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Lo scorso 14 settembre è stata presentata la ricerca “Consapevolezza, fiducia, crescita: le sfide dell’educazione finanziaria”, progetto del Centro Einaudi e di Intesa Sanpaolo, basato su interviste effettuate da Doxa fra gennaio e febbraio 2017. L’Indagine sul risparmio e sulle scelte finanziare degli italiani affronta ogni anno un tema monografico: nel 2017 l’attenzione si è concentrata sull’alfabetizzazione finanziaria, ovvero su livello di attenzione degli italiani in questo campo, le fonti dell’educazione finanziaria e le relazioni di questa con diverse variabili.

A riguardo, sono state svolte interviste a 1.024 famiglie detentrici di conto corrente bancario e/o postale o di una carta equivalente. All’interno della famiglia è stato intervistato il principale decisore in merito alle scelte sugli investimenti e sul risparmio (nel 81,7 per cento dei casi, il capofamiglia). Il campione selezionato è rappresentativo per classi d’età, professioni, titoli di studio e zone geografiche.

Un quadro in netto miglioramento

In linea con i dati registrati lo scorso anno, anche l’edizione 2017 dell’indagine conferma il rilevante miglioramento del quadro generale della salute finanziaria degli italiani. Particolarmente significativo il balzo dall’82 (del 2016) al 92 per cento della quota di intervistati che nell’anno in corso si è detto “finanziariamente indipendente”. La percentuale è ai massimi storici e sottolinea come le famiglie stiano riprendendo il controllo sulle proprie possibilità di spesa.

Passi in avanti si rilevano anche sul giudizio degli intervistati circa il rapporto fra sufficienza del reddito e tenore di vita. In un solo anno, si rileva un rialzo dal 47,2 al 60,8 per cento della quota di chi giudica sufficiente o più che sufficiente il proprio reddito e una diminuzione dal 17,2 al 9,8 per cento di chi invece ritiene insufficiente o del tutto insufficiente il proprio reddito (figura 1).

Fig. 1 – “Lei ha in questo momento un reddito sufficiente o insufficiente?”
(tenendo conto anche di pensioni, risparmi e altre fonti di reddito della famiglia; valori percentuali)

Fonte: Consapevolezza, fiducia, crescita: le sfide dell’educazione finanziaria

Si torna a progettare: aumenta la propensione media al risparmio

Le famiglie in grado di risparmiare crescono dal 40 al 43,4 per cento. Tra queste, le “risparmiatrici non intenzionali” – che sono cioè riuscite a mantenere il controllo del bilancio familiare – hanno recuperato circa un punto percentuale dal 2016, raggiungendo il 21,4 per cento del campione; si può affermare che la brusca contrazione iniziata nel 2012 sembra definitivamente superata.

Nel 2016 i risparmiatori intenzionali – coloro che hanno risparmiato con uno scopo preciso – erano un quinto del campione, quest’anno ritornano al 22 per cento, avvicinandosi alla cifra fisiologica. Il fatto che la crescita dei risparmiatori intenzionali sia superiore a quella dei risparmiatori non intenzionali indica che le famiglie stanno tornando a progettare ed è coerente con l’aumento della propensione media al risparmio, dal 9,6 all’11,8 per cento del reddito.


Il risparmio precauzionale segno di persistente incertezza sul futuro

Il dato sul risparmio precauzionale – ovvero volto a fronteggiare le incertezze – che aveva visto un rilevante incremento nel 2016, è tornato ai livelli degli anni precedenti.
Dall’analisi delle motivazioni al risparmio dei risparmiatori intenzionali (figura 2) emerge che il risparmio precauzionale è particolarmente presente nella fascia di età più giovane, più sensibile alla preoccupazione per l’incertezza sul futuro. I giovani, inoltre, tendono a non accumulare per la vecchiaia: il risparmio per l’età anziana, in aumento nel 2017 dopo la riduzione dell’anno passato, compare in generale a partire dai 35 anni di età, continua anche oltre i 65 anni ed è più presente nelle donne.


Fig. 2 – Le motivazioni del risparm
io (una sola risposta ammessa)

Fonte: Consapevolezza, fiducia, crescita: le sfide dell’educazione finanziaria

Risparmio previdenziale e altri investimenti di lungo termine

Il risparmio previdenziale cresce con un aumento dal 14,1 nel 2016 al 20,7 per cento nel 2017. Inoltre, mentre il 17 per cento degli intervistati occupati ha sottoscritto una forma di investimento previdenziale integrativo (+6 per cento rispetto al 2016), sale dal 6,7 al 19,1 per cento la quota di intervistati che giudicano sufficienti le entrate di cui disporrà al momento di andare in pensione, parallelamente ad una maggiore consapevolezza dell’impatto delle riforme sul proprio destino previdenziale.

Si rileva inoltre un allungamento dei tempi da parte degli investitori prima di ritirare le somme su un investimento: in un anno è passata dal 32,7 per cento al 37 per cento la quota degli intervistati disponibile ad attendere tre o più anni, segno di un crescente clima di fiducia.


Educazione finanziaria

Per l’approfondimento della parte monografica, è stato svolto un sondaggio specifico destinato a 540 italiani adulti maggiorenni, con a tema il grado di alfabetizzazione finanziaria, la sua formazione e le relative conseguenze.

Emerge innanzitutto come all’interno dei profondi cambiamenti in atto nel mondo finanziario, risulta sempre più difficile per gli intervistati comprendere il rischio delle proposte di investimento. Ciò aggrava il basso livello di alfabetizzazione finanziaria, rilevato sulla base delle risposte fornite alle cosiddette “big three” di Lusardi e Mitchell, tre domande di base per misurare il sapere finanziario relative a tassi di interesse, inflazione e diversificazione del rischio (figura 3).


Fig. 3 – Le big three della conoscenza finanziaria di Lusardi e Mitchell

Fonte: Consapevolezza, fiducia, crescita: le sfide dell’educazione finanziaria

Secondo i dati raccolti dal rapporto, solo il 22 per cento degli intervistati risponde correttamente a tutte le tre domande. Circa due terzi delle persone ha consapevolezza dei tassi di interesse; metà appena degli intervistati comprende correttamente cosa sia l’inflazione e cosa sia la diversificazione del rischio, ma buona parte di coloro che comprendono la diversificazione sbaglierebbe sugli altri argomenti. Oltre ad essere bassa, l’alfabetizzazione finanziaria presenta ampie differenze regionali, differenze di genere e soprattutto differenze collegate alla condizione professionale.

Troviamo infatti un divario tra il Sud-Isole e il resto dʼItalia, dove il Meridione riscontra maggiori difficoltà nel rispondere correttamente: il 16 per cento dei suoi abitanti risponde correttamente a tutte e tre le domande, contro il 28 per cento del Nord-Ovest, il 27 per cento del Nord-Est e il 18 per cento del Centro Italia. Le donne rispondono rivelando minor dimestichezza con gli argomenti finanziari e, forse, maggiore insicurezza. I lavoratori autonomi hanno un tasso di risposte corrette più elevato in tutte e tre le domande (1,82 contro 1,66 medio), seguiti dai lavoratori dipendenti e infine dai non occupati (categoria che raggruppa disoccupati, casalinghe, pensionati e studenti).

Per quanto riguarda l’educazione finanziaria, solo il 30 per cento ne ha ricevuta una dai propri genitori e appena il 5 per cento ha avuto a disposizione corsi di formazione finanziaria. La forma di educazione economica più diffusa è stato l’incoraggiamento a risparmiare ricevuto dalla famiglia (82 per cento) o l’insegnamento a programmare le spese (68 per cento).

Nella fase conclusiva l’indagine, si conferma che avere una buona conoscenza finanziaria migliora le scelte e, in prospettiva, la qualità della vita e favorisce la costruzione di una base economica più solida e utile alla vita di tutti i giorni.

Riferimenti:
Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2017
Altro materiale di approfondimento è disponibile sul sito del Centro Einaudi