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Il 28 gennaio il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge delega riguardante le norme relative al contrasto alla povertà e al riordino del sistema degli interventi e dei servizi sociali. Con l’approvazione del provvedimento (di cui tuttavia non è ancora disponibile il testo) si va profilando la prima fase del processo di ridefinizione delle misure che saranno messe in campo dal Governo nei prossimi anni e, al tempo stesso, è iniziato un acceso dibattito su quanto è stato conseguito e ciò che ancora resta da fare. Al comunicato stampa, che ha sintetizzato i contenuti della delega ed è stato diffuso dal Consiglio dei Ministri, si sono affiancate due interviste che hanno visto protagonisti il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, e il Direttore Generale per l’Inclusione e le Politiche Sociali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Raffaele Tangorra, cui ha fatto seguito una nota dell’Alleanza contro la Povertà in Italia in cui si criticano duramente i contenuti del disegno di legge delega e si chiede una profonda revisione. Cerchiamo allora di fare un po’ di ordine e di approfondire i contenuti del dibattito in corso.


Il disegno di legge delega

Il disegno di legge delega introduce una misura nazionale di contrasto alla povertà basata sul principio dell’inclusione attiva. La misura prevede, infatti, la predisposizione, per ciascun beneficiario, di un progetto personalizzato di inclusione sociale e lavorativa che si accompagna all’erogazione di un trasferimento monetario. Grazie alle risorse del Fondo per la lotta alla povertà e all’inclusione sociale (previsto dalla legge di Stabilità 2016), che deriveranno dagli interventi di razionalizzazione delle prestazioni assistenziali e previdenziali, questa misura sarà gradualmente estesa.

Gli interventi di razionalizzazione riguardano le prestazioni di natura assistenziale e previdenziale già sottoposte alla prova dei mezzi (escluse quelle legate alla disabilità del soggetto beneficiario) e introducono il principio di “universalismo selettivo” nell’accesso. I criteri seguiti si baseranno sull’ISEE. Infine, il disegno di legge delega prevede il riordino della normativa in materia di interventi e servizi sociali. L’obiettivo è quello di superare la frammentarietà delle misure e degli interventi in linea con i principi di equità ed efficacia nell’accesso e nell’erogazione delle prestazioni. In questo quadro, il disegno di legge delega ha previsto:

  • l’istituzione presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di un organismo nazionale di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali;
  • l’attribuzione al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali delle competenze relative al controllo del rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni, di cui questa misura di contrasto alla povertà dovrebbe far parte;
  • la promozione di accordi territoriali (che vedono protagonisti servizi sociali e altri enti o organismi competenti) per l’inserimento lavorativo, la salute, l’istruzione e la formazione;
  • il rafforzamento del Sistema informativo dei servizi sociali.


Le dichiarazioni di fonte ministeriale

In un’intervista a La Repubblica il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha spiegato più dettagliatamente alcuni dei contenuti del provvedimento. Come racconta Poletti, l’idea è quella di erogare un sostegno al reddito pari a circa 320 euro al mese a un milione di poveri. Questo trasferimento monetario si accompagnerà (come anticipato) a un piano per l’inclusione sociale. Infatti, sottolinea Poletti, “chi riceverà l’assegno dovrà impegnarsi contestualmente, come già accade nelle città che stanno sperimentando il Sostegno per l’inclusione attiva (SIA), a mandare i figli a scuola e ad accettare possibilità di lavoro”. La riforma dovrebbe andare a sistema dal 2017, tuttavia già da quest’anno potranno essere utilizzati i 600 milioni stanziati dalla Legge di Stabilità. Come sottolinea il Ministro, l’obiettivo è di far crescere nel tempo sia l’indennità sia la platea di beneficiari (si comincerà dalla famiglie con minori) fino a coinvolgere tutti i quattro milioni di italiani in condizioni di povertà assoluta.

Altre informazioni sulla misura emergono poi dall’intervista realizzata da Vita a Raffaele Tangorra, Direttore Generale per l’inclusione e le politiche sociali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. In primo luogo, Tangorra chiarisce il quadro delle risorse disponibili. In particolare, per il 2016, come previsto dalla Legge di Stabilità, ci saranno due misure:
1) l’Assegno di disoccupazioneASDI il cui decreto attuativo è stato pubblicato lo scorso 18 gennaio;
2) il Sostegno all’Inclusione AttivaSIA per il quale sono disponibili risorse utili all’estensione della sperimentazione (che fino ad ora ha riguardato 12 Comuni) a tutto il territorio nazionale.

Come chiarisce Tangorra, si tratta, per una parte, di risorse indicate nella Legge di Stabilità e, per l’altra parte, di risorse in precedenza attribuite alla sperimentazione per estensioni che di fatto non sono mai state attuate. In tutto, sono disponibili 750 milioni per il SIA e 600 milioni per l’ASDI. ASDI e SIA sono quindi le due misure alla base dell’avvio del Piano Povertà 2016. Per il 2017 le risorse disponibili ammontano invece a quasi un miliardo e mezzo, si tratta del miliardo stanziato con la Legge di Stabilità a cui si aggiungono i 200 milioni dell’ASDI e i 250 milioni della Carta Acquisti.

Per quanto riguarda l’accesso alla misura (sia per il 2016, sia per il 2017) priorità sarà data ai nuclei familiari con minori. Nel 2017, sulla base delle risorse disponibili, la misura potrà rivolgersi anche alle persone con difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro. Tuttavia, attualmente, chiarisce Tangorra, l’obiettivo principale è coprire i nuclei con figli minori. Nel complesso nel 2016 saranno coinvolte nell’estensione del SIA 1 milione e 150 mila persone. Per il 2017 sono invece prevedibili numeri superiori. A questi, vanno poi aggiunti i beneficiari dell’ASDI, poco meno di 100 mila persone.

A queste risorse si aggiungo quelle che derivano dai finanziamenti europei previsti dal primo Programma Operativo Nazionale (PON) dedicato esclusivamente all’inclusione sociale. Questi fondi saranno utilizzati principalmente per la costruzione delle infrastrutture necessarie all’implementazione della misura. In particolare, le risorse europee (più di 1 miliardo in sette anni) serviranno a rafforzare le reti territoriali dei servizi sociali. Tali reti sono infatti necessarie alla realizzazione dei progetti personalizzati di attivazione.


La posizione dell’Alleanza Contro la Povertà

Come anticipato, l’Alleanza contro la Povertà in Italia ha duramente criticato il disegno di legge delega. Come si legge nella nota diffusa il 1 febbraio “dopo le scelte positive nella legge di stabilità, la delega presentata dal Governo segna l’allontanamento dal percorso verso una misura nazionale rivolta a tutte le persone in povertà assoluta e capace di promuoverne realmente l’inserimento sociale, come il Reddito d’Inclusione Sociale (REIS). L’Alleanza contro la Povertà in Italia, pertanto, chiede una profonda revisione della delega” (pag. 1).

In particolare, secondo l’Alleanza, il disegno di legge delega allontana dal percorso intrapreso fino ad ora per tre ragioni. In primo luogo, la delega non prevede un incremento nel tempo dei finanziamenti. Infatti (se si escludono quelli provenienti dal riordino complessivo delle prestazioni assistenziali), non sono previsti ulteriori stanziamenti per la lotta alla povertà. In sostanza, non ci sono ipotesi di finanziamento che rendano possibile (prima del prossimo decennio) il reperimento dei 7 miliardi indispensabili per l’implementazione della proposta di REIS sostenuta dall’Alleanza. In proposito, l’Alleanza chiede che sia previsto un percorso di graduale incremento delle risorse che permetta di introdurre il REIS entro il 2019. L’Alleanza sottolinea poi la necessità di separare le azioni relative alla lotta alla povertà da quelle che riguardano la revisione dell’assistenza. Infatti, vista la rilevanza della questione dell’assistenza, un focus su di essa rischia di centrare il dibattito sulla revisione della spesa piuttosto che sui poveri.

In secondo luogo, nel quadro attuale, la misura adottata dal governo interessa solo 3 poveri su 10 e non si rivolge quindi all’intera platea di poveri. Al contrario, la proposta avanzata dall’Alleanza prevede di istituire il REIS attraverso un piano quadriennale (dal 2016 al 2019) che incrementi le risorse in corso d’opera e arrivi ai 7 miliardi necessari a raggiungere tutti i 4,1 milioni di persone in povertà assoluta. Se per il 2016 i fondi previsti dall’attuale Governo sono simili a quelli ipotizzati dall’Alleanza, il discorso cambia per il 2017. Infatti, la delega non prevede una crescita delle risorse disponibili, ma la stabilizzazione a 1,5 miliardi annui. Inoltre, secondo quanto dichiarato, e al fine di allargare il più possibile il bacino di utenza raggiungibile con 1,5 miliardi, i contributi monetari saranno piuttosto modesti. In questo modo la misura definita dal Governo raggiungerà circa il 30% dei poveri.

Infine, l’inclusione rischia di rimanere solo un obiettivo dichiarato. In particolare, questo è vero per quanto riguarda l’enfasi posta sulle misure di attivazione che dovrebbero accompagnare il trasferimento monetario. In proposito, la nota sottolinea che è necessario mettere in campo degli interventi volti a sostenere i territori (e in particolare gli enti locali) che sono chiamati a realizzare i progetti di inclusione. Tuttavia, per i servizi territoriali la delega prevede solo dei finanziamenti europei che, per loro natura, sono temporanei. Il miliardo e mezzo che dal 2017 sarà a regime, infatti, interesserà solo la parte passiva della misura, ovvero i trasferimenti monetari. Oltre che provvisori, i finanziamenti europei sono anche inadeguati, si tratta di circa 150 milioni l’anno. Infine, rimane da considerare che la provvisorietà di questi stanziamenti fa sì che lo Stato non possa definire regole volte a garantire la fruizione dei progetti di inclusione da parte dei cittadini. Non a caso questa questione è assente dalla delega. In sostanza, si chiede agli enti locali di costruire strategie per l’inclusione sociale senza dotarli di strumenti adeguati.

In conclusione, se da un lato le azioni del Governo hanno segnato un decisivo cambio di passo nel campo della lotta alla povertà (soprattutto per il fatto che i finanziamenti non sono più sperimentali ma strutturali e iscritti quindi stabilmente fra gli interventi di finanza pubblica) dall’altro molta strada è ancora da fare. Citando un articolo di Chiara Saraceno pubblicato su lavoce.info, dobbiamo infatti riconoscere che purtroppo è presto per dire che l’Italia si sia (finalmente) dotata di una misura strutturale di sostegno al reddito rivolta ai poveri. Le risorse infatti sono ancora troppo esigue e le famiglie beneficiarie saranno troppo poche.


Riferimenti

Comunicato Stampa Ministero

Intervista di Giuliano Poletti a Repubblica

Intervista di Raffaele Tangorra a Vita

Nota dell’Alleanza Contro la Povertà