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L’istituto Bertelsmann Stiftung ha recentemente pubblicato il terzo rapporto annuale sulla giustizia sociale in Europa (Social Justice in the EU – Index Report 2016), curato da Daniel Schraad-Tischler e Christof Schiller. Come per gli anni precedenti, il rapporto si basa sulla misurazione del Social Justice Index, un indice composto da sei dimensioni a cui sono attribuiti punteggi e pesi differenti in base alla loro centralità e importanza rispetto al concetto di giustizia sociale. Le dimensioni riguardano: 1) prevenzione della povertà; 2) equità nell’istruzione, 3) accesso al mercato del lavoro; 4) coesione sociale e non-discriminazione, 5) salute, 6) giustizia intergenerazionale. Le differenti dimensioni sono misurate con numerosi indicatori qualitativi e quantitativi e contribuiscono a offrire una visione complessiva della situazione della giustizia sociale nell’Unione Europea.

 
La situazione in generale

Il rapporto del 2016 conferma quanto emerso lo scorso anno. La maggior parte dei paesi europei ha registrato un piccolo miglioramento nell’indice di giustizia sociale, mentre solo quattro paesi – che peraltro si collocano nelle posizioni più elevate – hanno conosciuto un lievissimo peggioramento rispetto all’anno precedente. La dimensione che ha influito maggiormente su questo progresso è l’accesso al mercato del lavoro. In quest’ottica anche l’Irlanda e l’Italia, paesi che registrano tra i valori più bassi nell’indice, secondo i dati del Rapporto paiono aver trovato una strada di riforme e incentivi che sta iniziando a portare segnali incoraggianti nel mercato del lavoro.

 

Figura 1. Il Social Justice Index 2016 (clicca per ingrandire)Fonte: Bertelsmann Stiftung, 2016.

Si confermano con i punteggi migliori i paesi scandinavi – Svezia, Finlandia e Danimarca (Figura 1) – seguiti dalla Repubblica Ceca, i cui ottimi punteggi nella dimensione della salute e della prevenzione della povertà le hanno permesso di salire di una posizione rispetto all’anno precedente. Seguono poi Olanda, Austria e Germania (con ottime performance nella dimensione dell’accesso al mercato del lavoro).

La crisi economica globale ha giocato un ruolo fondamentale nel determinare l’andamento della giustizia sociale in molti paesi europei. Gli stati che hanno subìto maggiormente gli effetti dalla crisi (Spagna, Portogallo, Grecia, Italia, Irlanda) si trovano nelle posizioni più basse insieme a Romania, Bulgaria e Ungheria. Sebbene il piccolo incremento nell’indice di giustizia sociale sia stato registrato anche in questi paesi, tutti gli indicatori misurati presentano punteggi decisamente più bassi della media.

Nonostante il miglioramento generale, quasi nessun paese dell’Unione Europea è comunque riuscito a tornare ai livelli di benessere e giustizia sociale precedenti la crisi: solo Repubblica Ceca, Germania, Lussemburgo, Regno Unito e Polonia mostrano un piccolo miglioramento rispetto al 2008. In questi stati la crisi economica peraltro ha influito poco o nulla sull’andamento della giustizia sociale. Ad eccezione della Repubblica Ceca, nel triennio 2011-2014 tutti questi paesi hanno infatti conosciuto crescenti livelli di giustizia sociale dal 2008 ad oggi (Figura 2).


Figura 2 – Indice ponderato di giustizia sociale nell’Unione Europea Fonte: Bertelsmann Stiftung, 2016.

 


Le criticità legate al lavoro e alle migrazioni

Indipendentemente dal posizionamento nella classifica, tutti i paesi membri dell’Unione Europea presentano alcune criticità che riguardano in particolare il mercato del lavoro, cioè quella dimensione che nell’ultimo anno ha trainato la crescita della giustizia sociale in Europa. In primo luogo, la segmentazione si conferma come elemento strutturale del mercato del lavoro, sempre più caratterizzato da un forte dualismo che vede da un lato lavoratori atipici e precari – quasi totalmente privi di qualsiasi tutela – e dall’altro lavoratori assunti a tempo indeterminato e provvisti di tutele contro i principali rischi (malattia, infortunio, disoccupazione, pensionamento).

Il rapporto evidenzia inoltre l’aumento dei cosiddetti working poor, ovvero di quella parte della popolazione che, pur avendo un lavoro a tempo pieno, è a rischio di povertà. A livello europeo, la percentuale di “lavoratori poveri” sul totale dei lavoratori a tempo pieno è passata dal 7% nel 2009 al 7,8% del 2015. Anche la Germania, che ha ottimi punteggi nella dimensione del mercato del lavoro e ha visto il suo livello di giustizia sociale salire costantemente dal 2008 nonostante la crisi economica globale, è caratterizzata da una consistente percentuale di lavoratori poveri (7,1%).

Altra nota negativa che caratterizza tutti i paesi dell’Unione Europea è la scarsa capacità di gestire le conseguenze della crisi migratoria in corso, sia dal punto di vista delle politiche antidiscriminatorie sia da quello dell’integrazione dei rifugiati nel mondo del lavoro. Anche i paesi scandinavi, ai primi tre posti della classifica e tradizionalmente pionieri nel campo delle pari opportunità, non sono riusciti ad attrezzarsi con politiche e servizi capaci di trasformare la crisi migratoria in un’opportunità di crescita economica.


Giustizia intergenerazionale: la difficile situazione dei giovani

Un altro elemento tristemente confermato dal rapporto del 2016 è la difficile situazione delle giovani generazioni. Considerando esclusivamente i dati relativi a bambini e giovani, in nessuno stato europeo la situazione è migliorata rispetto al 2008 ed è decisamente peggiorata nei paesi maggiormente colpiti dalla crisi. Se a livello aggregato si evidenzia una lieve crescita della percentuale di popolazione giovanile a rischio di povertà o esclusione sociale rispetto al 2008 (da 26,4% a 26,9%), nei paesi maggiormente colpiti dalla crisi (Spagna, Grecia, Portogallo e Italia) la quota di bambini e giovani in questa condizione è aumentata significativamente passando dal 29,1% del 2008 al 33,8% del 2015.

Al contrario, nel caso della popolazione al di sopra dei 65 anni il rischio di povertà o esclusione sociale si è ridotto dal 23,3% del 2008 al 17,4% del 2015. Questo è principalmente dovuto al fatto che, anche se tra il 2008 e il 2015 le pensioni e i trasferimenti monetari rivolti alle persone anziane sono diminuiti, questa diminuzione è stata più lenta rispetto a quella che ha riguardato i redditi della popolazione più giovane. Come sottolineano gli autori, la partita della giustizia intergenerazionale si gioca quindi anche nel campo delle politiche pensionistiche, che dovrebbero essere in grado di rispondere alle esigenze delle persone anziane senza perdere d’occhio il futuro delle nuove generazioni di lavoratori e lavoratrici.

Un altro dato preoccupante riguarda l’accesso al mercato del lavoro dei giovani europei. In primo luogo, colpisce l’entità del fenomeno dei giovani NEET, ragazzi e ragazze tra i 15 e i 29 che non lavorano e non sono impegnati in percorsi di studio o formazione. Questa condizione, sintomo di un problema strutturale nel passaggio dalla formazione al mondo del lavoro, interessa una notevole percentuale di giovani in Europa (17,3%). Si tratta di un dato in calo rispetto all’anno scorso (18%) ma comunque maggiore rispetto alla rilevazione del 2008 (15%). Tale percentuale è poi elevatissima nei paesi mediterranei, come nel caso dell’Italia – con il tasso più alto – dove la condizione NEET arriva a coinvolgere quasi un terzo dei giovani (31,1%). In secondo luogo, i tassi di disoccupazione giovanile toccano cifre ancora più allarmanti: in Spagna e Grecia quasi la metà della popolazione giovanile è disoccupata (rispettivamente 49,8% e 48,3%). In Italia, nonostante la situazione sia leggermente migliorata rispetto all’anno scorso, il tasso di disoccupazione giovanile nel 2016 (40,3%) è quasi raddoppiato rispetto al 2008 (21,2%).


Come intraprendere la strada della giustizia sociale?

Gli autori indicano alcune possibili piste da seguire per contrastare i principali problemi emersi dalla loro analisi. Sulla base delle dimensioni e degli indicatori utilizzati, essi propongono un approccio multidimensionale secondo il quale il miglioramento in una dimensione è strettamente correlato al miglioramento delle altre.

Le azioni da intraprendere per accrescere la giustizia sociale devono essere tese a ridurre la povertà infantile e ad aumentare il livello di equità nell’educazione, cercando di contenere l’impatto del background socio-economico di un bambino sulla sua riuscita scolastica (miglioramento dei servizi di istruzione a tempo pieno e della qualità dell’insegnamento nelle scuole primarie e secondarie in zone dove le famiglie residenti appartengono a gruppi a rischio). L’attenzione, come reso evidente dai dati del rapporto, si deve concentrare anche sull’accesso al mercato del lavoro delle persone meno qualificate e dei giovani. È necessario rafforzare i percorsi di orientamento professionale e presidiare il passaggio dalla formazione al mondo del lavoro. Nel campo della giustizia intergenerazionale, oltre all’attenzione verso le politiche pensionistiche, i governi dovranno impegnarsi a ridurre il debito pubblico e incrementare i propri investimenti nel campo della ricerca e dell’energia da fonti rinnovabili.

Una lunga lista di impegni, che potrà aiutare gli stati membri dell’Unione Europea a consegnare alle generazioni più giovani un continente un po’ migliore di come lo hanno trovato.

Riferimenti:

Schraad-Tischler D., Schiller C. (2016), Social Justic in the EU – Index Report 2016. Social Inclusion Monitor Europe, Bertelsmann Stiftung

Fondazione Bertelsmann Stiftung