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Nel febbraio 2022 a Scigliano, in provincia di Cosenza,  è stato realizzato un focus group1 sulla condizione anziana che ha coinvolto un panel di testimoni significativi operanti in una delle quattro aree interne calabresi aderenti alla Strategia Nazionale Aree Interne (SNAI)2: il Reventino-Savuto3. (Cersosimo e Licursi 2022)

A questo focus group esso hanno partecipato due sindaci, un parroco con responsabilità pastorali a livello diocesano, un medico di medicina generale, una farmacista, una assistente sociale operante nell’Ufficio di Piano e un rappresentante del volontariato organizzato. Il confronto ha confermato la centralità della condizione anziana – in particolare dei grandi anziani – in quanto paradigmatica in generale e dal punto di vista dei bisogni (da ultimo: Fosti, Notarnicola e Petrobelli 2022), delle domande e delle problematicità rispetto alla resilienza e implementazione del welfare territoriale nelle aree interne calabresi

Il confronto e l’integrazione dei diversi punti di vista hanno generato le premesse di una potenziale comunità di pratiche, estendibile ad altri attori del territorio, ed eventualmente ad altre aree interne della regione. E non solo. Se i già gravi problemi presenti in Calabria risultano qui radicalizzati (Campedelli 2022), dalle testimonianze emergono risorse comunitarie vive grazie alle quali questi contesti possono essere ancora – ma non sappiamo per quanto – in grado di sopravvivere socialmente (Campedelli e Chiodo 2022). Di seguito si riportano alcuni degli apprendimenti acquisiti in questo contesto4

Le aree interne

A luglio di quest’anno Istat ha aggiornato la mappa dei Comuni appartenenti alle aree interne, potenziali beneficiarie delle politiche e dei fondi previsti – importo complessivo stimato in 5,4 miliardi di euro – dal nuovo Accordo di partenariato 2021-2027 sulla Politica di coesione europea e dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Ad esse appartengono i Comuni classificati come Intermedi (tra i 20 e i 40 minuti), Periferici (tra i 40 e i 75 minuti) e Ultraperiferici (oltre i 75 minuti) sulla base della percorrenza stradale che li separano da Poli/Poli intercomunali, ovvero da quelli capaci di offrire simultaneamente tutta l’offerta scolastica secondaria, ospedali sedi di DEA5 di I livello e stazioni ferroviarie Platinum, Gold o Silver. Non vi appartengono inoltre quelli di Cintura, il cui tempo medio di percorrenza è di meno di 20 minuti. 

Istat, Mappa aree interne (2020)
Istat (2022), Mappa aree interne aggiornata al 2020.

Si tratta di 3.834 Comuni, il 48,5% del totale nazionale, di cui la stragrande maggioranza (44,8% sempre del dato nazionale) nel Mezzogiorno. Se si considerano i più svantaggiati (Ultraperiferici) l’incidenza meridionale arriva al 59,9% (229 su un totale di 382). Dal punto di vista geografico essi coprono il 59% della superficie del Paese, con una popolazione complessiva pari al 23%. Tra il 2001 e il 2020 le aree interne hanno perso l’-1,4% degli abitanti. I soli Comuni Periferici e Ultraperiferici rispettivamente il -4,7% e il -9,1%. Le previsioni a 10 anni indicano un ulteriore decremento del 4,2%. Tra i primi cento Comuni con il maggior calo di popolazione l’incidenza è stata del -40,9%. Il 66% di essi è localizzato nelle regioni meridionali, in particolare in Abruzzo (15%) e Calabria (26%). 

Avvicinamento ai centri che dispongono di servizi, movimento naturale demografico oramai stabilmente negativo e invecchiamento sono i principali driver del processo di spopolamento. Nel 2020, a fronte di un indice di vecchiaia nazionale pari a 182,6, nelle aree interne esso arrivava a 196,1. Nei Comuni Periferici e Ultraperiferici la popolazione anziana era più del doppio di quella giovane (rispettivamente 206,8 e 223,4).

La situazione della Calabria

Nel 2019, i Comuni calabresi con funzione di Polo risultavano 11, quelli classificati come Cintura 67, mentre 326 sono in aree interne. Il 51,7% della popolazione, quasi un milione di persone, abitava in questi ultimi, ovvero poteva raggiungere i citati servizi essenziali in più di 20 minuti.  Tra questi c’è anche l’area Reventino-Savuto, oggetto del nostro focus group.

Area interna reventino-savuto
Agenzia della Coesione Territoriale, Area Interna Reventino-Savuto. 

Considerando l’età media nazionale di 45,2 anni, e regionale di 44,4 anni, nelle aree interne calabresi era pari a 44,8 anni, arrivando a 46,7 anni nei comuni Ultraperiferici. Dal confronto tra centri e aree interne risultava poi che: l’indice di vecchiaia variava da 157,9 a 180,4; mentre l’indice di struttura della popolazione attiva da 125,2 a 124,2; la percentuale di residenti con diploma di scuola secondaria di II grado da 36,3% a 32,9%; i possessori di un titolo di studio terziario da 13,5% a 11,0%; infine, risultava un tasso di occupazione (35,2%) inferiore alla media regionale (36,5%) e un tasso di disoccupazione (21,7%) in linea con il dato regionale (21,9%). 

La sindrome dell’abbandono: solitudine, spopolamento, distanza

Nelle aree interne, ciò che accomuna gli anziani (75-84 anni) e grandi anziani (più di 85 anni), siano questi fragili, oppure relativamente o già non autosufficienti, è una sindrome che può essere declinata secondo tre tratti interagentiquello soggettivo della solitudinequello collettivo dello spopolamento dei contesti di vita; quello fisico della distanza da istituzioni/servizi/risposte essenziali. 

La solitudine

Se l’avere i parenti conviventi o comunque vicini attutisce l’impatto, l’assenza ha immediatamente un effetto amplificatore, determinando una condizione di solitudini che, finché ne sono in grado, vivono in luoghi distanti. Questo significa: bisogno di ascolto, assistenza accompagnamento; minore disponibilità di risorse, con esistenze di rinuncia anche di consumi essenziali; preoccupazione per la distanza da servizi indispensabili come un ospedale che li possa accogliere qualora ne abbiano bisogno ed avere cure adeguate” spiega il medico di medicina generale durante il focus group. Questa è associata alla paura della separazione dalla propria abitazione/micro contesto di vita, e ciò fa sì che “tanti preferiscono rimanere a casa e non si lasciano curare”. Senza dimenticare l’epidemiologia (Campedelli, Lepore e Tognoni 2010) di queste comunità, dove le cronicità convivono con altre condizioni critiche, come quelle di natura psichiatrica, ricordava uno degli amministratori.

Mentre la condizione di fragilità trova comunque una risposta, è “di fronte alle situazioni più serie, più gravi che vanno in crisi perché devono chiamare il parente ma non lo vogliono disturbare e dicono che, in fondo, stanno bene così e le aspettative di vita sono bassissime e accettano questo. Sanno già che con le malattie più serie che possono avere non andranno mai da nessuna parte. Per cui accettano anche con rassegnazione queste situazioni. Tutto ciò si trasforma “in scarsa voglia di vivere oppure basse aspettative della vita. A volte aspettano la morte perché non hanno prospettive di vita, soprattutto quelli che vivono da soli e non hanno parenti vicino casa” aggiunge il medico.

Dicevamo, finché ne sono in grado e/o i familiari lo permettono. Infatti, dalla percezione di abbandono e dall’impatto che essa ha sulla vita personale e relazionale, nelle aree interne si passa senza soluzione di continuità, ad un’altra forma di abbandono. Esse divengono contesti di emigrazione degli anziani e grandi anziani verso le residenze dei figli. Quando non eventualmente verso soluzioni assistenziali residenziali. Una specie di ultima e definitiva tappa migratoria del sistema familiare. Non solo: “oltre alla mancanza di nascite, lo spopolamento ha a che fare anche l’emigrazione degli anziani perché parecchi di loro, ormai, vanno dai figli che se ne sono andati tanti anni fa… Questo fa aumentare sempre di più lo stesso spopolamento” sottolinea il medico. 

Lo spopolamento

Un allontanamento vissuto come una frattura esistenziale. Quando durante le vacanze l’anziano riesce a ritornare nel paese “è come se vivesse nuovamente un periodo di felicità perché questo allontanamento tante volte provoca un senso di smarrimento. In realtà, una persona anziana non vorrebbe mai lasciare il paese natio” spiega la farmacista.

Ciò comporta vere e proprie somatizzazioni della lontananza dall’ambiente di vita, della relativa autonomia di cui non si può più disporre, del contesto sostanzialmente sconosciuto. Quando periodico, esso manifesta nel tempo una crescente intensità sia per il diretto interessato che per le relazioni primarie “Mentre prima l’anziano andava via nel mese di novembre, mese più freddo, ora va via a settembre e rientra a febbraio e non più a gennaio” spiega uno dei sindaci.

È un fenomeno che di fatto impoverisce dal punto di vista demografico ma impoverisce essenzialmente dal punto di vista sociale. Quando cominciano ad esserci queste assenze nella piazza gli altri tendono ad isolarsi. Quindi escono sempre di meno, stanno sempre di più a casa.” 

La distanza

In terzo luogo, il fattore distanza dalle istituzioni e dai servizi. Soprattutto chi ricopre ruoli istituzionali ha la consapevolezza che la persona anziana “la prima cosa di cui ha bisogno è di essere ascoltata, di essere rassicurata e deve sentire vicino le istituzioni, che sia il Comune, il prete o il carabiniere”. “Il senso delle istituzioni nell’anziano è molto più forte che non nei ragazzi” continua il primo cittadino “quindi spesso e volentieri quando viene un anziano a parlare con te, il problema se lo racconta, se lo risolve e tu devi semplicemente ascoltarlo”. Si tratta di una dinamica ancora positiva, che in un certo qual modo viene a caratterizzare una funzione più di “counselor” che di “decisore” tra chi rappresenta queste istituzioni. 

Se si passa alla effettiva accessibilità ai servizi, la questione emerge in tutta la sua problematicità. Per le persone anziane residenti, infatti, “la più grossa carenza percepita, e che negli ultimi anni si è accentuata, è la necessità di spostamento verso i centri dove ci sono i servizi”. “A questa assenza di servizi proviamo a sopperire con il taxi sociale: avendo a disposizione due mezzi, uno lo dedichiamo al servizio di dialisi, vero servizio salvavita, per cui tre volte settimanali il mezzo è impegnato. Diamo una mano, però non è risolutivo” aggiunge il sindaco.

Quello che manca, ribadisce l’amministratore, in genere non è l’assistenza di base ma “l’assistenza sanitaria domiciliare, che è quella che serve ai nostri anziani. Ecco, questa non c’è.”. Emerge quindi la necessità di prevedere che le future politiche di sviluppo garantiscano accessibilità migliorando la mobilità oppure creando servizi oggi inesistenti. Senza dimenticare che, lì dove è presente, anche la figura del caregiver deve essere oggetto di attenzione, vista la simbiosi con cui condivide il quotidiano della persona anziana. 

Il Focus di Secondo Welfare sulla non autosufficienza

Ci stiamo occupano sistematicamente della riforma del sistema della Long Term Care. Lo facciamo pubblicando ogni settimana articoli e interviste che aiutino a capire meglio le diverse questioni che riguardano la LTC in Italia e non solo. Sono tutti qui.

La domanda di welfare “intelligente”

Esprimendo una significativa maturità e intelligenza su come realizzare le politiche di welfare a partire dall’architettura istituzionale, in particolare dalla recente (dopo 20 anni dalla legge 328!) attivazione delle funzioni di ambito socioassistenziale attraverso la attribuzione delle stesse al Comune capofila, la discussione si è poi dipanata toccando i punti qualificanti di un efficace modello di welfare localeCiò rappresenta una risorsa fondamentale per la costituzione di comunità di pratiche: un indicatore delle potenzialità che gli attori coinvolti dispongono nel favorire una positiva declinazione degli interventi che verranno presumibilmente realizzati, anche a seguito degli accordi istituzionali attraverso SNAI e PNRR.

Strategie di sorveglianza

Partiamo da un punto, almeno fino a prima dello scoppio della pandemia da Covid 19, poco considerato. Ci riferiamo alle strategie di sorveglianza (epidemiologica), presupposto di un’assistenza (e medicina) di iniziativa. La sindrome di solitudine comporta infatti un cambiamento di postura dei servizi, di superamento dell’atteggiamento di attesa. Secondo l’assistente sociale “quando interveniamo lo facciamo per segnalazioni da parte degli operatori delle cooperative, dei parenti e così via. Ma c’è una parte nascosta composta da anziani che vivono una marginalità estrema. Questi hanno anche parenti ma lontani, e quasi sempre finisce che rispondiamo con gli amministratori di sostegno. La mappatura sul territorio rispetto a queste marginalità dovrebbe essere basilare”. 

A volte tale strategia è agita come tratto informale. Come spiega la farmacista, “spesso e volentieri stiamo attenti al controllo delle terapie da parte degli anziani, non solo per la terapia in sé ma con un’attenzione più complessiva alle loro patologie croniche… [In un caso di demenza] abbiamo cercato di coinvolgere i servizi sociali, il medico, il neurologo. Non abbiamo però avuto il sostegno della famiglia che diceva che quella persona stava bene e che aveva un carattere particolare”. Nelle aree interne, in cui può capitare che anche il medico di base sia limitatamente presente (Campedelli e Chiodo 2022), la farmacia rappresenta un vero e proprio presidio territoriale sanitario e sociale indispensabile è da considerare uno degli elementi essenziali di qualsiasi strategia che voglia essere seriamente definita di iniziativa e preventiva

Altri servizi/attori basilari possono/debbono contribuire, come è ampiamente descritto in letteratura. In generale, quelli che entrano in contatto con una certa frequenza con le persone anziane, purché preparati a comprendere e quindi monitorare l’evoluzione della condizione personale ed eventualmente familiare (basti pensare agli operatori domiciliari e al volontariato del trasporto). Soprattutto per le aree interne in cui è “difficilissima l’assistenza, anche solo per il discorso delle infrastrutture, dei trasporti, la mancanza della rete ferroviaria, della strada, dell’impossibilità di avere un’autoambulanza sul posto” continua la farmacista “l’adozione di soluzioni di teleassistenza-telemedicina è da considerare un asset indispensabile per il welfare locale prossimo futuro” (Campedelli 2019; Campedelli, Toccafondi e Vignani 2021).

Interventi integrati

Per quanto fondamentali, presidi territoriali, coinvolgimento di attori di prossimità e forme di teleassistenza, è risaputo che solo un buon sistema di interventi integrati permette di ottimizzare i costi, evitare la istituzionalizzazione, rispondere alle esigenze personali degli anziani. I e le partecipanti al focus group richiamano fortemente l’attenzione sui vantaggi appena citati. A proposito della riabilitazione: “ci sono due tipologie di intervento sanitario: quello intensivo è ospedaliero e quello estensivo è territoriale. In una struttura intensiva si fa mezz’ora di terapia la mattina e mezz’ora il pomeriggio. Mi dovete spiegare perché uno deve aspettare ventiquattro ore in una struttura senza fare alcunché, quando invece si potrebbe intervenire a casa con la domiciliare” spiega ancora uno dei sindaci. 

Al contempo, l’accorpamento dei distretti ha determinato distanze economicamente insostenibili per l’offerta pubblica. “In una città come Lamezia con la macchina, in una mattina, si riesce a vederne [ad accompagnare, nda] dieci di pazienti. In un paese dove serve mezz’ora a salire e mezz’ora a scendere, per una prestazione di dieci minuti non può funzionare. I servizi vanno capillarizzati con strumenti adeguatirimarca l’amministratore. La loro mancanza comporta, anche nelle aree interne, lo scaricamento della domanda verso soluzioni a pagamento di natura privata.

Per avere un buon sistema integrato domiciliare non è, in ogni caso, sufficiente distribuire i punti di offerta nel territorio. Quanto si sta prevedendo con il PNRR in Calabria può avere una sua efficacia ma, come richiamava uno dei sindaci con esperienza pregressa in sanità, “il problema è che non ci sono medici di base a sufficienza per garantire un’assistenza continua e gli infermieri ovviamente ad assisterli”. In altri termini, una strategia territoriale è parte ed esito di una politica sociosanitaria più complessiva, che sappiamo carente a livello nazionale e ancor di più nel contesto calabrese.

Che l’assistenza familiare/badantato venga ad assumere un ruolo importante è quindi ovvio. Ma i problemi anche qui non mancano: sono infatti presenti forme di caporalato, condizioni problematiche di chi presta assistenza (per esempio l’alcolismo) o ancora forme di abuso (come la somministrazione di farmaci non prescritti agli assistiti). In altri termini, serve garantire “una funzione di controllo e anche di preparazione specifica delle badanti” nonché di regolarizzazione lavorativa. 

Servizio civile, volontariato, autorganizzazione

Tre altri fattori sono tenuti in significativa considerazione dai testimoni interpellati. 

Il primo riguarda il servizio civile, la cui attrattività per i giovani del posto è rappresentata anche dal suo risvolto economico e di promozione lavorativa, come emerge dalla testimonianza del secondo amministratore e confermata dal presidente di una associazione di volontariato: “da anni abbiamo il servizio civile e ogni anno ospitiamo un certo numero di ragazzi. In genere i progetti di servizio civile sono incentrati sia sull’assistenza agli anziani che sulla valorizzazione della figura dell’anziano come depositario della cultura e delle tradizioni locali ma anche come risorsa per le forme di educazione ambientale”.

“Dal punto di vista associativo” continua “gli anziani sono una risorsa importantissima perché sono la nostra banca della memoria. Quindi parliamo con loro, facciamo interviste e abbiamo creato una banca dati di video-interviste di tantissime persone che non ci sono più. È un valore importantissimo perché se non sappiamo da dove veniamo”.  La presenza-collaborazione con il volontariato non si limita, ovviamente, a questo. L’associazione rappresentata nel focus group è infatti impegnata anche in forme di assistenza domiciliare assistenziale, nella animazione per i bambini e più in generale di aggregazione della popolazione. 

Da non sottovalutare, infine, la promozione della vita della comunità attraverso l’autorganizzazione delle persone anziane attive. Da una parte, infatti, il servizio sociale attiva progetti di inserimento in percorsi di volontariato, in concerto con le parrocchie e con le associazioni del luogo (assistente sociale). Dall’altra ci sono anziani che si auto organizzano. “Una delle organizzatrici è una professoressa in pensione che ha creato una compagnia di canto e si riuniscono per provare. Hanno tutti dai settanta-settantacinque anni in su. È un momento di grande socialità il trovarsi e cantare i canti popolari” spiega il sindaco.

Welfare Innovation Local Lab (WILL)

Secondo Welfare sta collaborando a WILL, un progetto quinquennale (2019-2024) che riunisce Comuni, istituzioni universitarie e organizzazioni del Terzo Settore che vogliono ripensare i meccanismi che regolano i sistemi di welfare locali.

I progetti nel cassetto: uno sguardo al futuro

Si è infine chiesto ai partecipanti di condividere un’idea, una proposta concreta e realizzabile, che prevedesse un contributo fattivo delle realtà da essi rappresentate. Vediamole succintamente:

  • Il primo amministratore locale ha spiegato che “si potrebbe potenziare il taxi sociale oltre a creare una rete territoriale estesa di volontari per l’assistenza e” ancora “copiare pratiche che in altri posti hanno funzionato; creare inoltre un calendario degli eventi unico su tutto il territorio in modo tale da non sovrapporre le iniziative; far si che si realizzi una offerta di assistenza domiciliare integrata sociale e sanitaria”.
  • Il secondo amministratore locale ha parlato di “favorire momenti di brainstorming comuni, suddivisi per temi di policy, per scambiarsi/apprendere best practices da adottare nelle proprie realtà. E più in generale fare rete per ottimizzare risorse, opportunità, idee”.
  • La farmacista spinge per “creare una rete sociale intercomunale che possa interessare tutti quelli che vivono le medesime difficoltà. La farmacia potrebbe essere presente per un primo soccorso anche da un punto di vista psicologico, visto che il farmacista viene visto come una figura di famiglia”.
  • L’assistente sociale parla invece di “azioni che facciano sì che il territorio sia ‘nutritivo’, un contesto dove nascono i bisogni ma anche le risorse per rispondervi. Questo significa il coinvolgimento di tutti gli attori, pubblici e privati, ed il volontariato in particolare”.
  • Il medico di medicina generale vorrebbe “avere la possibilità di dedicare più tempo agli assistiti cosa che, purtroppo, il sistema Calabria non permette. Oggi, anche a causa della condizione delle strade, oserei dire che il 70% del mio tempo è utilizzato per raggiungere i pazienti”. 
  • Il parroco cita il ‘telefono d’argento’: “un servizio rivolto agli anziani che avevamo come Caritas interparrocchiale, un numero a disposizione di tutti per l’ascolto e la soddisfazione di alcune richieste, ma anche strumento di animazione e organizzazione di giornate passate insieme anche con i piccoli dell’oratorio. Sarebbe bello riattivarlo”. Una seconda idea è quella di “un centro sociale, aperto due o tre giorni a settimana: uno spazio di aggregazione condiviso con le altre associazioni e con le amministrazioni comunali dove sia presente anche un servizio medico di base”. 
  • Il presidente della associazione di volontariato è sulla stessa linea e va oltre, parlando di “un progetto, in collaborazione con la parrocchia, di numero verde operativo ventiquattro ore, garantito dai volontari, grazie al quale gli anziani possono contattare l’associazione per qualsiasi problema”.

Tra funzione politica e cura della comunità: qualche riflessione

Dalle interlocuzioni avute emergono in modo evidente la consapevolezza e l’attenzione che i partecipanti rivolgono alla popolazione anziana e, congiuntamente, alle comunità cui appartengono. 

La richiesta, da parte del secondo amministratore locale, di prevedere la continuazione del confronto – “il brainstorming” – anche per altre problematiche di interesse generale, esprime il bisogno e la disponibilità di confronto. A conferma della potenzialità di una comunità di pratiche tra questi e altri attori significativi delle aree interne.  Si tratta di figure che avendo cura della comunità possono essere giustamente riconosciute come istituzioni civili la cui azione riduce, e in alcuni casi annulla, il divario civile (Marcello 2021) in cui versa chi abita questi micromondi. 

Al contempo, raramente è emerso dal confronto un ragionamento di medio e lungo periodo, di visione e strategia politica conseguente, sul futuro dei Comuni e delle comunità a cui si appartiene. Il tema del focus portava a concentrarsi molto meno su questi aspetti. Così come il milieu politico delle aree interne – dalla selezione della classe dirigente, alla condizione economico finanziaria delle istituzioni locali, alle dinamiche distorsive delle procedure amministrative e democratiche legate a poteri più o meno occulti e/o illegali, all’inefficacia delle politiche di sviluppo etero dirette, ecc. – è tutt’altro che semplice e sarebbe fuori luogo imputare a singoli o profili specifici la responsabilità della soluzione di problematiche così complesse.

Rimane, in ogni caso, l’interrogativo di fondo proprio a partire dalla condizione anziana: quale prospettiva realistica, quale futuro possono avere i Comuni e le comunità interessate? Una questione fondamentale che dovrebbe essere alla base della implementazione delle azioni previste dal sistema SNAI e dal PNRR. 

 

 

Bibliografia

  • Campedelli M. (2019), Era digitale e Servizi per le persone con disabilità. Digitalizzazione, robotizzazione, automazione e nuovi modelli di servizio, Welforum, 6 marzo 2019.
  • Dispes (2022), Stato del welfare locale nelle quattro aree interne della Calabria aderenti al programma Snai, rapporto di ricerca, Dispes – Unical, Cosenza.
  • Campedelli M. e Chiodo E. (2022), Diritto alla salute e medicina territoriale in Calabria. Una ricerca con i medici di medicina generale delle quattro aree interne SNAI, in corso di pubblicazione.
  • Campedelli M., Lepore V. e Tognoni G. (a cura di) (2010), Epidemiologia di cittadinanza. Welfare, salute, diritti, Il Pensiero scientifico, Roma.
  • Campedelli M., Toccafondi L. e Vignani G. (2021), Professioni sociali e competenze digitali. Una proposta per adeguare i percorsi formativi, Welforum, 22 novembre 2021.
  • Cersosimo D., Chimenti S., Licursi S. e Vella G. (a cura di) (2021), La Strategia Aree interne in Calabria, Rapporto di ricerca n. 1, settembre 2021, Dispes – Unical, Cosenza.
  • Cersosimo D., Licursi S.  (2022), Riavvicinarsi al paese. La Snai come politica-metodo per l’Italia lontana, in Lucatelli S., Luisi D., Tantillo D., a cura di, 2022 L’Italia lontana, Donzelli, Roma.
  • Fosti G., Notarnicola E. e Petrobelli E. (a cura di) (2022), Il presente e il futuro del settore Long Term Care: cantieri aperti. 4° Rapporto Osservatorio Long Term Care, Egea, Milano.
  • Marcello G. (2021), Il divario civile, i vuoti di cittadinanza, le implicazioni per la comunità, in Campedelli M., Marcello G., Marinaro R., Marsico F. e Tanzarella S., (a cura di), Dentro il welfare che cambia. 50 anni di Caritas, al servizio dei poveri e della Chiesa, volume 1, Caritas Italiana, https://www.caritas.it.
  • Soda G., Tucci M.L. e Nucera T. (2022), The national strategy of inner areas (SNAI) 2014-2020 in the calabrian areas of experimentation: health and social inclusion territorial infrastructures and services at the core of riprogramming pandemic priorities, paper.

Note

  1. L’azione è realizzata nell’ambito del programma “Attività di valutazione delle strategie territoriali della politica di coesione 2014/2020, previste dal POR Calabria FESR FSE 2014/2020, “Strategie di Sviluppo Urbano Sostenibile e Strategia Nazionale e Regionale per le Aree Interne”, realizzato dal Dipartimento di Scienze politiche e sociali – DISPES – dell’Università della Calabria (Cosenza), in collaborazione con Nucleo regionale di valutazione e verifica degli investimenti pubblici (Nrvvip) della Regione Calabria.
  2. “La SNAI è deliberatamente una politica place based, che considera vincoli e potenzialità luogo per luogo, soggetti e risorse specifici di ogni area interna, che guarda ai residenti non come meri destinatari di servizi standard bensì come co-protagonisti del disegno del sistema di welfare locale, centrato cioè sui bisogni, le caratteristiche e le preferenze dei residenti, effettivi e potenziali. (…) Dunque, non una politica generica,  indifferente alle persone che vivono nei luoghi, bensì basata sulle potenzialità endogene e sulla loro valorizzazione attraverso interventi coordinati da parte di soggetti centrali e locali, sull’integrazione di risorse ordinarie e aggiuntive, di conoscenza esterna e conoscenza locale.” (Cersosimo, Licursi 2022, 199); si veda anche qui.
  3. Le altre tre sono la Sila e Presila, la Jonico Serre e la Greganica.
  4. L’analisi e le tesi qui riportate sono frutto del fattivo confronto avuto con i coordinatori scientifici del programma, proff. Domenico Cersosimo e Sabina Licursi, nonché con il dott. Giorgio Marcello, la dssa Emanuela Pascuzzi (conduttrice del focus group) e la dssa Emanuela Chiodo, membri dell’equipe incaricati a realizzare l’Azione 4 –Analisi dell’offerta collettiva locale di servizi fondamentali di cittadinanza.
  5. Dipartimento di emergenza accettazione.
Foto di copertina: Arno Niesne, Pixabay