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A fronte dei circa 5 milioni di giovani disoccupati riportati da Eurostat, l’offensiva dell’Ue contro la disoccupazione giovanile prosegue. Lo sforzo nel mobilitare risorse per il potenziamento e coordinamento delle politiche attive negli Stati membri non ha precedenti. Come ribadito nell’ultimo incontro del Consiglio direttivo della rete dei servizi pubblici per l’impiego europei, la Garanzia Giovani rappresenta il pilastro centrale di questa strategia.

Salvatore Pirrone, vice presidente del Consiglio direttivo e direttore generale per le Politiche attive del ministero del Lavoro, ha sottolineato come, per i Paesi che hanno una tradizione di servizi per l’impiego meno affermata (come l’Italia), Garanzia Giovani stia fungendo “da acceleratore per una riforma del settore e per l’introduzione di nuovi strumenti di lavoro, finalmente allineati a quelli dei principali paesi europei". Per la maggior parte dei commentatori, la Garanzia Giovani ha però finora rappresentato in Italia una conferma delle inefficienze presenti da molti anni, più che un acceleratore del cambiamento. Come dire: divergenze di analisi o forse di prospettive.

A fondamento delle critiche ci sono numeri alquanto deludenti su due versanti dell’implementazione. In primo luogo la Garanzia Giovani si è dimostrata inefficace nel raggiungere i possibili destinatari della misura: secondo le analisi del Ministero sull’ultimo monitoraggio i giovani registrati rappresentano il 22,8% del bacino potenziale di beneficiari (ovvero circa 1,7 milioni di NEET under-29 disponibili a lavorare rilevati da Istat nel 2013). Dall’altra parte, le aspettative di questo 23% che si è registrato sono state nella stragrande maggioranza dei casi deluse: ad oggi i posti di lavoro resi disponibili sono sufficienti a coprire solo l’11% degli iscritti. L’implementazione del programma ha dovuto fare i conti con una serie di problemi, non da ultimo lo scarso interesse delle imprese nel prendere parte al progetto.

Se sul fronte nazionale questi dati deludenti hanno di recente spinto il Ministero a proporre una serie di aggiustamenti in corso d’opera (per approfondimenti vedi Garanzia giovani: gli obiettivi per il 2015), qualche novità è stata proposta anche a livello europeo.


Europatriates: cos’è e da dove viene

Sulla scarsa capacità di intermediazione fra domanda e offerta di lavoro si innesta una recente proposta per un nuovo modello di intervento di politica attiva, che pone al centro non solo le persone da collocare, ma anche le esigenze del tessuto imprenditoriale. Si tratta del programma Europatriates: nato da iniziativa privata, dallo scorso giugno è stato patrocinato dalla Commissione europea e lanciato come progetto pilota (si veda l’intervento dell’ex Commissario Barroso al I Congresso di Europatriates, tenutosi a Saarbrücken, in Germania).

La proposta arriva da uno degli ‘addetti ai lavori’ che ha fatto più parlare di sé nel corso dell’ultimo decennio: Peter Hartz. Portano il nome dell’ex dirigente della Volkswagen le tuttora dibattute riforme del mercato del lavoro tedesco che, fra il 2002 e il 2005, introdussero criteri più stringenti per i sussidi di disoccupazione e aggiunsero flessibilità in entrata con i cosiddetti ‘mini-jobs’. Dopo esser stato coinvolto in uno scandalo sulla corruzione dei rappresentati sindacali nel Consiglio della Volkswagen (per cui fu condannato nel 2007), Hartz è tornato a dedicarsi alle politiche del lavoro, impegnandosi nella proposta di un nuovo metodo per contrastare la disoccupazione giovanile.

Intervistato da Der Spiegel, lo stesso Hartz dichiarava di ritenere la Garanzia Giovani un’iniziativa molto positiva, ma purtroppo povera nell’implementazione. Europatriates prova ad andarle in appoggio, proponendo una soluzione alternativa: data le difficoltà nell’assorbire l’offerta di lavoro da parte di molti Paesi, l’idea è quella di ricollocare i giovani (under-25) disoccupati in un altro Paese europeo che li ospiti temporaneamente per un impiego o un apprendistato. In altre parole, incentivare la mobilità dei giovani dai Paesi in crisi verso quelli capaci di offrire loro opportunità adeguate nel breve periodo, così da non sprecare capitale umano, ma anzi arricchire ulteriormente quello dei giovani ‘Europatriates’. In tal modo si andrebbe peraltro ad alleggerire il costo sociale dei disoccupati nei Paesi d’origine (si pensi ai sussidi), senza pesare troppo sui Paesi di destinazione (in quanto si tratta di forme di impiego temporanee e poco onerose per i datori).

Sul come, Europatriates propone modalità innovative sia per le pratiche di job matching, sia per quanto riguarda il finanziamento del programma. I promotori ne riportano i tratti fondamentali in 6 punti:

  1. Una ‘diagnosi dei talenti’, ovvero un piano di sviluppo personale per i giovani coinvolti, che sia capace di valutare in modo adeguato le potenzialità dei soggetti sulla base non solo delle esperienze lavorative pregresse, ma anche delle loro attitudini, secondo un approccio mutuato dalla psicologia del lavoro.
  2. Uno strumento nuovo per finanziare gli apprendistati, tramite l’apertura di un fondo presso la Banca europea degli investimenti che emetta un nuovo tipo di prestiti obbligazionari (battezzati ‘training time securities‘), tramite cui investitori sia pubblici che privati possano finanziare l’apertura di nuove vacancies e apprendistati.
  3. Un ‘radar dell’occupazione’ che incroci il risultato della diagnosi dei talenti (quindi l’offerta di lavoro), coi bisogni del tessuto imprenditoriale (la domanda) sia nell’area di provenienza del giovane, che in altre regioni all’estero disposte ad ospitare gli ‘Europatriates’.
  4. L’incentivazione dell’assunzione di chi termina il periodo di tirocinio/apprendistato, tramite prestiti ad hoc alle PMI che altrimenti non avrebbero le risorse necessarie per aprire nuove posizioni.
  5. Lo sviluppo di una struttura di supporto per il programma, centralizzata ma capace di mettere in rete le esigenze occupazionali locali, e di accompagnare gli Europatriates lungo i piani di sviluppo personali. 
  6. La compatibilità con schemi di riduzione dell’orario di lavoro (il riferimento di chi ha redatto il piano operativo di Europatriates è sicuramente al Kurzarbeit tedesco, ma si pensi ad esempio alla nostra Cassa integrazione ordinaria o ad altri strumenti come le cosiddette banche del tempo). I giovani nelle imprese che applicano una riduzione dell’orario di lavoro potrebbero essere temporaneamente allocati altrove per programmi di on the job training, con la prospettiva di poter eventualmente poi tornare all’impresa-madre.

Europatriates prende spunto dall’esperienza di un precedente progetto pilota, Minipreneure, testato nella regione del Saarland in Germania dal 2011. Minipreneure fu finanziato da un network di imprese sotto la direzione della Fondazione SHS, che è oggi responsabile di Europatriates: padre intellettuale ne era già allora Peter Hartz, affiancato dal collega Prof. Hilarion G. Petzold (i due hanno anche curato un volume su Minipreneure, recentemente pubblicato in tedesco). Il modello di intermediazione proposto, come anche l’utilizzo di nuovi approcci e software di job matching di ultima generazione, è di fatto lo stesso che ora fa da scheletro per Europatriates.


Un’idea nuova?

Nemmeno l’idea di ricollocare i giovani disoccupati dai Paesi più colpiti dalla crisi alle economie più sane risulta del tutto nuova. Proprio la Germania ha previsto già dal 2012 delle forme di incentivazione per inserire giovani disoccupati europei in tirocini o percorsi di formazione in azienda, nel cuore del caratteristico sistema di formazione duale tedesco. Esempio ancora più diretto è l’accordo bilaterale siglato nel maggio 2013 fra Germania e Spagna per l’assunzione in apprendistato di 5000 giovani spagnoli in settori ad alta domanda di lavoro qualificato in Germania (si veda a riguardo l’intervento del Financial Times) 1

Va inoltre ricordato come già prima dell’intervento di politiche ad hoc la migliore ‘garanzia’ per i giovani dei Paesi del Sud Europa fosse l’emigrazione. Secondo l’OCSE il flusso di greci verso la Germania crebbe del 70% già fra il 2011 e il 2012, mentre raddoppiarono quelli da Spagna e Portogallo.

Per quanto riguarda l’Italia, la cosiddetta ‘fuga dei talenti’ non sembra calare, ma anzi aumentare. Secondo i dati dell’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero), l’incremento di espatri fra il 2012 e il 2013 è stato superiore al 70%. Fra chi lascia il Paese, più della metà è under-40; a giocarsi il primo posto di mete preferite, due Paesi intra-UE: Inghilterra e Germania 2


I rischi della proposta…

Nelle intenzioni dei suoi promotori, Europatriates, sembra comunque superare i rischi impliciti nella mobilità del capitale umano verso le economie più forti. Nella dichiarazione di intenti resa disponibile sul sito ufficiale si legge che l’obiettivo è in effetti quello di ‘estirpare la disoccupazione dai Paesi più colpiti e trasformarla in apprendistati e occupazione in altri Paesi europei’. Dunque, usare la mobilità dei giovani come valvola di sfogo per i tassi di disoccupazione fuori controllo nelle periferie dell’UE. Fin qui nulla di nuovo (se non sul fronte degli strumenti di incrocio domanda-offerta). Allo stesso tempo, però, l’intenzione è quella di far sì che ciò non sfoci nella temuta fuga dei talenti, ma che al contrario dia un ritorno anche nei Paesi di emigrazione, nei quali i giovani Europatriates rientreranno dopo l’esperienza temporanea di lavoro all’estero, portando con sé un ulteriore arricchimento di capitale umano. Ma come potranno far fruttare tale capitale nel Paese d’origine? Sempre secondo il piano di Europatriates, lo sviluppo di future prospettive di impiego nei Paesi d’origine dei giovani è supportato in parallelo da altri programmi europei come, in primo luogo, la Garanzia Giovani.

Peccato che fin ora la Garanzia Giovani non sembra aver potuto nulla contro una contrazione congiunturale della domanda di lavoro. Se la situazione economica nelle periferie dell’Ue non si risolleverà, il rischio è che Europatriates rimanga pura e semplice valvola di sfogo per i giovani disoccupati dei Paesi del Sud, andando semplicemente ad amplificare una fuga di capitale umano che già c’è. Lo scenario più cupo che si può prefigurare è quello tratteggiato dal politologo danese Jon Kvist in un articolo del 2013, dove segnalava come i frutti degli ‘investimenti sociali’ fatti nel Sud (in termini soldi spesi per formare i giovani che lasciano il paese) siano destinati ad essere raccolti nei paesi del Nord/centro Europa che assorbono questo ‘eccesso’ di offerta di lavoro. Nella migliore delle ipotesi i già notevoli squilibri sociali ed economici fra Paesi membri resterebbero quindi invariati.

Sebbene Europatriates rimanga ad oggi un progetto pilota marginale, le questioni che solleva sono quindi tutt’altro che secondarie. La mobilità intra-EU serve in effetti per dare respiro alla disoccupazione giovanile che, malgrado gli sforzi delle varie Garanzie per i Giovani, non riesce ad essere assorbita nei Paesi periferici.

Sicuramente l’attivazione al lavoro all’estero alleggerirebbe il costo sociale dei disoccupati nei Paesi d’origine (si pensi ai sussidi in meno da pagare), senza per giunta pesare sulla previdenza sociale dei Paesi di destinazione (in quanto si tratta di forme di impiego temporanee, poco onerose per i datori e ancor meno per lo Stato). Contrariamente a quanto annunciato con toni magniloquenti dai suoi promotori, Europatriates non si può tuttavia considerare come una cura miracolosa per la disoccupazione giovanile in Europa.


…e i possibili insegnamenti per Garanzia Giovani

E’ interessante invece guardare a Europatriates come supporto per la Garanzia Giovani, nonché fonte di possibili spunti. Uno dei più grandi dilemmi di Garanzia Giovani nel nostro Paese è stata la difficoltà nel raggiungere i NEET più vulnerabili. Come si ricordava in apertura, il programma ha raggiunto ad oggi solo il 22,8% dei potenziali beneficiari. Non solo, fra gli iscritti, ben il 70% appartiene alle due classi meno svantaggiate (su quattro classi di profilazione del giovane in base alla sua distanza dal mercato del lavoro). Così come appare, Europatriates sembra difficilmente in grado di fornire mezzi per migliorare questo trend.

Più che a raggiungere i più vulnerabili, Europatriates sembra infatti idoneo a intercettare i giovani che hanno già ‘qualche marcia in più’, ma che hanno difficoltà a trovare buone opportunità nel proprio Paese. Potrebbe in questo senso essere un mezzo per arricchire la scelta di questi ultimi, aggiungendo alle (scarse) offerte di lavoro riportate sul portale nazionale opportunità di impiego all’estero, seppur limitate nel tempo. Il piano nazionale di Garanzia Giovani contempla già la possibilità di un inserimento lavorativo all’estero, eventualmente accompagnato da un’indennità per coprire i costi del viaggio e dell’alloggio: in realtà, secondo l’ultimo monitoraggio le offerte all’estero sono soltanto lo 0,1% del totale, e solo 4 regioni hanno stanziato finanziamenti per questa misura. Un eventuale cambiamento di rotta in questa direzione solleverebbe tuttavia i già citati dubbi sui pro e contro del deviare capitale umano all’estero.

Non sorgono invece dubbi sugli insegnamenti che Garanzia Giovani potrebbe trarre da Europatriates rispetto alla metodologia di intermediazione domanda-offerta. Un sistema innovativo e calibrato anche su un attento monitoraggio dei bisogni del tessuto imprenditoriale potrebbe infatti rendere più accattivante per le aziende un programma che, come dimostrano le poche offerte di lavoro inserite, ad oggi accattivante non è


[1] Si ricorda che, contro tassi di disoccupazione spesso sopra il 50% nei Paesi dell’Europa meridionale, anche dopo la crisi il mercato del lavoro tedesco continua ad assorbire l’offerta giovanile pressoché senza alcuna frizione: i più recenti dati danno la disoccupazione giovanile in Germania al 7,7%.
[2] Come noto, i dati dell’AIRE tendono a sottostimare il fenomeno. Secondo gli esperti di flussi migratori, soltanto un italiano su due di solito comunica il suo trasferimento all’estero al Ministero. Sul tema delle opportunità all’estero per i giovani italiani si veda anche il
precedente intervento pubblicato su questo sito.


Riferimenti

Hartz, P., e Petzold, H. G. (2014), Wege aus der Arbeitslosigkeit: MINIPRENEURE. Chancen um das Leben neu zu gestalten–Zur Bewältigung von Langzeitarbeitslosigkeit, Springer-Verlag.

Kvist, J. (2013), The post-crisis European social model: developing or dismantling social investments?, "Journal of International and Comparative Social Policy", 29(1), 91-107.


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