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Come raccontato da Chiara Saraceno in una sua intervista per Secondo Welfare, lo scorso autunno l’Italia ha perso di nuovo l’occasione per dotarsi di un reddito minimo. Nonostante l’intenso lavoro svolto dal gruppo di esperti presieduto da Maria Cecilia Guerra, il disegno di legge di stabilità del settembre 2013 non ha stanziato gli 1,5 miliardi di euro necessari all’attuazione del SIA, il Sostegno per l’Inclusione Attiva.

Un complicato lavoro di recupero di risorse provenienti da fonti diverse (anche comunitarie) ha permesso comunque la programmazione di una serie di sperimentazioni sulla cosiddetta "Nuova Carta Acquisti" (o Nuova Social Card). Nelle intenzioni dell’ex Ministro Giovannini e dell’ex Vice Ministro Guerra queste sperimentazioni si inserivano in un disegno unitario e costituivano il punto di partenza per l’introduzione di una misura nazionale di lotta alla povertà.

La prima sperimentazione della Nuova Carta Acquisti ha coinvolto dodici comuni con più 250.000 abitanti (Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, Verona) con un investimento di 50 milioni di euro. Completata la fase di avvio, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato in Quaderni di ricerca sociale Flash 29 (1° settembre 2014) i primi dati. Questa analisi, da un lato, evidenzia alcuni limiti della sperimentazione, legati in particolare al mancato esaurimento delle (peraltro ridottissime) risorse disponibili. Dall’altro, costituisce una base di apprendimento utile alla futura estensione della sperimentazione ad altri territori.


L’avvio della sperimentazione

L’analisi realizzata dal Ministero riguarda la raccolta e gestione, da parte dei comuni, delle domande di accesso alla misura. I dati disponibili non comprendono Roma che, al momento della stesura del documento, non aveva ancora terminato le procedure di predisposizione delle graduatorie. Il primo dato interessante evidenziato dal Ministero riguarda il rapporto fra i "beneficiari potenziali" (stimati a partire delle dichiarazioni Isee presenti negli archivi INPS) e i "beneficiari eleggibili" sulla base delle risorse economiche disponibili. Il finanziamento stanziato per la sperimentazione consentiva infatti di raggiungere meno del 10% dei nuclei familiari in possesso dei requisiti di idoneità, con una variazione da città a città compresa fra il 5% e il 20% (figura 1).

Figura 1. Nuclei beneficiari ‘potenziali’ in % dei nuclei ‘eleggibili’ 


Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (2014)

Le poche risorse stanziate peraltro non saranno (almeno per il momento) esaurite. Nella maggior parte dei casi, infatti, le amministrazioni comunali hanno impegnato una quota che, a seconda delle città, va dalla metà ai due terzi del totale delle risorse. Nel complesso circa il 30% dei fondi disponibili non sono stati assegnati. In questo quadro, fa eccezione Catania che spenderà il 100% dei fondi di cui dispone. Seguono Palermo e Torino che hanno destinato più del 90% delle risorse (figura 2).


Figura 2. Le risorse impegnate e quelle ancora da spendere


Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (2014)

Secondo il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il mancato esaurimento delle risorse è dovuto alla contemporanea presenza di due fattori. Il primo riguarda "l’approccio prudente" che ha caratterizzato la raccolta delle domande. Il rischio di ricevere un numero di richieste notevolmente superiore a quelle cui si poteva effettivamente dar risposta ha spinto sette comuni su undici a introdurre ulteriori requisiti (rispetto a quelli stabiliti a livello nazionale) per l’ottenimento dei benefici. In altri due comuni invece, l’accesso alla prestazione è stato limitato alle famiglie già in carico presso l’amministrazione comunale. Inoltre, i bandi per l’assegnazione della carta sono stati aperti in coincidenza con il periodo di chiusura estiva delle scuole. Questo elemento non è secondario se si considera che la misura si rivolge a famiglie con figli minori e che non sono state previste risorse per la realizzazione di specifiche campagne di informazione. Come risultato, nella maggior parte dei casi, ai comuni è pervenuto un numero di domande poco superiore a quello cui si poteva dare effettivamente risposta. A questo trend fa eccezione Catania che ha raccolto un numero di domande sei volte superiore al budget disponibile. Seguono Palermo e Torino con circa il doppio delle richieste ammissibili. All’estremo opposto si colloca invece Venezia; in questo caso il numero di domande non è stato sufficiente a coprire il budget complessivo.

Il secondo elemento che spiega il mancato esaurimento delle risorse è legato alla non idoneità dei richiedenti. L’attribuzione dei benefici è stata infatti preceduta dalla puntuale verifica (ex-ante su tutte le domande) delle informazioni dichiarate. A seguito di queste verifiche, in tutte le città, più del 50% dei richiedenti non è risultato in possesso di almeno uno dei requisiti richiesti. Questa percentuale è salita ulteriormente nel caso di Catania e Firenze, dove quasi l’80% delle domande non sono state accompagnate dai relativi requisiti di idoneità.

Nel complesso comunque l’approvazione delle graduatorie definitive da parte dei comuni ha portato 6.517 nuclei familiari a partecipare alla sperimentazione. Il beneficio medio mensile attribuito è stato pari a 334 euro, con una variabilità che dipende dal numero dei componenti familiari (mediamente 4,1) e che va dai 306 euro di Genova ai 364 di Catania (tabella 1).

Tabella 1. I numeri dei beneficiari

Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (2014)


L’evoluzione della misura

La Carta Acquisti non è uno strumento nuovo, le sue caratteristiche sono tuttavia profondamente cambiate nel corso del tempo e ad oggi due strumenti coesistono: la vecchia ‘Carta Acquisti’ e la ‘Nuova Carta Acquisti’.

La vecchia ‘Carta Acquisti’, introdotta dal Governo Berlusconi (d.l. 112/2008) e ancora in vigore, è una misura passiva e categoriale consistente in un sostegno di 40 euro mensili utilizzabili per l’acquisto di beni e servizi di prima necessità (spesa alimentare, sanitaria, utenze luce e gas). La misura è riservata a chi ha più di 65 anni oppure ha figli con meno di 3 anni ed è in possesso di determinati requisiti economici.

Nel 2011, il Governo Berlusconi ha lavorato alla definizione di una ‘Nuova Carta Acquisti’ da sperimentare in dodici comuni con più di 250.000 abitanti. La misura prevedeva interventi attivi e passivi da realizzarsi attraverso la sostanziale privatizzazione dei finanziamenti pubblici. Nel disegno dell’intervento, lo stato avrebbe dovuto trasferire le risorse alle associazioni non profit presenti nei territori e queste, autonomamente, avrebbero deciso a chi assegnarle. Il trasferimento economico si accompagnava poi alla previsione di una serie di servizi alla persona forniti esclusivamente dal terzo settore. La nuova carta non prevedeva quindi alcun ruolo per gli enti locali. Nonostante l’opposizione dei comuni, delle regioni e dello stesso terzo settore la misura è stata approvata (l. 10/2011) e sono stati stanziati 50 milioni. La caduta del governo (novembre 2011) ha tuttavia impedito l’avvio della sperimentazione. In seguito il Governo Monti ha ereditato la misura e il relativo stanziamento di 50 milioni. In questa fase, l’allora Vice Ministro Guerra ha tuttavia ridefinito lo strumento (d.l. 5/2012) prevedendo un ruolo di primo piano per gli enti locali, sia nell’individuazione dei beneficiari, sia nella definizione del programma di attivazione. La ‘Nuova Carta Acquisti’ così delineata si rivolge a famiglie con almeno un minore. L’importo è più generoso rispetto alla vecchia ‘Carta Acquisti’ (si va dai 231 euro per le famiglie con due componenti, ai 404 per le famiglie con cinque o più componenti). Inoltre, l’ottenimento del beneficio economico è condizionato alla sottoscrizione, da parte del beneficiario, di un percorso personalizzato di inclusione sociale di competenza comunale.

Nel 2013, con il Decreto Lavoro n. 76, il governo ha previsto (per il biennio 2014/2015) l’estensione della sperimentazione a tutte le regioni meridionali. In questo caso si è parlato di ‘Carta per l’inclusione’ anche se in realtà non sono evidenziabili differenze rispetto alla ‘Nuova Carta Acquisti’. Infine, una modifica approvata nel corso dell’iter parlamentare della legge di stabilità 2014 (l. 147/2013) ha previsto l’ulteriore estensione della sperimentazione alle regioni del Centro-Nord.


I criteri di accesso alla ‘Nuova Carta Acquisti’

I criteri per accedere alla sperimentazione sono stati piuttosto stringenti e hanno riguardato il profilo economico e lavorativo dei beneficiari. Gli enti locali hanno poi previsto e definito criteri ‘preferenziali’ aggiuntivi (tabella 2).

Tabella 2. I criteri di accesso

Fonte: elaborazione su Lusignoli (2014; p. 41)


Cosa insegna la sperimentazione

In un recente intervento che anticipava alcuni dei dati pubblicati dal Ministero, Maria Cecilia Guerra e Raffaele Tangorra, lungi dal considerarla un fallimento, hanno evidenziato i principali ‘insegnamenti’ offerti dalla sperimentazione. In particolare, nella prospettiva di realizzare una misura universalistica da estendere all’intero territorio nazionale, due indicazioni sono particolarmente utili.

In primo luogo, sul fronte dei requisiti il criterio che si è dimostrato più problematico è quello del ‘disagio lavorativo’. Per come è stata concepita, la ‘Nuova Carta Acquisti’ non intendeva rivolgersi a persone in condizione di povertà mai entrate nel mercato del lavoro. Il target di riferimento erano infatti coloro che, a causa della disoccupazione o sotto-occupazione, stavano rischiando una condizione di povertà. Da questo punto di vista, la sperimentazione ha permesso di evidenziare che i nuclei che vanno incontro all’impoverimento presentano condizioni patrimoniali o Isee superiori a quelle previste dal decreto. Per questa ragione, il requisito lavorativo dovrebbe essere rivisto in vista dell’estensione della sperimentazione.

In secondo luogo, un problema rilevante è poi emerso rispetto alla ‘pubblicizzazione della misura’. Infatti, non tutti i potenziali beneficiari sono stati informati sulla possibilità di usufruire della carta. Da questo punto di vista, l’estensione della sperimentazione deve certamente accompagnarsi a un rafforzamento dei canali di informazione. Inoltre, come sottolineato da Guerra e Tangorra, la realizzazione del sistema di controlli ex-ante ha richiesto lo sviluppo di un’efficace interazione fra livello nazionale (INPS) e comuni. In particolare, la sperimentazione ha permesso di mettere in piedi un sistema che si è dimostrato efficace nell’individuazione dei casi di non idoneità e che potrà agevolmente funzionare anche in futuro.


Quale futuro per le sperimentazioni?

Quale sarà ora il futuro di queste sperimentazioni e se l’Italia riuscirà a dotarsi di uno schema nazionale di reddito minimo è difficile dirlo. Tutto dipenderà dalle azioni che saranno intraprese entro la fine del 2014, quando verrà approvata la legge di stabilità e si deciderà quindi sul futuro delle sperimentazioni. Solo allora sarà chiara la posizione che il Governo Renzi intende assumere in materia di lotta alla povertà. Un segnale positivo è comunque arrivato (lo scorso 2 ottobre) dal Ministro Giuliano Poletti che, in audizione alla Commissione Affari Sociali, ha indicato come prioritario l’avvio di un piano nazionale contro la povertà e l’effettiva estensione della nuova carta a tutto il territorio nazionale. Il ministro ha inoltre evidenziato alcuni limiti della sperimentazione legati, in particolare, all’inadeguatezza della ‘logica del bando’ nella fase di raccolta delle domande.

Riferimenti

Primi dati sulla sperimentazione del sostegno per l’inclusione attiva (SIA) nei grandi comuni, 1 settembre 2014, . 

Audizione del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, sulle linee programmatiche del Governo in materia di politiche sociali. 2 ottobre 2014,

Gori C., Le politiche contro la povertà: un bilancio, in ‘Il bilancio della crisi. Le politiche contro la povertà in Italia. Rapporto 2014’, Caritas Italiana (versione aggiornata al 14 luglio 2014), pp. 90-103.

Gori C., Le politiche contro la povertà in Italia. Gli scenari futuri, in ‘Il bilancio della crisi. Le politiche contro la povertà in Italia. Rapporto 2014’, Caritas Italiana (versione aggiornata al 14 luglio 2014); pp. 104-120.

Guerra M.C., Tangorra R. (2014), Le nuova social card al banco di prova, www.lavoceinfo, 8 aprile 2014.

Lusignoli L., Come cambiano gli interventi di contrasto alla povertà: social card a confronto, in ‘Il bilancio della crisi. Le politiche contro la povertà in Italia. Rapporto 2014’, Caritas Italiana (versione aggiornata al 14 luglio 2014); pp. 37-44.

Madama I., Jessoula M., Natili M. (2014), Minimum Income: The Italian Trajectory, Working Paper LPF 2, Torino, Centro Einaudi, Laboratorio di Politica Comparata e Filosofia Pubblica, .


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