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In questo articolo presentiamo l’esperienza del Centro Socio-Educativo per l’autismo del Comune di Bergamo, gestito dalla Cooperativa SER.E.NA all’interno della co-progettazione con i consorzi Ribes e Solco. Il valore sotteso al percorso effettuato è legato al fatto che, a partire dal 2016, è stato possibile iniziare un complessivo ripensamento di un modello di servizio in precedenza fortemente standardizzato e codificato. La trasformazione è stata volta a definire una struttura maggiormente flessibile, con progetti personalizzati, ma soprattutto con una forte apertura e integrazione “nel” e “con” il territorio nel quale il servizio è collocato. Emergono bene, nella strada fatta, le dimensioni di comunità e di quartiere, vissuti non solo come appartenenza, ma come reciprocità, relazione, inclusione reale e sostegno reciproco, nell’ottica di quella che i più recenti studi definiscono community building.


Un percorso per ripensare i servizi per la disabilità

L’esperienza si sviluppa all’interno dell’idea dell’amministrazione comunale di Bergamo di rivalutare e dare maggior sostegno e fondamento alla dimensione territoriale, attraverso lo strumento e l’istituzione delle reti sociali di quartiere, il cui scopo è valorizzare le relazioni tra scuola, associazioni, servizi e commercio e più in generale di cittadini che operano attivamente nei territori locali. Esiste poi una raccolta di saperi e di buone prassi che caratterizzano la tradizione pedagogica cooperativa e culturale del Comune di Bergamo e dei consorzi coinvolti. Tutto ciò ha permesso, su mandato dell’Assessorato alle Politiche Sociali, la realizzazione delle più diverse esperienze sul territorio indirizzate alle persone con disabilità per costruire percorsi di comunità. La forza innovativa del percorso è anche legata al fatto che si è riusciti a sviluppare momenti e occasioni di reale integrazione con persone con disabilità gravi e gravissime all’interno dello spettro autistico. Particolare attenzione è stata rivolta quindi ai soggetti che, per caratteristiche funzionali e tipiche della patologia, faticano proprio nelle dimensioni sociali e di relazione.

I riferimenti teorici sono la pedagogia speciale e le sue riflessioni sul tema della diversità/normalità e sul concetto di inclusione, la Dichiarazione dei diritti universali e la Convenzione dei diritti delle persone con disabili, il modello dell’OMS e il manuale ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, un documento elaborato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che rappresenta lo standard internazionale per misurare e classificare salute e disabilità.).

Dalla pedagogia speciale provengono alcune domande che ci hanno guidato nel costruire una vera cultura dell’inclusione, incentrate sul concetto di diversità:

  • cosa significa per noi la diversità? Soprattutto rispetto a quale normalità?
  • classifichiamo diversità di «serie A» e di «serie B»?
  • qual è il rapporto tra contesto sociale ed elementi di diversità?
  • come ci «percepiamo» nei confronti delle «mancanze», degli «insuccessi» degli altri?
  • in che rapporto stanno i concetti di difficoltà – diversità – differenza – similitudine?
  • come «agiamo»? Con quale/i metodologia/e?
  • cosa significa integrare e/o includere? Rispetto a che cosa? A quale diversità?
  • come valutare le diversità?

Il concetto di inclusione a cui ci siamo riferiti nasce invece nell’ambito degli studi sociologici come nuova categoria interpretativa dei processi di democratizzazione delle società occidentali, evidenziando il rapporto tra esercizio dei diritti civili e struttura sociale delle disuguaglianze e si sviluppa in relazione alla rapida trasformazione delle società moderne, alla globalizzazione, all’apertura e alla mobilità del sistema sociale, all’accoglienza del nuovo e del diverso che rischia di generare aree di marginalità e solitudine.

Inclusione significa “racchiudere dentro”. Dal punto di vista educativo inclusione è l’apertura alla diversità che permette di trasformare, di attivare un processo di cambiamento su tutti i soggetti coinvolti nella comunità. È un processo che si riferisce alla dimensione educativa, sociale, politica e del vivere quotidiano, si pone l’obiettivo del superamento delle barriere alla partecipazione e all’apprendimento e si rivolge a tutte le persone e a tutte le loro potenzialità. Si interviene così prima sul contesto, poi sul soggetto.

Dal punto di vista legislativo il dibattito contemporaneo sul tema dei diritti e dell’uguaglianza ha dato origine a un nuovo corso di politiche antidiscriminatorie e all’elaborazione di documenti e protocolli internazionali di rilevanza storica, tra cui la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che sancisce il principio al “rispetto per la differenza e l’accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell’umanità stessa”.


Il progetto di inclusione territoriale

Il nostro progetto si sviluppa nella zona di Valtesse, quartiere della città di Bergamo, e vede coinvolti il Centro Socio-Educativo (CSE) per l’autismo del Comune di Bergamo, un servizio specializzato per le persone con autismo gestito dalla Cooperativa Ser.e.Na, e la rete di quartiere “I colori della Morla”, che comprende la scuola, le associazioni sportive, la biblioteca, gli scout, i genitori e associazioni varie, oltre all’assistente sociale di zona, per un totale di circa una trentina di soggetti. Il progetto nasce dalla costante partecipazione del coordinatore del servizio alla rete sociale, dal mandato forte dato dalla cooperativa e dal Comune al coordinatore di costruire relazioni e inclusione sul territorio e da una rete sociale accogliente e desiderosa di costruire relazioni, dalla condivisione degli spazi del CSE stesso messi a disposizione dei bisogni del quartiere, come quello di avere uno spazio per ritrovarsi durante gli incontri della rete stessa e di offrire uno spazio per gli alunni della scuola primaria per il progetto di aiuto compiti dopo la scuola.

La partecipazione costante agli incontri della rete di quartiere ha permesso al coordinatore di conoscere bisogni, richieste e risorse di tutti i soggetti coinvolti e viceversa di narrare le esperienze quotidiane, abilità e le caratteristiche delle persone del CSE per creare di relazioni di utilità reciproca. Gli obiettivi proposti e raggiunti sono molteplici e hanno riguardato sia le persone con autismo sia la comunità nel suo insieme.

Per le persone con autismo gli obiettivi sono stati: favorire lo sviluppo di competenze di autonomia e competenze socio-occupazionali da utilizzare nei contesti comunitari; sostenere e favorire lo sviluppo delle competenze di socializzazione e relazione; sostenere l’autostima e il senso di competenza; sostenere il vissuto di essere risorsa per la comunità.

Per la comunità invece ci si è proposti di: favorire una cultura dell’inclusione; creare legami e relazioni; esensibilizzare la comunità nei confronti della disabilità e dell’autismo in particolare e costruire una cultura che consenta comportamenti consapevoli rispetto ai modi relazionali e di coinvolgimento degli utenti; incentivare la costruzione di attività adattate e spazi concreti di inserimento nella comunità di appartenenza; collaborare con il territorio per progetti di inclusione sociale dove la disabilità diventa risorsa reale per il territorio.

Le attività proposte nel quartiere, che hanno visto la diretta collaborazione delle persone con autismo a favore del quartiere stesso sono state e sono:

  • Servizi per gli anziani: spesa, pasti (in collaborazione con l’Associazione Disnà);
  • Servizi rivolti all’asilo nido: spesa, preparazione dei tavoli per la mensa, pulizia del giardino;
  • Servizi di pulizia rivolti alla collettività: pista ciclabile (in collaborazione con il centro “Tutte le età”), campetto da basket e piazzale centrale del quartiere;
  • Collaborazione con l’oratorio: laboratorio di falegnameria per giovani, cura dell’orto;
  • Partecipazione da parte della band musicale del CSE, costruita da educatori, volontari e ospiti, alle feste del quartiere.

Si è permesso in questo modo di attivare risorse e di ottimizzarle, utilizzando in modo finalizzato e collaborativo educatori, badanti, ausiliari socio-assistenziali e volontari, in base ai bisogni e alle esigenze dei molti soggetti coinvolti (persone anziane, con disabilità, minori). Lo stesso quartiere si è spesso mobilitato a favore del CSE e delle sue richieste, attivando ad esempio i volontari per il trasporto delle persone con disabilità, o nella raccolta fondi per l’acquisto di nuovi strumenti musicali, o ancora per piccoli lavoretti di manutenzione di cui il servizio necessitava.

Anche durante la pandemia da Covid-19, che ha costretto a rivedere completamente il servizio e a costruire nuove modalità di gestione oltre che a limitare molto alcune attività all’esterno per le norme di sicurezza, è stato possibile mantenere le relazioni costruite con il quartiere attraverso le videochiamate con i membri della rete, in particolare sono state effettuate videochiamate con i bambini dell’asilo nido e le loro educatrici, ma soprattutto è stato possibile proseguire o addirittura intensificare alcune attività a favore degli anziani, come il servizio di distribuzione dei pasti.

Relazioni, comunità, scambio, inclusione, quartiere non sono più solo parole, ma sono diventate nell’esperienza del CSE e del quartiere di Valtesse, seppur nella semplicità delle azioni e nella quotidianità, fatti concreti e reali.