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Oltre 1 milione di bambini vive in povertà assoluta. Pur con significative differenze regionali, l’offerta educativa e i servizi per l’infanzia sono in generale insufficienti, e a farne le spese (in termini di acquisizione delle competenze) sono soprattutto le fasce più disagiate. Questo il quadro delineato da Save the Children nel rapporto "Liberare i bambini dalla povertà educativa: a che punto siamo?" presentato a Roma lo scorso 9 maggio, in occasione della conferenza di rilancio della campagna “Illuminiamo il Futuro”.

L’indice di povertà educativa

Nel 2014, Save the Children ha introdotto in via sperimentale un indice volto a misurare il grado di povertà educativa dei minori (IPE) in Italia. L’IPE 2014 si focalizzava sull’offerta educativa a scuola e sulla partecipazione dei minori a una serie di attività ricreative e culturali. Quest’anno Save the Children ha proposto un nuovo IPE. Agli indicatori di privazione dell’offerta educativa, utilizzati per l’IPE 2014, se ne aggiungono altri relativi alle possibilità di apprendimento e sviluppo. Inoltre, si sostituiscono gli indicatori di partecipazione alle attività culturali e ricreative con l’indice composito elaborato dall’ISTAT per Save the Children e già presentato nel rapporto del 2015.

Il nuovo IPE (che essendo mutato non è comparabile con il precedente) si compone dei seguenti indicatori:

  • % dei ragazzi di 15 anni che non raggiunge i livelli minimi di competenze in matematica misurati attraverso i test OCSE PISA;
  • % dei ragazzi di 15 anni che non raggiunge i livelli minimi di competenze in lettura misurati attraverso i test OCSE PISA;
  • % dispersione scolastica misurata attraverso l’indicatore europeo “Early School Leavers;
  • % di minori tra i 6 e 17 anni che non hanno svolto 4 o più̀ attività ricreative e culturali tra le 7 considerate;
  • % bambini tra 0 e 2 anni senza accesso ai servizi pubblici educativi per l’infanzia;
  • % classi della scuola primaria senza tempo pieno;
  • % classi della scuola secondaria di primo grado senza tempo pieno;
  • % di alunni che non usufruisce del servizio mensa;
  • % alunni che frequentano scuole con infrastrutture inadeguate per l’apprendimento misurato attraverso l’indicatore OCSE PISA
  • % aule didattiche senza connessione internet veloce

L’IPE è stato ottenuto attraverso la media aritmetica dei punteggi in ciascuno dei dieci indicatori selezionati, standardizzati rispetto al valore di riferimento per l’Italia fissato a 100. La classifica riflette quindi il punteggio di ciascuna regione nell’indice rispetto al valore nazionale. Punteggi superiori a 100 indicano quindi maggiore povertà educativa. Il punteggio ottenuto da ciascuna regione è riportato nella tabella 1.
 

 Tabella 1: Indice di povertà educativa (IPE): la classifica delle regioni

Fonte:Elaborazione da Save the Children 2016, Liberare i bambini dalla povertà educativa: a che punto siamo?, pag. 15


I principali trend

La Sicilia e la Campania sono le regioni italiane con la maggiore povertà educativa. In questi territori infatti le opportunità educative e formative che consentono ai minori di apprendere, sperimentare, sviluppare capacità, talenti e aspirazioni sono estremamente ridotte. Alla Sicilia e alla Campania seguono, con un leggero distacco, la Calabria e la Puglia. Al contrario, le aree dove la povertà educativa è più ridotta sono Lombardia, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, queste regioni si caratterizzano infatti per un’ampia offerta formativa ed extracurriculare rivolta ai minori.

Guardando ai singoli indicatori, l’offerta di servizi per la primissima infanzia è nel complesso scarsa poiché interessa solo il 13% dei bambini, grave è l’assenza del tempo pieno (presente nel 68% delle scuole primarie e nell’80% delle secondarie di primo grado). Seriamente insufficiente è poi l’offerta di mense scolastiche (disponibili solo per il 52% degli alunni). Inoltre, secondo le indagini PISA-OCSE, il 59% degli studenti frequenta scuole dotate di infrastrutture insufficienti a garantire l’apprendimento. Di questo risentono in particolare i risultati ottenuti dai ragazzi: quasi il 20% dei quindicenni non raggiunge la soglia minima di competenze in lettura e il 25% in matematica, Il  tasso di dispersione scolastica è al 15% e, sebbene lievemente migliorato negli ultimi anni, è ancora molto lontano dalla soglia massima del 10% fissata dall’Unione Europea per il 2020 e al 5% per il 2030. Infine, nonostante il 28% delle aule non sia ancora dotato di connessione internet veloce, è da sottolineare il significativo miglioramento rispetto all’anno precedente (37% nell’anno scolastico 2013-2014).

Se si guarda alle regioni emerge un quadro estremamente frammentato. Come detto, in Italia, solo il 13% dei bambini tra gli 0 e i 2 anni frequenta un nido o usufruisce di servizi integrativi. Ma i divari regionali sono enormi: sono infatti 25 punti i percentuali che dividono l’Emilia Romagna (la regione con la più alta presa in carico, pari al 27%) dalla Calabria (2%).  Anche sulle mense scolastiche la maggior parte delle regioni è molto carente: la Sicilia è la regione con la minore disponibilità del servizio (80%), all’opposto, il Piemonte è quella con la migliore performance (solo il 28% non ce l’ha). Su questo tema è tuttavia necessario considerare che molti comuni non garantiscono la continuità del servizio ai non abbienti e limitano le esenzioni o le riduzioni del costo ai soli residenti, colpendo le fasce più esposte della popolazione.

Le attività extracurricolari

Oltre alle attività scolastiche, fondamentali per contrastare la povertà educativa sono le opportunità che provengono dal proprio contesto di vita. Come sottolinea Save the Children, andare a teatro o ad un concerto, visitare musei, siti archeologici o monumenti, svolgere regolarmente attività sportive, leggere libri o utilizzare internet, sono tutti indicatori dell’opportunità o, al contrario, della privazione educativa. A livello nazionale, ben il 64% dei minori nell’ultimo anno non ha svolto quattro delle sette attività citate. Il 17% ne ha svolta soltanto una, l’11% non ne ha svolta nessuna. Il 48% dei minori (6-17 anni) non ha letto un libro (ad eccezione di quelli scolastici) nell’anno precedente, il 69% non ha visitato un sito archeologico e il 55% un museo, il 46% non ha svolto alcuna attività sportiva. Se nel Sud e nelle Isole la privazione culturale e ricreativa è più marcata (si arriva all’84% della Campania), nelle regioni del Nord, questa privazione riguarda comunque circa la metà dei minori considerati. Solo le province di Trento e Bolzano scendono al di sotto di questa soglia (rispettivamente 49% e 41%).

Povertà materiale e povertà educativa

Il rapporto Save the Children conferma poi la correlazione tra povertà materiale e povertà educativa. Infatti, nelle regioni con i più alti livelli di povertà educativa si registrano anche i tassi di povertà più alti del paese. In Italia, i bambini che vivono in povertà assoluta sono 1.045.000 e si concentrano in particolare in regioni come la Calabria (quasi uno su quattro) o la Sicilia (poco meno di uno su cinque). La condizione di povertà materiale si ripercuote inoltre sull’apprendimento scolastico. La percentuale di coloro che non raggiungono le competenze minime in matematica e lettura è pari rispettivamente al 36% e al 29% tra coloro che vivono in famiglie con un basso livello socio-economico, ma scende al 10% e 7% tra coloro che provengono da famiglie più agiate.


L’intervento di Save the Children

Per contrastare la povertà educativa, nel maggio 2014, Save the Children ha lanciato la campagna “Illuminiamo il Futuro” volta a sensibilizzare le istituzioni e indebolire il fenomeno.

Dall’inizio della campagna Save the Children ha attivato in tutto il territorio nazionale i “Punti Luce”, ovvero spazi ad alta densità educativa che si trovano in quartieri svantaggiati e all’interno dei quali i bambini/ragazzi (di età compresa fra i 6 e i 16 anni) e le loro famiglie possono usufruire di diverse attività gratuite come ad esempio il sostegno allo studio, la partecipazione a laboratori artistici e musicali, il gioco e le attività motorie, la lettura, l’accesso alle nuove tecnologie, l’educazione alla genitorialità e consulenze pedagogiche, pediatriche e legali.

I Punti Luce hanno raggiunto nove regioni, interessando i comuni di: Catania, Palermo, Bari, Brindisi, Gioiosa Ionica, Scalea, Napoli (3 Punti Luce), Roma (2 Punti Luce), Genova, Torino, Milano (2 Punti Luce), Sassari. Ulteriori due Punti Luce saranno a breve realizzati a L’Aquila e a Potenza. Fino ad oggi, i Punti Luce hanno accolto complessivamente circa 5.500 minori. Nel 2015, sono stati più di 4.800 i bambini e ragazzi coinvolti nelle attività proposte, di questi quasi 3.100 sono iscritti e frequentano i centri regolarmente. Inoltre, Save the Children ha assegnato circa 500 “doti educative”. Si tratta di piani formativi personalizzati rivolti a bambini in condizioni di povertà, che prevedono un contributo economico (per l’acquisto, ad esempio, di libri e materiale scolastico), l’iscrizione a un corso di musica o sportivo, la partecipazione a un campo estivo o altre attività educative.

Quest’anno, la campagna è stata accompagnata dal lancio dell’iniziativa “7 Giorni per il Futuro”, una settimana (dal 9 al 15 maggio) in cui sono stati previsti circa 400 eventi dedicati ai bambini e alle famiglie. Le attività previste riguardano ad esempio la lettura di favole (nel centro storico di Gioiosa Ionica), passeggiate in bicicletta (Genova), il recupero degli spazi urbani (a Ponte di Nona a Roma), l’esibizione dell’orchestra “Sanitansamble” (Napoli), il battesimo della Vela (Palermo e Riva di Traiano), i laboratori scientifici (Museo Natura di Ravenna).


Riferimenti

Save the Children 2016, Liberare i bambini dalla povertà educativa: a che punto siamo?


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