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In un recente rapporto, la Corte dei conti europea ha messo in luce alcuni rischi connessi al processo di attuazione della Garanzia giovani (GG) che derivano da lacune imputabili sia alla Commissione europea, sia agli Stati membri destinatari del programma. L’analisi dei giudici di Lussemburgo si concentra sulla valutazione realizzata dalla Commissione europea dei programmi d’implementazione della GG relativi a cinque paesi: Francia, Irlanda, Italia, Lituania e Portogallo. L’audit copre un periodo che va da aprile 2013 a giugno 2014, dunque una fase che precede l’effettivo avvio dei programmi nazionali, sebbene siano stati acquisiti alcuni aggiornamenti fino al febbraio del 2015.

Le osservazioni della Corte

Le critiche avanzate dalla Corte sono sostanzialmente tre e riguardano il rapporto tra i finanziamenti stanziati e i costi effettivi di attuazione, il tema della qualità delle offerte di lavoro rivolte ai giovani e infine il monitoraggio complessivo del Programma.

I finanziamenti risultano inadeguati

I giudici di Lussemburgo accusano la Commissione europea di non aver realizzato un’accurata valutazione d’impatto (impact assessment) dello schema Garanzia giovani al fine di soppesarne costi e benefici specifici. Le uniche indicazioni fornite dalla Commissione sull’allocazione delle risorse riguardano l’ammontare di un totale di 16,7 miliardi di euro (2,4 miliardi all’anno, comprensivi di cofinanziamenti pubblici e privati) per l’intero periodo di programmazione 2014-2020. Una somma che appare largamente inferiore a quanto stimato nel 2013 dall’International Labour Organisation, secondo la quale occorrerebbe investire annualmente dallo 0,5% all’1,5% del Pil per garantire la piena implementazione della Garanzia giovani. Per un raffronto immediato, si consideri che l’Italia nel 2012 ha speso solo lo 0,32% per l’insieme delle politiche attive del lavoro rivolte a tutte la categorie di lavoratori.

Il rischio è dunque che le risorse a disposizione risultino sottodimensionate, in particolare in quei paesi, come l’Italia, che necessitano di importanti riforme strutturali. Come richiesto dalla Corte, andrebbe chiarito quante risorse sono state messe a disposizione a livello nazionale al fine di conseguire gli obiettivi fissati dalla Garanzia giovani. Nel conteggio occorrerebbe considerare non solo i finanziamenti stanziati per coprire, nel migliore dei casi, misure di carattere congiunturale, ma anche i costi di implementazione di quelle riforme strutturali necessarie per utilizzare al meglio le (limitate) risorse stanziate dal programma Garanzia giovani.

Manca una chiara definizione di "offerta di lavoro qualitativamente valida"

La raccomandazione adottata dal Consiglio dell’Unione europea nell’aprile 2013 invitava gli Stati membri a garantire ai giovani di età inferiore ai 25 anni "un’offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio entro un periodo di quattro mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal sistema d’istruzione formale”. Secondo i giudici della Corte dei conti non sono però mai state fornite, a livello comunitario, chiare indicazioni su che cosa si debba intendere con qualità delle opportunità occupazionali offerte ai giovani. E’ vero che in tempi di crisi, qualcuno potrebbe pensare che per i giovani l’importante è per prima cosa "trovare un lavoro", qualunque esso sia. In realtà, l’obiezione della Corte è rilevante se consideriamo che il vero obiettivo della GG è consentire ai Neet una chance concreta di integrazione durevole nel mercato del lavoro e non solo fornire (quando va bene) risposte di corto respiro.

La stessa Commissione europea si era già espressa in tal senso: un’offerta di qualità è quella che – si presume – possa consentire un inserimento "sostenibile" nel mercato del lavoro e non quella il cui principale effetto è solo di tipo cosmetico, ovvero volto a far figurare nelle statistiche ufficiali una riduzione della disoccupazione giovanile nel breve periodo. A tale fine, la Corte dei conti suggerisce di valutare gli inserimenti occupazionali offerti ai giovani considerando la loro durata, il livello di remunerazione che, come minimo, non dovrebbe scendere al di sotto della soglia standard di povertà e la "volontarietà" del rapporto di lavoro posto in essere, ovvero se il tipo di contratto offerto abbia o meno rappresentato una scelta obbligata.

Se il tema della qualità della domanda di lavoro rivolta ai giovani, che di per sé non dipende tanto o solo dalla Garanzia giovani, è rimasto sottotraccia a livello europeo, un discorso diverso può essere fatto con riferimento agli stage. In questo caso, il Consiglio dell’Unione europea ha approvato nel marzo 2014 una raccomandazione sul Quadro di qualità per i tirocini in cui sono stati definiti alcuni requisiti di base non vincolanti rispetto alla durata, alle condizioni di lavoro, agli obiettivi formativi e al riconoscimento delle competenze e conoscenze acquisite. Anche per quanto concerne le offerte di lavoro per i giovani si potrebbe dunque procedere in maniera analoga, fissando una serie di criteri minimi. L’operazione non è pacifica, data la presenza di diversi orientamenti nazionali e politici sul tema. Inoltre, non è detto che l’individuazione di standard di carattere non obbligatorio possa portare a risultati tangibili, sopratutto laddove è già difficile conseguire qualche risultato. Ad ogni modo, essa fornirebbe una base per la valutazione dei risultati effettivamente conseguiti dalla GG rispetto a questa dimensione di analisi.

Il sistema di monitoraggio risulta parziale

La Corte ha anche lamentato l’assenza, fin dall’avvio del programma Garanzia giovani, di un piano europeo di monitoraggio in grado di tenere in considerazione l’insieme delle misure adottate dagli Stati membri per la promozione dell’occupazione giovanile e il contrasto al fenomeno dei Neet, anche al di là delle specifiche iniziative finanziate dal Fondo sociale europeo e dell’Iniziativa Occupazione giovani. I giudici di Lussemburgo rilevano inoltre come alcuni indicatori di risultato per la valutazione della GG potrebbero essere parzialmente rivisti o dettagliati. Ad esempio, la valutazione dell’esito occupazionale e/o formativo per ora prevista solo fino a un massimo di sei mesi dalla fine dell’intervento potrebbe essere estesa, così come mancano indicatori di output per valutare gli effetti specifici della GG sui beneficiari appartenenti alla categoria dei 25-29enni. Infine, sarebbe importante che il monitoraggio condotto dalla Commissione europea tenesse in considerazione anche l’andamento delle riforme strutturali adottate per dare seguito alla Garanzia giovani.


La Garanzia giovani e i processi di apprendimento sociale

In sintesi, il rapporto della Corte dei conti europea punta il dito sulla necessità che la Garanzia giovani sia non solo un’occasione per distribuire risorse finalizzate alla "creazione" di posti di lavoro e occasioni formative, a maggior ragione se di dubbia qualità. Al contrario, la GG dovrebbe essere sfruttata come un’opportunità per (ri-)lanciare l’adozione di profonde riforme dei sistemi formativi, dei servizi per l’impiego e delle politiche di transizione scuola-lavoro, sopratutto in quei paesi che in tali ambiti lamentano importanti deficit strutturali. I giudici osservano comunque che proprio in questi paesi è improbabile che si possano implementare nel breve periodo quei provvedimenti necessari a garantire un’efficace realizzazione della Garanzia giovani. Questa previsione sembra valere ad esempio per l’Italia dove i risultati finora raggiunti dal programma non fanno ben sperare.

Le strade che sembrano aprirsi a fronte di un simile scenario sono due. Da una parte, vi è quella dell’immobilismo che nella migliore delle ipotesi ci porta a ragionare in termini incrementali, fiduciosi che qualche risultato potrà essere conseguito, forse più per merito dell’attesa ripresa economica che della bontà della Garanzia giovani. Dall’altra, vi è la strada della mobilitazione: il preannunciato fallimento della GG può essere interpretato, paradossalmente, come un’occasione funzionale alla riforma delle politiche attive del lavoro, vale a dire un elemento interno di una dinamica di apprendimento sociale. Come scriveva Peter Hall, le anomalie e i fallimenti possono infatti contribuire a discreditare i paradigmi di policy dominanti, portandoli verso un "punto di rottura" a partire dal quale essi appaiono difficilmente difendibili perfino da coloro che si oppongono al cambiamento (qualunque esso sia).


Riferimenti

I giovani disoccupati in Europa: ostacoli all’orizzonte nell’UE per la Garanzia per i giovani

Youth guarantees: a response to the youth employment crisis?, International Labour Organisation

Le raccomandazioni del Consiglio dell’Unione Europea sui tirocini


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