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Per ovviare ai limiti di un sistema di welfare inteso solamente in termini di welfare state, molti studiosi di politiche sociali sottolineano l’importanza di un approccio di ricerca del welfare che consideri complessivamente il ruolo dei diversi fornitori (provider) di trasferimenti monetari e servizi. Servizi sociali e tutela della famiglia vengono infatti regolarmente gestiti e finanziati anche da mercato, famiglia, terzo settore e imprese, che complementano così il ruolo dello stato, sopperendo in più casi alle sue mancanze. Da questo risulta il funzionamento di un sistema gestionale complesso, da più parti definito welfare mix, che sempre più rimpiazza la vecchia idea di welfare state (Esping-Andersen 1990; Kim 2009).
In questo articolo mi propongo di stabilire a grandi linee quale sia stato il ruolo delle imprese nello sviluppo del welfare mix in Corea del Sud . Tale analisi non può prescindere da una sommaria descrizione dei legami tra Stato, imprese e lavoratori durante gli ultimi tre decenni di democratizzazione e crescita economica del paese, aspetto questo che sarà affrontato nella prima parte dell’articolo. Seguirà una concisa descrizione di come si caratterizza il welfare coreano ai giorni nostri, per poi concludere con qualche dato che possa darci un’idea più precisa del ruolo delle imprese nel welfare mix coreano.

Breve excursus storico

La Corea del Sud è stata testimone di una crescita economica prodigiosa che l’ha catapultata dallo stato di paese del terzo mondo ai ranghi dei paesi più industrializzati nell’arco di soli trent’anni (a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 il tasso annuo di crescita economica oscillava tra i 7 e i 12 punti percentuali). Parallelamente allo sviluppo economico, procedeva anche la democratizzazione del paese; le prime vere elezioni democratiche dalla fine della dominazione giapponese dopo la guerra delle due Coree, infatti, furono tenute soltanto a partire dal 1987.

La nascita del welfare in Corea è dunque coincisa col periodo delle dittature militari dei generali Park Chung Hee (1961-1979) e Chun Doo Hwan (1981-1987) (Hong 2006). Chun, in particolare, si é avvalso della retorica della costruzione di un “welfare state” coreano alla stregua dei paesi avanzati occidentali, allo scopo di legittimare il proprio governo non-democratico. Stante un modesto incremento della spesa pubblica per il sociale, la vera strategia per il welfare del generale Chun consistette in un ampliamento della spesa sociale da parte delle imprese: nel 1981 il governo pubblicava allo scopo una lista di direttive sui servizi di welfare che almeno le aziende di grosse dimensioni avrebbero dovuto seguire per il welfare dei propri dipendenti (Yi 2011).
Le origini del welfare coreano vanno perciò rintracciate nell’originaria alleanza tra governo e grandi imprese (chaebol), una logica di policy che muove dall’alto verso il basso (top-down), ossia privilegiando le decisioni dei policy-makers (aziende e governo) a scapito delle istanze dal basso dei lavoratori. Il welfare aziendale diventava così un mezzo per il governo per garantire un allargamento della base di consensi, e al contempo la possibilità per le imprese di usufruire a piacimento della forza lavoro con orari prolungati di lavoro, ai limiti dello sfruttamento. La posizione relativamente debole dei sindacati, frammentati per aziende, non permetteva peraltro una rivendicazione collettiva di diritti sociali che fosse a più ampio respiro (Yang 2009). Questo welfare occupazionale agli albori dello sviluppo economico coreano costituì in seguito la base nella quale si poterono innestare le assicurazioni sociali (pensioni, salute, incidenti sul lavoro, disoccupazione) che oggi caratterizzano il sistema di protezione sociale in Corea.

A partire dal 1998, con l’avvento del primo governo di opposizione di Kim Dae Jung (1998-2003), il processo democratico si poteva dire concluso: a questo punto l’espansione della spesa pubblica per il welfare, un miglioramento della legislazione che tutelasse la sicurezza e i diritti dei lavoratori, e l’avvio del funzionamento a regime delle policies precedentemente avviate iniziavano a rendere i cittadini più consapevoli dell’importanza di politiche sociali a più ampio respiro. Questi ultimi sviluppi in senso “universalistico” si innestano comunque all’interno di un sistema in cui il welfare aziendale aveva mantenuto per diverso tempo un ruolo cruciale di sussidiarietà alle mancanze di uno stato sociale essenzialmente ”residuale”.

Il welfare coreano oggi

L’innesto "occupazionale" del welfare coreano ad oggi si riflette nella prevalenza delle assicurazioni sociali, basate sui contributi assicurativi di lavoratori e aziende (un modello, questo, che accomuna Corea del Sud, Giappone, e Taiwan ai paesi dell’Europa continentale, a differenza di Hong Kong e Singapore, più simili al modello anglosassone) (Holliday 2000). Nello specifico, le assicurazioni sociali in Corea sono concepite per proteggere i lavoratori dai rischi di vecchiaia, malattia, incidenti sul lavoro, disoccupazione e bisogno di cure a lungo termine in età anziana, e si sono istituzionalizzate solo negli ultimi 20-30 anni.

Così l’Assicurazione Pensionistica Nazionale copre i lavoratori dell’industria privata dal 1988, con le prime mezze pensioni erogate a partire dal 2008; l’Assicurazione per la Salute, istituita nel 1977, ha analogamente esteso la copertura dieci anni dopo, nel 1989; l’Assicurazione Compensativa per gli Incidenti Industriali, pur regolamentata da una legislazione precoce (1964), ha raggiunto una copertura quasi universale solo a partire dal 2000; e l’Assicurazione per il Lavoro, nata nel 1995 per proteggere principalmente i lavoratori a tempo indeterminato della grande industria, ha man mano esteso la propria copertura a fasce di lavoratori a tempo determinato, ed è stata più volte riformata per incorporare elementi di welfare-to-work, che promuovano l’occupabilita` dei disoccupati (Hong 2006). L’Assicurazione per la Cura degli Anziani a Lungo Termine, istituita nel 2008, è ancora in fase di rodaggio, in quanto copre solamente una minima parte degli anziani non autosufficienti. Anch’essa è comunque finanziata in gran parte dai contributi assicurativi dei lavoratori dai 40 anni in su.
In aggiunta al sistema di assicurazioni sociali, negli ultimi anni sono andate sviluppandosi numerose organizzazioni di welfare profit e non-profit. Nel 2009 veniva stimato che le strutture residenziali per gli anziani, i disabili, l’infanzia, e le persone affette da disturbi mentali fossero 2.000 in tutto; i centri di welfare multiscopo che forniscono servizi di welfare per l’infanzia, la vecchiaia, e le famiglie a livello comunitario sono stati stimati essere 400 su tutto il territorio nazionale. A ciò vanno aggiunte 130 strutture comunitarie per i disabili e 190 centri specializzati per la vecchiaia (Choi et al. 2009). Tali enti sono spesso sovvenzionati dallo Stato, ma la loro istituzione e i loro compiti dipendono soprattutto dall’iniziativa privata di individui o governi locali, dando origine a forti disuguaglianze a seconda della regione di residenza.

In generale, la persistente latitanza dello Stato nel farsi carico direttamente dei diritti di welfare dei cittadini, fa sì che siano i lavoratori a tempo indeterminato della grande industria, che vivono nelle regioni più ricche, a essere maggiormente tutelati nel sistema di welfare mix coreano. Le diverse possibilità di spesa sociale a seconda delle dimensioni d’impresa, in particolare, fanno sì che esistano ovvie disuguaglianze tra le grandi aziende (come Samsung, Hyundai, etc.) e le piccole/medie imprese, che non possono permettersi lo stesso livello di stipendi e benefit aziendali.

Qualche dato

Ma quali sono, nello specifico, i servizi di welfare offerti dalle compagnie coreane? Una sommaria operazionalizzazione del concetto é disponibile nel rapporto annuale sui costi del lavoro curato dal Ministero del Lavoro in Corea. Qui il pagamento degli stipendi é riferito in termini di “spesa diretta per il lavoro”, mentre il welfare occupazionale é definito come “spesa indiretta per il lavoro”. Tra queste ultime rientrano il TFR coreano, le spese di welfare obbligatorie per legge, quelle discrezionali fornite dall’azienda, le spese per il training e l’educazione dei lavoratori, e la voce “altro” (con la quale si intendono i pagamenti in servizi non monetari, le spese per l’assunzione dell’incarico di lavoro, le pubblicazioni all’interno dell’azienda, eventuali premi e incentivi, e il finanziamento di eventi nella giornata dei lavoratori).

Come si vede dalla tabella riportata sotto, il welfare aziendale occupa una fetta rilevante del costo del lavoro, per un ammontare in media del 20% sul bilancio della spesa complessiva media per il lavoro dipendente nel biennio 2009-2010 (Ministero del Lavoro 2011). Se in termini percentuali la proporzione di spesa dedicata al welfare occupazionale può apparire in leggero calo nel periodo 2009-2010 (dal 22% al 21,3%), questo é dovuto principalmente al fatto che la spesa sociale aumenta a ritmi più sostenuti dei livelli di aumento dello stipendio reale medio. E` comunque possibile osservare un leggero aumento della spesa complessiva per il welfare occupazionale tra il 2009 e il 2010 (+0,5%). Il calo più consistente tra le voci del welfare aziendale viene registrato nella voce “servizi discrezionali”, che dal 2009 al 2010 diminuiscono del 8,5%: questo può essere interpretato come un segno delle difficoltà aziendali in periodo di crisi economica, ma anche come un disimpegno delle aziende reso possibile da un maggiore coinvolgimento di Stato e enti profit e non profit in termini di spesa di welfare negli ultimi anni.

  Tabella 1: Costo del lavoro per settore (unità di misura: migliaia di Won, %)

Fonte: Ministero del lavoro della Corea del Sud (2011)

 

Conclusioni

Il welfare mix coreano si é sviluppato nella forma odierna ibrida dove lo scarso coinvolgimento diretto dello stato é stato reso possibile da una solida base di welfare occupazionale, diviso per azienda di riferimento, che solo successivamente é stata integrata da servizi profit e non profit su iniziativa comunale e individuale negli ultimi anni. A fronte di una crescente spesa sociale complessiva e la maggiore rivendicazione di diritti di welfare sull’arena politica, comunque, sembra che l’originaria impronta occupazionale del welfare mix coreano vada lentamente perdendo d’importanza.

A oggi, un dipendente della Samsung é sì maggiormente tutelato in termini di strutture e servizi (mensa aziendale, asilo nido, strutture sportive, sconti per lo shopping, oltre al TFR e alle assicurazioni sociali) rispetto ad altre compagnie, ma una maggiore stabilità per i lavoratori a tempo indeterminato é stata raggiunta a fronte di una diminuzione della spesa diretta del lavoro, per cui anche una carriera lavorativa che supera i dieci anni non sembra risulti in una differenza di stipendio così cospicua rispetto alle piccole e medie imprese. Il signor Oh, 39 anni e un’esperienza di lavoro di 13 anni presso la Samsung, afferma infatti di sentirsi “pienamente soddisfatto” delle stabili condizioni di lavoro presso l’azienda, con uno stipendio annuale inferiore ai 40 milioni di won (circa 28.000 euro) e un welfare occupazionale che, secondo la sua percezione, non supera il 10% delle sue entrate complessive. Questo potrebbe forse essere interpretato come un segno di come anche le grandi aziende coreane (chaebol) stiano livellando il livello di spesa aziendale diretta e indiretta, a fronte di un maggiore coinvolgimento dello Stato (Kim 2009).
 

Riferimenti

Choi, J., Choi, S., Kim, Y. (2009), “Improving Scientific Inquiry for Social Work in South Korea”, Research on Social Work Practice, 19(4): 464-471.

Esping-Andersen, G. (1990), The Three Worlds of Welfare Capitalism, Polity Press.

Holliday I.(2000), “Productivist Welfare Capitalism: Social Policy in East Asia”, Political Studies, 48(4).

Hong, I. (2006), Il percorso del welfare state in Corea del Sud. Tra crescita economica e istituzionalizzazione, Tesi di laurea V.O., Facoltà di Sociologia, Università di Roma, La Sapienza.

Kim, J. (2009), “Il sistema di welfare mix coreano”, in Discussioni sul carattere del welfare state in Corea, Ingangwa Bokji (in coreano).

Ministero del Lavoro Corea del Sud (2011), Rapporto sul costo del lavoro nelle imprese nel 2010, Ministero del Lavoro (in coreano).

Yi, I. (2011), “The state meets business”, in Ringen S., Kwon H.J., Yi I., Kim T., Lee J., The Korean State and Social Policy, Oxford University Press

Yang, J. (2009), “Perché i lavoratori della grande industria coreana non premono per la costruzione di un welfare state?”, in Discussioni sul carattere del welfare state in Corea, Ingangwa Bokji (in coreano)

 

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