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Percorsi di Secondo welfare è un Laboratorio di ricerca che si propone di alimentare e diffondere il dibattito sui cambiamenti in atto nel welfare italiano, studiando, approfondendo e raccontando dinamiche ed esperienze capaci di coniugare il ridimensionamento della spesa pubblica con la tutela dei nuovi rischi sociali, in particolare attraverso il coinvolgimento crescente di attori privati e del Terzo Settore. Nato nel 2011 come progetto di ricerca afferente al Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi di Torino e realizzato in partnership con l’Università degli Studi di Milano e il Corriere della Sera, dal 2020 Percorsi di secondo welfare ha assunto una forma giuridica autonoma divenendo Associazione di promozione sociale. Dallo stesso anno è stato riconosciuto anche come Lab afferente al Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano

Il Laboratorio opera in quattro aree sinergiche e interconnesseRicerca, Informazione, Formazione e Accompagnamento – offrendo strumenti adeguati alle esigenze di cittadini, organizzazioni e istituzioni che a vario titolo si interessano ai cambiamenti in atto nel campo del welfare.

Grazie a un costante e articolato lavoro di approfondimento svolto dal suo gruppo di ricerca, il Laboratorio finora ha curato decine di working paper e ricerche ad hoc, partecipato a centinaia di eventi pubblici, curato numerosi articoli scientifici e realizzato migliaia di articoli di approfondimento raccolti sul portale del Laboratorio, oltre ad aver contribuito a realizzare numerosi incontri, seminari e convegni intorno ai temi del secondo welfare. Le principali ricerche svolte sono sintetizzate e raccolte nei Rapporti sul secondo welfare in Italia, documenti di ricerca biennali che, oltre a una rassegna delle esperienze di secondo welfare più interessanti presenti nel nostro Paese, offrono interpretazioni e valutazioni delle dinamiche sviluppatesi negli anni intorno a questo fenomeno.

Il Laboratorio svolge le proprie attività grazie al supporto di importanti partner istituzionali – tra cui fondazioni, aziende e parti sociali – appartenenti ad ambiti diversi ma egualmente interessati a comprendere come sta cambiando il nostro welfare. Negli anni ha inoltre costituito un network composto da realtà di varia natura che si occupano di ricerca, formazione e disseminazione su vari temi legati al secondo welfare.

Di seguito è possibile approfondire le ragioni che hano condotto alla nascita di Percorsi di secondo welfare, i temi che intende affrontare e gli obiettivi che si pone in tal senso.

 


 

Ragioni, obiettivi e prospettive di Percorsi di secondo welfare

Sempre più spesso in Italia nascono e si sviluppano programmi di protezione e investimenti sociali a finanziamento non pubblico che si aggiungono ed intrecciano al welfare pubblico, integrandone le carenze in termini di copertura e tipologia di servizi. Queste esperienze di secondo welfare coinvolgono attori economici e sociali – quali imprese, sindacati, enti locali, organizzazioni del terzo settore – capaci di affiancarsi al primo welfare, di natura pubblica e obbligatoria, che negli ultimi anni si è trovato sempre più in difficoltà nel rispondere ai crescenti rischi e bisogni sociali dei cittadini. Percorsi di secondo welfare vuole essere uno spazio di ricerca, raccolta e analisi di quelle best practices che possano favorire il dibattito e la condivisione di quelle esperienze che, oggi più che mai, risultano cruciali al fine di conciliare con successo la necessità di un ridimensionamento della spesa pubblica con la tutela dei nuovi rischi sociali.


Il contesto: il welfare state sotto pressione

Come in molti altri Paesi europei, anche in Italia il welfare state si trova oggi soggetto a due grandi pressioni che condizionano l’efficacia delle sue azioni. La prima proviene dai vincoli di bilancio che, oltre a impedire incrementi di spesa, impongono misure di contenimento dei costi che molto spesso vanno a colpire il fronte degli interventi sociali. La seconda è invece connessa alle rapide trasformazioni della struttura dei bisogni sociali, in particolare per quel che riguarda dei cosiddetti “nuovi rischi” – non autosufficienza, precarietà lavorativa, mancato sviluppo o obsolescenza del capitale umano, esclusione sociale e difficoltà di conciliazione fra responsabilità lavorative e familiari, soprattutto per le donne – cui il welfare pubblico pare oggi incapace di fornire risposte adeguate.

A questa doppia pressione i governi europei hanno provato a rispondere facendo ampio riferimento alla Strategia di Lisbona promossa dall’Unione Europea, orientandosi in particolare verso interventi di “riequilibrio” interno della spesa sociale. In quest’ottica quasi tutti i Paesi UE hanno cercato di riformare i propri sistemi di protezione sociale: hanno messo mano al sistema pensionistico, soprattutto per rispondere alla sfida demografica e ai problemi di sostenibilità finanziaria futura; hanno riformato i mercati e le politiche del lavoro nazionali; hanno cercato di promuovere “investimenti sociali” per donne e bambini, non-autosufficienti e individui poveri ed indigenti. Il bilancio complessivo di questa pur importante stagione di riforme resta però insoddisfacente. Ad esclusione dei Paesi anglo-scandinavi, la struttura interna della spesa sociale è infatti ancora molto simile a quella di dieci anni fa nella maggior parte d’Europa.

L’Italia ad oggi presenta ancora una spesa pensionistica iper-trofica e forti squilibri a sfavore delle politiche orientate a rispondere ai rischi e bisogni sociali del cosiddetto “nuovo welfare”. La strategia di modernizzazione sin qui seguita si basava, forse, su una premessa troppo ambiziosa ed irrealistica, quanto meno sul piano politico. Prendendo atto dei vincoli finanziari, si era dato per scontato che le riforme potessero avvenire unicamente attraverso “ricalibrature” interne al welfare pubblico: meno pensioni, più servizi sociali; meno ai padri, più ai figli; meno risarcimenti, più opportunità. Qualche passo in questa direzione, come detto, è stato fatto ma la via della ricalibratura si è scontrata con l’enorme forza di resistenza degli interessi costituiti intorno ai cosiddetti “diritti acquisiti”.


Lo sviluppo del secondo welfare

Dove guardare quindi per consentire una transizione verso un sistema maggiormente inclusivo e orientato a rispondere ai nuovi rischi e bisogni sociali che contraddistinguono la nostra società? Una strategia promettente oggi appare essere quella del secondo welfare: mix di protezioni e investimenti sociali a finanziamento non pubblico, fornite da una vasta gamma di attori economici e sociali collegati in reti caratterizzate dal forte ancoraggio territoriale, ma aperte al confronto e alle collaborazioni trans-locali, che vanno progressivamente affiancandosi al primo welfare di natura pubblica ed obbligatoria.

Per meglio comprendere quali siano i tratti salienti del secondo welfare è anzitutto utile comprendere quali siano le differenze rispetto al primo welfare, in cui figurano i regimi di base previsti dalla legge e i regimi complementari obbligatori di protezione sociale che coprono i rischi fondamentali dell’esistenza, ovvero quelli connessi alla salute, alla vecchiaia, agli infortuni sul lavoro, alla disoccupazione, al pensionamento e alla disabilità. Nell’ambito del primo welfare rientrano quindi le prestazioni e i servizi considerati “essenziali” per una sopravvivenza decorosa e per un’adeguata integrazione nella comunità, nonché per garantire il godimento dei diritti fondamentali di cittadinanza.

Nella sfera del secondo welfare, invece, rientra il settore della protezione sociale integrativa volontaria, soprattutto nel campo delle pensioni e della sanità, nonché quella parte dei servizi sociali – con confini da definire pragmaticamente: bisogno per bisogno, territorio per territorio, comunità locale per comunità locale – che il settore pubblico non è oggi in grado di garantire. In quest’ottica primo e secondo welfare non devono essere visti come due compartimenti stagni, ma come due sfere fra loro intrecciate, che sfumano l’una nell’altra a seconda delle politiche e delle aree di bisogno e in cui la seconda si configura come integrativa rispetto alla prima.


Attori, risorse e prospettive del secondo welfare

Quando si parla di secondo welfare, dunque, non si tratta di sostituire spesa pubblica con spesa privata, ma piuttosto di mobilitare risorse aggiuntive per rispondere a bisogni e aspettative crescenti in un contesto socio-economico sempre più complesso, di cui più sopra sono stati delineate le principali problematicità. Il welfare statale – i suoi fondi, il suo personale, i suoi standard di prestazione – non viene messo in discussione nella sua funzione redistributiva di base, ma integrato da risorse provenienti dall’esterno e destinate laddove vi sono domande non soddisfatte.

Tali risorse – in primis economico-finanziarie, ma anche organizzative e umane orientate all’innovazione sociale – possono essere fornite a diverso titolo da un’ampia gamma di attori: assicurazioni private e fondi di categoria, il sistema delle imprese, i sindacati, il variegato mondo del terzo settore, gli enti locali, fondazioni bancarie e altri soggetti filantropici. Tendenzialmente orientato a rispondere alle esigenze di specifiche categorie, gruppi di persone e comunità territoriali, il secondo welfare dovrebbe svilupparsi su un pavimento regolativo definito a livello locale e, successivamente, a livello nazionale e comunitario.

Per la sua stessa natura, il secondo welfare deve essere infatti ispirato da logiche di sviluppo spontaneo, basate su iniziative associative, sperimentazioni contrattuali e di mercato (o “quasi-mercato”), intraprendenza dei corpi intermedi e dei territori. Vi sono tuttavia due seri rischi su cui occorre riflettere. In primo luogo, il rischio di un incastro “distorto” e opportunistico fra primo e secondo welfare (con implicazioni negative in termini di efficienza ed equità). In secondo luogo, il rischio che emerga una configurazione incompleta e/o troppo disordinata del secondo welfare, incapace di cogliere e sfruttare complementarità e sinergie e dunque far funzionare in modo ottimale la logica della sussidiarietà orizzontale e verticale. Da qui la necessità non solo di un inquadramento locale, ma di un più ampio ragionamento che possa abbracciare le prospettive e le problematicità proprie del secondo welfare.


Gli obiettivi 

Quale ruolo possono svolgere i diversi soggetti del secondo welfare per fronteggiare i nuovi bisogni sociali? Quali esperienze possono essere correttamente inserite in questo ambito? Quali esperienze, progetti e misure possono rappresentare nella sua complessità il secondo welfare italiano? Per rispondere a questi quesiti nell’aprile 2011 è nato il Laboratorio di ricerca percorsi di secondo welfare. Esso si propone di ampliare e diffondere il dibattito sul secondo welfare in Italia studiando, approfondendo e raccontando dinamiche ed esperienze capaci di coniugare il ridimensionamento della spesa pubblica con la tutela dei nuovi rischi sociali.

L’attività del laboratorio è volta ad individuare, approfondire, documentare e diffondere tendenze emergenti, esperienze e buone pratiche che possano favorire una riflessione strategica su un nuovo mix di politiche capace di rispondere efficacemente ai bisogni sociali nel rispetto dei vincoli di bilancio. L’idea di un laboratorio nasce dalla volontà di fornire uno stimolo più incisivo e diretto non solo al dibattito, ma anche alla concreta promozione di un “secondo welfare” in Italia. Gli obiettivi del Laboratorio sono così sintetizzabili:

1) Gestione e promozione del sito internet www.secondowelfare.it quale punto di riferimento per addetti ai lavori e attori che a diverso titolo sono impegnati nello sviluppo del secondo welfare. Grazie ad un archivio costantemente aggiornato e in continua evoluzione, il sito raccoglie contributi che, attraverso il racconto di esperienze, progetti ed attività significative, sono in grado rendere immediatamente comprensibili le dinamiche in atto dentro e fuori il nostro Paese nell’ottica del secondo welfare;
2) produzione di contributi originali, pubblicazione di interviste, organizzazione di eventi ed occasioni di incontro, in stretta collaborazione con i partner che sostengono il Laboratorio, al fine sviluppare il dibattito sul secondo welfare;
3) elaborazione di rapporto biennali che illustrino lo “stato dell’arte” delle esperienze di secondo welfare già in atto o in fase di implementazione, con il supporto di dati e schede informative, ma anche valutazioni strategiche e riflessioni progettuali. Nel novembre 2019 è stato pubblicato "Nuove alleanza per un welfare che cambia. Quarto Rapporto sul secondo welfare in Italia.


Organizzazione

Costituiscono il gruppo di ricerca Franca Maino, a cui è affidata la direzione, Lorenzo Bandera, Chiara Lodi Rizzini, Chiara Agostini, Federico Razetti, Elena Barazzetta, Valentino Santoni, Elisabetta Cibinel e Orlando De Gregorio, a cui si affiancano sporadicamente vari altri ricercatori ed esperti. La supervisione scientifica è affidata al professor Maurizio Ferrera.

Le attività del Laboratorio sono realizzate grazie al sostegno di importanti partner istituzionali interessati ad approfondire i cambiamenti in atto nel nostro sistema sociale. 

Negli anni è inoltre cresciuto un ampio network composto da realtà di varia natura che si occupano di ricerca, formazione e disseminazione su vari temi legati al secondo welfare. Si tratta di soggetti con cui, attraverso rapporti di varia natura, collaboriamo attivamente per studiare e raccontare il vasto e complesso orizzonte del secondo welfare.

Il Laboratorio ha la propia sede operativa presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano, in via Conservatorio 7. La sede legale si trova a Milano, in via Melchiorre Gioia, 82 (contatti).

Testata registrata

Dall’estate 2015 Percorsi di secondo welfare è registrato come testata presso il Registro dei Giornali e Periodici del Tribunale di Torino (iscrizione n. 16 del 4 luglio 2015). Tale registrazione garantisce il riconoscimento, anzitutto giuridico, di un lavoro di informazione iniziato nel 2011 che si è tradotto in una produzione online sempre più frequente e che rappresenterà, ci auguriamo, una opportunità in più per attestare capacità e competenze sia dei nostri ricercatori che degli ormai numerosi collaboratori esterni.

 


 
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