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Il parere del Comitato delle Regioni sulla European Agenda on Migration

I flussi di profughi dai paesi terzi costituiscono un elemento di crisi crescente per le politiche di asilo e accoglienza dell’Ue, al punto da minacciare lo stesso acquis di Schengen e incidere negativamente sull’intero processo di integrazione europea. Analizzando il sistema dei poteri europei, le più gravi responsabilità vanno attribuite agli Organi intergovernativi centrali (Consiglio europeo e Consiglio dell’UE), i cui orientamenti soffrono troppo dei condizionamenti e degli egoismi di molti Stati, al punto da rendere inattuabili gli stessi dispositivi approvati dalla Commissione europea, tra i quali la recente European Agenda on Migration. Per superare la situazione di sostanziale paralisi che ne deriva, occorre operare un radicale cambio di passo e su un piano differente.

Un’alternativa alle spinte sostanzialmente centralizzatrici del Consiglio europeo, in grado, se non di risolvere, almeno di offrire risposte operative al complesso fenomeno dei profughi, può giungere dal cosiddetto sistema di governance multilivello, ossia dall’attuazione di politiche coordinate e condivise, anche nella fase decisionale, con il sistema dei poteri regionali e locali europei, rappresentati, a livello comunitario, dal Comitato delle Regioni. Questa direzione costituisce il nerbo politico del Parere sull’Agenda europea sull’immigrazione, elaborato dalla Commissione CIVEX-VI (Commission for Citizenship, Governance, Institutional and External Affairs) e approvato dal Comitato delle Regioni (CoR) durante la 115a Sessione plenaria del 3-4 dicembre 2015.

Arrivato in plenaria dopo un percorso che ha visto l’approvazione della sua stesura preliminare il 14 settembre scorso e la successiva presentazione di una serie di emendamenti, il testo analizza le indicazioni contenute nella Comunicazione della Commissione "A European Agenda on Migration" del 13 maggio 2015, tenendo conto dei successivi sviluppi in materia di asilo e accoglienza dei migranti.

Complessivamente, pur accogliendo con favore la pubblicazione dell’Agenda e apprezzandone, nel merito, numerose proposte, il documento del CoR sottolinea come essa non presenti ancora una visione a lungo termine, in grado di integrare realmente tutti gli organi europei di governo (tra questi, gli Enti locali) in una strategia di governance multilivello indispensabile per affrontare strutturalmente le sfide delle recenti migrazioni di profughi. I 53 articoli in cui si sviluppa il testo del Parere possono essere enucleati nei seguenti punti essenziali.


Politiche dell’immigrazione e sicurezza: le priorità della tutela umanitaria e della solidarietà

Fin dai primi articoli, il testo ribadisce l’assoluta priorità degli obblighi di soccorso e di tutela umanitaria verso i profughi rispetto alle esigenze di sicurezza delle frontiere esterne dell’UE e di controllo degli ingressi irregolari dei migranti. In quest’ottica, il CoR apprezza il fatto che, nei più recenti vertici di Capi di Stato e di Governo, stia maturando un orientamento verso le migrazioni più complesso rispetto al passato, che antepone la questione dei rifugiati in cerca di salvezza, distinguendola da quella dell’immigrazione irregolare.

Tuttavia, per affermare concretamente questa priorità, occorre che l’UE si approcci ai fenomeni migratori secondo principi di solidarietà e in un quadro di effettiva condivisione delle responsabilità di accoglienza. A questo proposito, il CoR deplora l’atteggiamento esitante con cui gli Stati dell’UE hanno accolto i piani di ricollocazione dei profughi decisi dal Consiglio europeo il 26 giugno e 22 settembre scorsi, nonché le resistenze e i ritardi di molti Stati a mettere in atto, con il fattivo coinvolgimento degli Enti locali, strutture e meccanismi idonei a rispondere ai doveri dell’accoglienza.

Per affrontare il fenomeno in maniera strutturale e conforme ai diritti umani , il CoR chiede alla Commissione europea di rendere effettivo (to enforce) un Sistema europeo di asilo unitario (single), che abbia criteri applicabili in modo uniforme, garantisca un trattamento umano ed equo alle persone che cercano rifugio nell’Unione e adotti criteri di ripartizione obbligatoria dei richiedenti asilo tra tutti gli Stati aderenti.

Al tempo stesso, sollecita una radicale revisione del Regolamento Dublino III, in modo da eliminare le troppe difformità legislative e operative in materia di tutela umanitaria tra gli attuali 28 sistemi nazionali europei, i cui effetti, spesso profondamente divisivi, rischiano di distruggere l’acquis di Schengen.


Il ruolo fondamentale degli Enti locali nelle politiche europee di accoglienza, asilo e integrazione

Una strategia strutturale, duratura ed efficace verso l’immigrazione non può avere successo se i processi decisionali avvengono solo presso gli organi centrali degli Stati, senza coinvolgere attivamente, a livello politico, economico e operativo, gli Enti locali. Tale coinvolgimento deve riguardare tanto gli aspetti inerenti l’asilo e l’accoglienza, quanto quelli concernenti l’integrazione degli stranieri nelle società europee. A questo proposito, è utile ricordare come le Amministrazioni locali siano i soggetti che più direttamente conoscono gli impatti dei flussi migratori su territori e popolazioni: per tale ragione, essi richiedono non solo di essere consultati nelle fasi deliberative, ma anche di venire inclusi attivamente nei piani operativi di “ricollocazione” dei profughi.

Più estesamente, il CoR rivendica la necessità di un notevole rafforzamento del ruolo di Regioni e Comuni nelle strategie di risposta alle sfide delle migrazioni, secondo un modello di governance multilivello concretamente funzionante.  Questo rafforzamento deve avvenire sia sul piano politico (partecipazione ai processi decisori), sia su quello economico e amministrativo (aumento delle risorse finanziarie per gli Enti locali e creazione delle condizioni per una loro maggiore “eleggibilità” ai bandi europei), sia, infine, su quello operativo (supporto alla creazione di strutture di accoglienza e integrazione).

Per quanto riguarda l’aspetto economico, viene fatto osservare come, all’incremento finanziario per le operazioni di polizia finalizzate al controllo delle frontiere esterne dell’UE (Operazioni Poseidon e Triton, e avvio operazione Eunavfor Med nel Mediterraneo), la Commissione non abbia fatto corrispondere una valutazione adeguata delle risorse da destinare agli Enti locali per fornire idonei servizi di accoglienza e integrazione.

Per meglio affrontare questi problemi, il CoR lancia alla Commissione europea la proposta di organizzare annualmente un momento congiunto per valutare e concertare strategie partecipate sull’integrazione dei migranti nelle diverse realtà locali (an annual Structured Dialogue on Integration together with the European Committee of the Regions).


Revisione delle politiche dei visti per i profughi e l’attuazione dei corridoi umanitari: proposte sul fronte della politica estera dell’UE

L’azione nei Paesi terzi di provenienza o transito dei profughi costituisce un complemento essenziale alle politiche d’asilo europee, che consentirebbe di intervenire anche “a monte”, ossia sulle cause delle migrazioni. 

Nel quadro della rimodulazione del Regolamento di Dublino, il testo del Parere sottolinea favorevolmente l’impegno della Commissione a presentare, nei primi mesi 2016, una proposta che consenta ai profughi di fare domanda d’asilo anche al fuori dell’UE: una possibilità che, se attuata, consentirebbe loro un più facile accesso a vie “legali” e sicure di esilio, offrendo alternative ai canali delle reti di trafficanti.

Tuttavia, il fatto che la Commissione europea non abbia ancora presentato delle misure specifiche per creare percorsi sicuri e legali verso l’Europa è giudicato dal CoR molto severamente, in quanto, nei fatti, ritarda sia la possibilità di istituire “canali umanitari” che evitino il ripetersi di stragi lungo le vie di fuga, sia di creare meccanismi per esaminare l’idoneità alla tutela umanitaria già nei contesti di partenza.


Conclusioni

Gli sviluppi del Parere potranno dipendere essenzialmente da due fattori:

1) l’ascolto e l’attenzione che gli Organi comunitari centrali sapranno dare ai suoi contenuti, attuando concretamente le indicazioni del Trattato di Lisbona sulla partecipazione degli Enti locali alla formazione degli atti legislativi UE (nella fattispecie, sui fenomeni migratori);

2) la volontà e le capacità dei singoli poteri regionali e locali a partecipare alle attività del CoR, secondo le modalità previste dalle legislazioni nazionali (per quanto riguarda l’Italia, il riferimento principale è al Capo IV della L. 234 del 24 dicembre 2012).

Solo con il concorso di queste due volontà, il peso specifico delle Regioni e degli Enti locali in materia di migrazioni potrà accrescersi sino a risultare, finalmente, adeguato alla loro caratteristica di enti di prossimità, ossia di istituzioni a diretto contatto con i bisogni delle popolazioni e dei territori amministrati, in grado di dare risposte che gli organi centrali non riescono a fornire.