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E’ stato presentato lo scorso 18 settembre il rapporto annuale del CNEL sul mercato del lavoro. Il Rapporto 2011-2012 ripercorre da un lato i cambiamenti intervenuti nella struttura produttiva e nel mercato del lavoro nazionali, e dall’altro tenta di offrire una previsione delle linee di tendenza per i prossimi anni. Lo studio evidenzia innanzitutto il deficit dell’industria che rende il nostro Paese meno produttivo di altre economie europee, introducendo il rischio di un lento processo di deindustrializzazione. Una condizione che ha inevitabilmente dolorose ripercussioni sulla domanda di lavoro. Dopo la stabilizzazione del 2011 l’occupazione continua infatti a scendere, con conseguenze drammatiche specialmente nel Mezzogiorno, e destinata ad aggravarsi a seguito della recente riforma pensionistica.

Il mercato del lavoro in Italia

Il Rapporto sottolinea la progressiva riduzione del numero dei dipendenti pubblici, che espone al rischio della contrazione dell’offerta di servizi alla cittadinanza, e la “femminilizzazione” del mercato del lavoro, che potrebbe però portare a un ampliamento delle possibilità occupazionali nel settore dei servizi alle famiglie. Come mostra la figura 1, le recenti difficoltà economiche delle famiglie italiane hanno provocato una ripresa del tasso di attività di chi era fuori dal mercato del lavoro, e specialmente delle lavoratrici donne, che sono aumentate di 111 mila unità.

Figura 1. Tasso di attività femminile e maschile, anni 1994-2012

Fonte: Rapporto sul mercato del lavoro 2011 – 2012, p. 78.

Altro fenomeno largamente presente è poi la crescita della quota di lavoratori stranieri, specialmente nelle mansioni non ricoperte dai lavoratori italiani come i settori ad alta intensità di lavoro e dei servizi assistenziali. La tabella 1 indica infatti che i settori in cui la mano d’opera straniera è aumentata maggiormente sono proprio l’industria manifatturiera, le costruzioni e i servizi alle imprese e alle famiglie. Il dato richiama il problema dell’invecchiamento demografico, che continua ad aumentare le esigenze legate alla cura degli anziani. I settori occupazionali stabili o in crescita appartengono infatti al terziario, mentre l’occupazione si è significativamente contratta nell’industria. La figura 2 mostra come all’interno del terziario le attività legate ai servizi alle imprese e nel settore degli alberghi e dei pubblici esercizi hanno prodotto nuovi posti di lavoro, ma i guadagni più importanti vengono registrati nelle aree della sanità, dell’assistenza sociale e delle collaborazioni domestiche.

Tabella 1. Incidenza % dell’occupazione straniera sul totale dell’occupazione in ogni settore, anni 2005-2008-2011

 

Fonte: Rapporto sul mercato del lavoro 2011 – 2012, p. 105.

Figura 2. Gli occupati nei servizi: variazione % 2007-2011


Fonte: Rapporto sul mercato del lavoro 2011 – 2012, p. 88.

La tabella 2 inserisce la situazione italiana in un’ottica comparata. La percentuale degli occupati che presta servizi presso le famiglie continua a crescere, e lo fa con una velocità superiore a quella dei paesi europei. Nonostante questo dato, dalla tabella 3 si evince che l’occupazione nel nostro Paese è ancora più orientata al settore industriale, mentre quello dei servizi rimane, benché in ascesa, meno sviluppato che nel resto d’Europa.

Tabella 2. Occupati – Servizi presso le famiglie

Fonte: Rapporto sul mercato del lavoro 2011 – 2012, p. 93.

Tabella 3. La struttura settoriale dell’occupazione nei paesi europei


Fonte: Rapporto sul mercato del lavoro 2011 – 2012, p. 100.

Un aspetto rilevante è infine quello dell’over-education, con conseguente “spreco” del capitale umano specialmente dei più giovani (e più istruiti). L’Italia, diversamente da gran parte dei paesi europei, presenta ancora una domanda di forza lavoro sensibilmente più sbilanciata verso le professioni manuali ed elementari, fenomeno che causa la mancata corrispondenza tra il grado di istruzione e formazione dei lavoratori e le caratteristiche della professione svolta. In base alla tabella 4, il 35.2 per cento degli occupati con meno di 35 anni è impiegato in lavori che richiedono una qualifica più bassa rispetto a quella posseduta a fronte del 12.6 per cento per gli occupati dai 55 anni in su. E le giovani laureate che risultano sotto-inquadrate sono quasi la metà.

Tabella 4. Occupati sottoinquadrati per titolo di studio, sesso, classe di età e ripartizione geografica, anno 2011


Fonte: Rapporto sul mercato del lavoro 2011 – 2012, p. 114.


Quali prospettive?

Il Rapporto intende proprio contribuire al dibattito circa le possibili soluzioni, con un occhio volto alle esperienze europee più significative, per sollecitare i referenti istituzionali e sociali a promuovere l’adozione di adeguate politiche attive per l’occupazione e l’invecchiamento.

Analizzando la tabella 5 e la figura 3, si evince chiaramente che – nonostante l’incertezza del contesto macroeconomico renda difficili le previsioni per il futuro – il quadro resta sfavorevole. “È certo quindi – si legge sul Rapporto – che le unità di lavoro cadranno nel 2012, e dunque che la stabilizzazione della domanda di lavoro osservata nel 2011 è stata, anche nell’ipotesi più ottimista, solo una pausa lungo un trend di discesa”. Come mostra la figura 4, la mancata crescita economica del Paese influirà sull’occupazione, ed è per questo necessario – conclude il Rapporto – ricorrere a un’ampia gamma di interventi, dalle misure incentivanti all’assunzione di dipendenti anziani e all’accesso alla formazione continua, fino all’attenzione agli aspetti di genere, attuata mediante l’adozione di interventi in grado di conciliare lavoro e responsabilità familiari.

Tabella 5. Stime di crescita per l’economia italiana Confronto fra previsori

Fonte: Rapporto sul mercato del lavoro 2011 – 2012, p. 256

Figura 3. Andamento e stime del prodotto interno lordo



Fonte: Rapporto sul mercato del lavoro 2011 – 2012, p. 257.

 

Figura 4. Andamento e stime del numero di disoccupati

Fonte: Rapporto sul mercato del lavoro 2011 – 2012, p. 265


Riferimenti

Il sito del CNEL

Il Rapporto

La presentazione del Prof. Carlo Dell’Aringa, Presidente REF Ricerche

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