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Può accadere che, nonostante ogni giorno si studino ed analizzino tante esperienze innovative di secondo welfare, in fin dei conti non si abbia pienamente coscienza di come alcune iniziative possano incidere profondamente e positivamente sulla vita delle persone. Me ne sono accorto per caso nella giornata di ieri: una cena tra amici mi ha permesso di imbattermi in un progetto di housing molto interessante, di cui ho potuto constatare la bontà in prima persona.

La scoperta, casuale, di via Scarsellini 17

Qualche giorno fa un’amica ha invitato me e alcuni altri amici a cena nella nuova casa dove si è trasferita poco più di un anno fa. Arrivato a destinazione, in via Scarsellini 17, mi sono trovato davanti a un complesso molto grande: due edifici nuovissimi, di 11 piani, 4 scale ciascuno, divisi da un parco verde ben curato. Davvero un bel posto, tra l’altro in un’ottima posizione nonostante si trovi all’estrema periferia nord di Milano. A 300 metri dal complesso c’è infatti la fermata di Affori Centro, linea 3 della metropolitana, e poco distante c’è, invece, il centro di Affori, uno dei pochi quartieri milanesi che ancora oggi mantiene l’aspetto del paesino che era, fagocitato dalla metropoli in espansione nel corso degli anni ’20. Ho iniziato a chiedermi come la mia amica, poco più grande di me, avesse potuto comprare una casa in quest’area, che da alcuni anni si contraddistingue per una costante opera di riqualificazione urbana, a breve distanza da grandi aree verdi, come il Parco Nord e il complesso di Villa Litta, e a soli 20 minuti dal centro della città.

Arrivato nell’appartamento ho iniziato a porre alla mia amica alcune domande sortemi nel breve tratto che dalla macchina mi ha condotto alla sua porta: come hai fatto a trovare un posto così bello? Com’è che a neanche trent’anni, in un periodo di certo non facile, hai comprato una casa tutta tua? Quali sono le peculiarità di questo complesso che appare tutt’altro che un normale stabile di periferia? Di seguito un mix delle cose scoperte durante la cena e nella giornata seguente, quando ho provato a capire meglio il funzionamento di questo condominio particolare.

Esempio di edilizia convenzionata

Via Scarsellini 17 è frutto di un accordo tra Comune di Milano e due dei maggiori consorzi presenti nel capoluogo lombardo, la Ca’ Granda, affiliata a Legacoop, e CCL, che trae invece origine dall’esperienza di Acli e Cisl. Il 50% del complesso è a regime convenzionato, ovvero più facilmente accessibile a determinate categorie grazie al contributo dell’ente comunale, che si accorda preventivamente con le imprese costruttrici per favorire l’accesso a specifici gruppi di persone. Tra le categorie previste ci sono nuclei familiari soggetti a provvedimenti di sfratto, famiglie con membri portatori di handicap, lavoratori temporanei, studenti universitari fuori sede, giovani coppie, famiglie monogenitoriali o singole persone che hanno difficoltà a trovare alloggi, in vendita o in locazione, attraverso i normali canali di mercato.

La convezione di via Scarsellini tra comune e imprese costruttrici, firmata nel 2008, oltre a prevedere la creazione di oltre 100 appartamenti a prezzo calmierato, vede anche la destinazione del parco condominiale all’uso pubblico, la riqualificazione di un preesistente edificio con funzione produttiva e la costruzione di parcheggi e piazze limitrofe il complesso. L’accordo dunque non prevede solo la creazione di alloggi, ma anche la costruzione di una struttura pienamente integrata con l’area in cui si inserisce, con la previsione di spazi destinati anche all’utilizzo pubblico.

Spazi condivisi ma non solo

Oltre ad essere un interessante esempio di edilizia convenzionata, comunque simile ad altri complessi presenti sia Milano che in altre parti d’Italia, lo stabile di via Scarsellini rappresenta un’interessante e riuscita esperienza di cohousing. Con questo termine si fa riferimento a esperienze abitative dove i residenti hanno a disposizione vari spazi comuni – giardini, sale attrezzate, lavanderie, etc. – che sono condivisi e utilizzati per fornire servizi destinati a tutta la comunità.
Nel caso di via Scarsellini sono condivisi il parco, ampie aree gioco per i bambini – situate in giardini pensili situati al primo piano dei due edifici e nello stesso parco – e alcune sale comuni che ogni inquilino può prenotare ed utilizzare a proprio piacimento. La peculiarità di Scarsellini, tuttavia, non si ferma qui. Oltre a prevedere la presenza di spazi comuni il complesso è stato creato con l’idea di sostenere iniziative dal basso, provenienti dagli stessi abitanti dello stabile, per migliorare la qualità della vita della comunità residente.

L’idea del villaggio cooperativo

La creazione di un modello che potesse permettere un contatto continuo fra i residenti non è stato lasciato al caso, ma affidato dai costruttori a Housing Lab un gruppo di esperti dell’unità di ricerca DIS – Design & Innovation for Sustainability – del Politecnico di Milano, che attraverso la sperimentazione partecipata cerca di offrire nuovi servizi e modelli abitativi. Il lavoro svolto da questo gruppo ha portato alla creazione di una rete di condomini denominata “Scarsellini, vicini più vicini”, che si è dotata anche di un proprio social network.

Tra le iniziative promosse c’è la creazione di una rete wireless di condominio, la possibilità di acquistare alimenti, elettrodomestici o arredi in gruppo (in modo da abbassare i costi ad essi collegati), l’organizzazione di corsi serali, la gestione degli spazi comuni e l’organizzazione di iniziative ricreative di vario genere.
La realizzazione di questo progetto è stato possibile anche grazie al lavoro svolto dalla ricercatrice e service designer Liat Rogel, abitante del complesso che ha sperimentato e implementato in prima persona, assieme alla sua famiglia, i vantaggi di questo nuovo modello (la sua esperienza diretta è raccontata in questo breve contenuto in inglese.

Favorire l’abitare…

Lo stabile di via Scarsellini, per quel che ho potuto scoprire, rappresenta un esempio molto positivo e favorevole allo sviluppo di forme di secondo welfare. Le ragioni di questa positività sono fondamentalmente due. Da un lato esso garantisce l’accesso ad alloggi di grande qualità anche a soggetti che, sul normale mercato immobiliare, non avrebbero probabilmente la possibilità di accedervi. E’ un elemento indubbiamente importante, perché permette a un pubblico più ampio del normale di poter avere una bella casa, e non semplicemente un tetto sopra la testa, su cui può apparire ragionevole investire anche da un punto di vista economico. Risponde, dunque, a un settore della società molto ampio che non può accedere alle classiche strutture di edilizia popolare ma nel contempo non avrebbe la possibilità di acquistare o affittare alloggi ai prezzi di mercato vigenti in una grande città come Milano.

Come confermatomi dalla mia amica nel corso della cena, la decisione di aprire un mutuo non è stata indolore, ma la consapevolezza di investire su una cosa durevole e di valore, alla fine, l’ha spinta a intraprendere questa scelta. Molti sicuramente non hanno attualmente la possibilità di acquistare chiedendo un prestito bancario, ma non va dimenticata anche la possibilità di locazione agevolata offerta dalla convezione firmata da comune e imprese costruttrici.

… e la qualità della vita

Dall’altro lato, invece, c’è indubbiamente l’impostazione di un modello che non offre solo uno stabile di qualità, ma anche l’opportunità di partecipare a un sistema che favorisce la solidarietà e lo sviluppo del senso di comunità. Una gruppo di individui che uniti da una comune appartenenza collabora per migliorare la qualità della propria vita, ammettiamolo, non ha niente di particolarmente innovativo. Da che mondo e mondo la gente si è sempre messa insieme per aiutarsi e superare problemi che singolarmente non sarebbe riuscita a risolvere, specialmente se questi emergevano in un contesto particolarmente prossimo, come quello del vicinato o del quartiere.  Il forte benessere degli ultimi decenni e l’illusione che ognuno bastasse a se stesso, tuttavia, ha trasformato la solidarietà tra vicini da ovvietà a rarità, specialmente in grandi contesti urbani come Milano. Le problematiche legate al cambio di paradigma avvenuto negli ultimi anni, specialmente a causa della crisi, stanno riportando alla luce la necessità di ritornare a modelli che favoriscano la solidarietà e la cooperazione. “Scarsellini vicini più vicini” appare indice di questa volontà di riproporre modelli che sostengano le comunità che, seppur artificialmente, cercano di ricostituirsi in funzione di un modello di vita non solo utile ma anche, a mio modo di vedere, preferibile rispetto a quelli attuali.

 

Riferimenti

La convezione di via Scarsellini

Il consorzio Ca’ Granda

Il consorzio CCL

Il progetto Housing Lab

 

 

I nostri approfondimenti sul social housing:

Povertà abitativa: la risposta di Parma Social House

Housing sì, ma anche social: Sharing Hotel Residence Torino

Banca Prossima e Cariplo insieme per il social housing

Le politiche di Social Housing in Unione Europea: a che punto siamo?

Progetto Maison du Monde

 

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