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A inizio ottobre presso la Sala Stemmi della Città Metropolitana di Torino, si è tenuto il secondo incontro regionale del progetto "Ci contiamo – SIA", promosso da ActionAid International Italia ONLUS. Il progetto, ponendosi in continuità con le attività laboratoriali avviate nel 2016, si propone di seguire e affiancare i vari ambiti sociali/distretti nell’implementazione della misura del SIA.

Nei paragrafi a seguire tracceremo una panoramica sulle misure a contrasto della povertà (SIA e REI) e una breve storia dell’evoluzione del progetto voluto da ActionAid, che si inserisce all’interno di un quadro complesso per affiancare gli attori cui è affidato il compito dell’attuazione delle misure. Proseguiremo con l’approfondimento dei temi che hanno guidato la giornata del 6 ottobre: le difficoltà quotidiane di ambiti e servizi territoriali e le buone pratiche da diffondere per rendere efficaci i processi di uscita dalla povertà e promozione dell’autonomia delle persone.

Cos’è il SIA

Il SIA (Sostegno Inclusione Attiva) è una misura di contrasto della povertà che, da un’ottica assistenzialistica, passa ad un’ottica orientata all’investimento sul capitale umano, sociale e relazionale dei soggetti coinvolti. Una forma sperimentale di SIA è partita nel 2013 sotto forma di Social Card sperimentale in dodici città italiane con una popolazione superiore ai 250.000 abitanti. A seguito della sperimentazione, il SIA è stato introdotto dalla legge n. 208 del 28 dicembre 2015 e disciplinato dal decreto del 26 maggio 2016 emanato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, e modificato dal decreto del 16 marzo 2017, per poi entrare in vigore il 30 aprile 2017.

Il SIA prevede un sostegno economico al reddito familiare, per nuclei con almeno un componente minorenne oppure un figlio disabile (anche maggiorenne) o una donna in gravidanza, sotto forma di una carta elettronica utilizzabile per l’acquisto di beni di prima necessità o per il pagamento agevolato delle bollette. Questo aiuto economico dipende dall’accettazione di un progetto personalizzato per tutto il nucleo familiare, che i servizi sociali territoriali costruiscono a seguito di una valutazione multidimensionale delle condizioni di partenza e in collaborazione con altri enti, come i Centri per l’Impiego, le scuole, le organizzazioni no-profit e soggetti privati. Tali progetti personalizzati mirano all’inclusione sociale e lavorativa dei nuclei coinvolti, nonché all’attivazione delle risorse (conoscitive, professionali e relazionali) già possedute ma magari non valorizzate o sottostimate da parte dei soggetti.

La dipendenza dell’aiuto economico dall’adesione al progetto delinea quella che si definisce “condizionalità”, che costituisce uno degli aspetti più controversi, e che è stato anche al centro della giornata del 6 ottobre: è infatti un concetto sul quale gli stessi operatori hanno idee molto differenziate e che si scontra con situazioni molto delicate, come quelle del lavoro irregolare. Approfondiremo meglio questo tema in seguito.

Il Progetto

All’inizio del 2016, in un contesto di preparazione all’avvio del SIA (ufficialmente partito il 2 settembre), parte il progetto-laboratorio di ricerca-azione “Ci contiamo”. Il progetto-laboratorio è promosso dal Consorzio IN.RE.TE. di Ivrea, con il finanziamento e la collaborazione della Città Metropolitana di Torino ed è realizzato da ActionAid e Art. 47 coinvolgendo sedici Enti gestori dei servizi socio-assistenziali della Città Metropolitana di Torino. La necessità cui “Ci contiamo” ha voluto rispondere era quella di riflettere e rendere operativi i concetti di attivazione e restituzione dei beneficiari, coinvolgendo i diretti protagonisti dei servizi nell’intraprendere un percorso prima di tutto di confronto e incontro, ma anche di riflessione attorno alle difficoltà riscontrate in ciascun Ambito e di condivisione delle buone pratiche messe in campo. Il punto di partenza del progetto-laboratorio è stata la considerazione che, per uscire dalla povertà, l’attivazione dei cittadini e il loro impegno nel progetto concordato con i Servizi e la restituzione alla comunità del supporto ricevuto fossero i due elementi chiave. Approfondendo questi due aspetti, la prima edizione di “Ci Contiamo” ha avuto come risultato la creazione di nuovi canali di dialogo, un approccio riflessivo sulle pratiche già in essere e l’elaborazione di nuovi strumenti nella prospettiva delineata dal welfare generativo.

La nuova edizione del progetto, chiamata “Ci contiamo – SIA”, si pone in continuità con il percorso già tracciato dalla prima edizione, ma si è concentrata sull’implementazione del SIA. Sull’onda della buona riuscita dell’edizione 2016, il progetto si è esteso, rivolgendosi non solo agli Ambiti dell’area metropolitana di Torino, ma a quelli di tutta la regione: partecipano al progetto 13 Ambiti (23 Enti gestori).

Ciascun Ambito ha contribuito alla realizzazione del progetto versando una quota dei fondi PON (Programma Operativo Nazionale – Inclusione) ricevuti sulla base di progetti volti a rafforzare i servizi sociali, a finanziare gli interventi socio- educativi e di attivazione lavorativa per gli utenti, a promuovere la collaborazione in rete e percorsi formativi all’interno degli enti gestori. Il sostegno dato per la realizzazione del progetto dimostra il vivo interesse di servizi ed enti nell’approfondire metodi e approcci per fronteggiare un compito difficile e spesso ostacolato dalla burocrazia o da difficoltà comunicative con altri enti e soggetti coinvolti.

La partecipazione di quasi la metà degli ambiti regionali, 13 su 30, ad un percorso incentrato sull’implementazione di una misura come il SIA attraverso l’incontro e il dibattito, rende il progetto di ActionAid un’esperienza unica; esso non è solo una grande occasione di crescita per i coordinatori o gli operatori dei servizi, ma ha anche un effetto diretto per quanto riguarda gli utenti, ad esempio la limitazione delle disparità di trattamento tra servizio e servizio, tra un territorio e un altro.

Gli obiettivi che configurano il progetto “Ci contiamo – SIA” per il periodo 2017/2018 sono quindi di due ordini:

  • Continuare ad affiancare Servizi ed enti gestori nell’implementazione del SIA come strumento di contrasto alla povertà, cercando di stimolare il confronto e la collaborazione tra i partecipanti con la condivisione delle loro esperienze;
  • Affiancare coordinatori ed operatori nel passaggio imminente dal SIA al REI (di cui parleremo a breve), e quindi nel ripensamento organizzativo e progettuale dei servizi a fronte dell’ampliamento della platea dei potenziali beneficiari.

Il primo incontro regionale, che ha avuto luogo prima dell’estate, ha visto coinvolti 43 referenti di ambito, mentre hanno partecipato 88 operatori sociali agli incontri territoriali, durante i quali erano presenti anche sette operatori dei centri per l’impiego referenti SIA – partecipazione che ha risposto alle esigenze operative evidenziate dagli enti gestori.

Verso il REI

La prima parte dell’incontro del 6 ottobre è stata dedicata al processo di cambiamento che porterà al passaggio dal SIA al REI (Reddito di Inclusione), istituito dalla legge delega n. 33, 15 marzo 2017, e dal decreto legislativo 29 agosto 2017. Il finanziamento del REI dipende dal Piano nazionale di lotta alla povertà, e dai fondi triennali stanziati dalla legge di bilancio 2018. È la prima misura di contrasto alla povertà a vocazione universale, almeno negli intenti, e, come il SIA, si comporrà di una parte di sostegno economico e di una parte di inclusione e attivazione sociale e lavorativa.

Le novità più importanti che introduce il REI rispetto al SIA, e che avranno un effetto diretto sull’operare dei servizi sociali territoriali, sono:

  • la compatibilità con l’attività lavorativa;
  • la compatibilità della misura con altri benefici, come l’assegno di disoccupazione, precedentemente fattori di esclusione;
  • l’erogazione del sostegno economico, che non sarà più legata esclusivamente alle strutture convenzionate, offrendo la possibilità di prelevare il contante per il 50% del beneficio;
  • il fatto che la definizione del progetto personalizzato per il nucleo precede (ed è condizione) dell’attivazione del sussidio.

Un altro elemento con il quale i servizi sociali territoriali dovranno fare i conti è il possibile aumento dei beneficiari: in termini di stime si passa dai 220.000-250.000 nuclei potenzialmente beneficiari del SIA ai 400.000 – 500.000 nuclei che potranno essere raggiunti dal REI. Nonostante questi numeri, come denuncia l’Alleanza contro la povertà, siano ancora scarsi a fronte del milione e 600.000 nuclei in stato di povertà assoluta in Italia, rappresentano comunque un’ulteriore sfida per i servizi che dovranno occuparsi della valutazione e dell’elaborazione e dello svolgimento di progetti personalizzati.

A livello di sistema, una delle principali novità del REI è l’istituzione della Rete protezione e inclusione sociale, che si articolerà in tavoli regionali e territoriali al fine di rendere omogenee le procedure armonizzando tra loro servizi collocati in territori diversi.

I limiti più evidenti riscontrati, invece, sono quelli legati alle risorse economiche destinate al REI, ancora insufficienti sia per volume sia perché di fatto non vengono raggiunti tutti i nuclei in condizioni di povertà assoluta; ulteriore limite è quello della percentuale di fondi destinata ai servizi, considerata troppo bassa rispetto al carico effettivo di lavoro e impegno; evidenziati sono anche i criteri troppo restrittivi quelli che riguardano la residenza e il soggiorno, specialmente per gli stranieri senza cittadinanza. Infine, un aspetto particolarmente problematico è quello della sostenibilità del sistema: infatti, per quanto riguarda il REI è ancora tutto fermo a livello attuativo, l’INPS non è ancora pronta e non c’è stata nessuna azione di implementazione e sostegno dei servizi.

Restituzione del lavoro territoriale e dibattito

La seconda parte dell’incontro è stata dedicata a tirare le fila del lavoro svolto negli incontri territoriali, che avevano come tema “Dalla condizionalità al patto”, e a porre le basi per determinare nei servizi sociali territoriali cambiamenti concreti emersi come cruciali. Tale parte è stata divisa in due momenti: la restituzione da parte dei membri dell’équipe di ActionAid dei punti salienti emersi negli incontri territoriali e il dibattito.

Il lavoro degli incontri territoriali precedenti (“Dalla condizionalità al patto”) si è focalizzato sul cambiamento di paradigma che porta da una visione della condizionalità come semplice binomio diritto/dovere, ad una visione incentrata sullo sviluppo del capitale umano e sulla dimensione sociale tanto dei diritti quanto dei doveri. Anche nel caso del REI la condizionalità è un perno fondamentale per l’accesso all’intervento: stabilire una logica di patto significa cambiare paradigmi, sia per quanto riguarda gli utenti, sia per quanto riguarda gli operatori. Per questo motivo tale tema si lega profondamente alla questione dei modelli organizzativi, dei tempi e delle strategie per intervenire in modo positivo nella vita degli utenti, delle famiglie.

In relazione ai modelli organizzativi, sulla base di quanto discusso durante gli incontri territoriali, sono emersi tre modelli:

  • nel primo modello, che risulta essere prevalente nonostante le sinergie richieste dal SIA, è stata creata un’unità di lavoro separata;
  • nel secondo modello, il SIA rientra nelle attività ordinarie del servizio;
  • il terzo modello è un modello misto che combina i primi due approcci.

Pare in questo momento prematuro valutare quale di questi modelli si sia rivelato più efficace, anche perché alcuni Ambiti che avevano in un primo tempo optato per un modello stanno cambiando approccio. È certo comunque che il confronto con i tentativi e gli “errori” fatti dagli altri ha permesso un affinamento della riflessione interna a ciascun Ambito in relazione al modello organizzativo migliore da adottare.

Condizione non sufficiente, ma necessaria, per cogliere la sfida del SIA è che, quale che sia il modello organizzativo adottato, si trovi un equilibrio nel quale, da un lato, chi è responsabile del SIA abbia gli strumenti e il riconoscimento necessari per innovare le pratiche del servizio sociale nel quale opera, dall’altro che il cambiamento passi per la comunità locale di riferimento, implementando un lavoro di rete in parte già in atto ma che necessita di essere rafforzato.

Una seconda questione affrontata riguarda il rapporto tra compiti ed obiettivi, nel quadro della progettazione personalizzata. A volte le procedure burocratiche e la “preoccupazione del fare” spingono ad concentrarsi su attività che i beneficiari debbono portare a termine, piuttosto che su obiettivi di medio periodo, condivisi i quali si può ragionare sulle attività necessarie per raggiungerli. In questo senso il fattore tempo diventa cruciale: se la durata di un intervento è di 3-4 mesi, è difficile ragionare per obiettivi, anche circoscritti, cosa che è invece possibile pianificando la progettazione su tutto il periodo di percezione della misura (12 mesi per il SIA e 18 per il REI).

Il tempo è stato un tema su cui ampio è stato il dibattito, non solo per quanto detto sopra, ma anche in relazione al disallineamento tra i tempi previsti per legge e quelli effettivamente richiesti per costruire con i beneficiari un rapporto di fiducia, per inserire gli stessi nella rete di opportunità sul territorio e per un intervento di comunità.

Un terzo punto rilevante affrontato è proprio quello della condizionalità. Benché da tempo i servizi sociali territoriali abbiano cercato di superare la logica assistenzialistica, il carattere normativo della condizionalità prevista dal SIA (poi dal REI) pone non pochi problemi, in particolare perché la norma non è stata accompagnata da una sufficiente preparazione degli Ambiti in merito. È quindi normale che essa venga intesa dai diversi Ambiti e, a volte, da diversi operatori all’interno dello stesso Ambito, in modo differente.

Particolare criticità, rispetto all’applicazione della condizionalità, assumono situazioni quali quelle del lavoro irregolare dei beneficiari: escludendo i casi nei quali il lavoro irregolare è una scelta consapevole del soggetto e determina entrate che lo pongono al di sopra della linea di povertà – situazioni queste, peraltro, piuttosto rare – nella maggior parte dei casi tali attività sono una risposta “obbligata” alle necessità di sbarcare il lunario, per lo più subite e che peraltro indicano da parte della persona in questione un buon livello di “attivazione” rispetto alle opportunità; ovviamente, al tempo stesso, tali attività sono al di fuori della legge, determinano una sperequazione nell’accesso al beneficio e, in un’ottica di uscita dalla situazione di povertà, pongono ostacoli nell’intraprendere percorsi di rafforzamento delle competenze e nell’ ingresso nel mercato del lavoro formale.

Piste di lavoro

L’ultima parte dell’incontro è stata dedicata ad un lavoro di gruppo finalizzato a validare tre piste, nate in esito al lavoro territoriale e che sono proposte agli Ambiti per un approfondimento:

  1. la creazione di un testo condiviso per presentare la condizionalità ai nuovi beneficiari SIA/REI;
  2. la definizione di modelli di progetto personalizzato, impostato su obiettivi e corredato di indicatori di risultato, caratterizzato da condizionalità graduali e dall’uso di tutto il tempo disponibile (12 mesi);
  3. l’identificazione di azioni e strategie specifiche per rafforzare le équipe che lavorano sul SIA in ciascun Ambito.

Tra queste tre piste di lavoro ciascun Ambito percorrerà quelle che ritiene prioritarie, mediante un lavoro interno e il confronto con l’équipe ActionAid.  Il risultato di questo processo, che ha dirette implicazioni operative nell’azione dei servizi sociali territoriali, sarà condiviso con gli altri Ambiti partecipanti nel corso dell’ultimo incontro di “Ci contiamo – SIA”, previsto per gennaio.