivante dalla razionalizzazione delle spese per l’assistenza (che si aggiunge a un considerevole aumento della target efficiency) che maggiori entrate (rigorosamente quantificabili) dovute a possibili nuove accise e imposte, ferma restando la centralità data a progressività ed efficienza delle misure suggerite. Il Reis andrebbe introdotto in modo graduale, spalmando su quattro anni la spesa prevista. Progressivo sarebbe anche l’allargamento del range di destinatari della misura, a partire da chi versa in condizioni più critiche, fino ad arrivare – al quarto anno – ad una copertura di tutti i nuclei in povertà assoluta. Importanza cruciale viene riconosciuta al monitoraggio e alla valutazione del provvedimento, per cui verrebbero stanziati circa 2,4 milioni dei 6 miliardi di Euro previsti per il finanziamento del Reis a pieno regime.

I prossimi passi..

Forti della propria esperienza in tema di contrasto alla povertà, ACLI e Caritas invitano pubblicamente tutti gli attori interessati ad unirsi in un percorso condiviso da sviluppare attorno al Reis, in modo da poter ulteriormente migliorare una già ben strutturata proposta e – in caso di un’auspicata adozione della riforma – da favorire un’ampia partecipazione istituzionale e civile a garanzia della buona riuscita di questo ambizioso progetto. Il Reis si aggiunge alla proposta di legge di iniziativa popolare sul reddito minimo depositata alla Camera lo scorso 15 aprile, come anche ad altre variegate voci che da anni denunciano il ritardo dell’Italia in merito all’adozione di uno schema di reddito minimo.
La questione è se e come la proposta verrà recepita dalla politica. Le parole con cui il Ministro Giovannini ha chiuso la conferenza del 24 luglio sembrano dare un segnale positivo in questo senso. Riconoscendo che “la condizione sociale è oggi il principale ostacolo alla crescita”, che scoraggia consumi e investimenti, Giovannini annuncia che, sul piano concreto, la sfida è ora quella “di condividere un piano (non più soltanto con ACLI e Caritas) con cui si possa andare a presentare in sede di legge di stabilità un programma a medio termine”.

 

Riferimenti

La proposta per un Patto aperto contro la povertà

La proposta di legge di iniziativa popolare sul reddito minimo

 

I nostri approfondimenti sul reddito minimo

Reddito minimo garantito: chiarimenti e riflessioni sul grande assente del welfare italiano

Social minimum in the new welfare state: minimum income protection in Slovenia

Rethinking poverty in the developed world: l’Euro dividendo

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