6 ' di lettura
Salva pagina in PDF

La legge 112/2016 “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare” prevede sgravi fiscali per le famiglie che decidono di attivare trust per sostenere i progetti di autonomia dei loro congiunti con disabilità. Obiettivo della norma è valorizzare le risorse private delle famiglie e rendere possibile il diritto all’autonomia sancito dalla Convenzione ONU.

Nei mesi successivi all’approvazione della legge alcuni attori privat, UBI Banca,i e del Terzo settore, ANFFAS e Gruppo Cooperativo CGM, hanno avviato una riflessione per implementare l’uso del trust, uno strumento poco noto nel nostro Paese. Dalla sinergia tra questi attori è nato Trust in Life, un progetto che unisce le competenze economico-finanziarie di UBI Banca e le competenze psicosociali di ANFFAS e Gruppo Cooperativo CGM per costruire efficaci progetti di autonomia per le persone con disabilità.

Abbiamo intervistato Guido Cisternino, Responsabile Terzo Settore ed Economia Civile di UBI Banca, per approfondire il progetto e comprendere le potenzialità di questo strumento.


UBI Banca ha all’attivo numerosi servizi innovativi rivolti al Terzo settore: come si è sviluppata questa particolare attenzione?


È frutto di un percorso in continua evoluzione che nasce dalla nostra storia, dal continuo dialogo e confronto con gli operatori del Terzo settore nonché dalla condivisione delle nostre competenze e che si è sviluppato in modo consapevole e strutturato sostanzialmente in due tappe significative, la prima delle quali risale al 2011 con il lancio di UBI Comunità, modello di servizio dedicato alle diverse realtà del non profit laico e religioso.

Le banche che hanno dato vita al gruppo UBI Banca hanno avuto infatti, per decenni, forte carattere territoriale ed attenzione alle comunità di riferimento. Ciò le portava, di conseguenza, sia per condivisione delle vicende socioeconomiche locali, sia per comunanza di valori identitari, ad una attenzione al volontariato e alla solidarietà. Questi aspetti sono valorizzati ancora oggi con la “banca unica”, sorta a seguito della loro incorporazione in UBI.

Nel 2011 proprio da una di queste necessità locali nacque ad esempio l’intuizione del Social Bond, ovvero di legare una emissione obbligazionaria ad una erogazione liberale, coinvolgendo i risparmiatori residenti nella zona interessata dall’intervento e finalizzando l’erogazione ad un risultato tangibile ovvero ad un’iniziativa ad impatto e valenza sociale. Da allora ne sono stati emessi 88 per un controvalore complessivo vicino al miliardo di euro, a fronte dei quali UBI Banca ha erogato liberalità a sostegno di altrettanti progetti, per un totale erogato superiore a 4,5 milioni di euro, grazie al coinvolgimento di oltre 34.000 clienti.

Infine, in occasione del recente piano industriale 2016-2020, UBI Banca ha rafforzato ulteriormente il suo impegno, con la creazione di una vera e propria divisione interna dedicata al terzo settore ed all’economia civile che, grazie anche alla presenza di una squadra di specialisti sul territorio, si propone di accompagnare le diverse realtà del non profit nel loro processo di crescita sostenibile e di innovazione, cercando di favorire e promuovere sinergie e forme di convergenza tra i diversi soggetti del pubblico, privato e privato sociale. Per noi infatti questo ambito rappresenta un asset relazionale ed economico di grande rilevanza.

Quindi, per riassumere: una sensibilità ed una responsabilità sociale che viene dalla nostra storia e un impegno sempre più specialistico, distintivo e professionale, che ci ha portato anche a contribuire attivamente con le Istituzioni per far evolvere il quadro regolamentare degli strumenti di finanza sociale a disposizione degli enti del Terzo settore, come nel caso dei nuovi Titoli di Solidarietà introdotti con la recente Riforma del Terzo settore. Un approccio distintivo che ci ha consentito di aumentare ulteriormente la nostra quota di mercato nel sociale rispetto al sistema bancario in generale dal punto di vista sia dei finanziamenti che della gestione delle disponibilità finanziarie delle organizzazione non profit.

In seguito all’approvazione della Legge 112/2016 (Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare) UBI Banca, in partenariato con ANFFAS e il gruppo cooperativo CGM, ha avviato il progetto “Trust in Life” per rispondere ai bisogni del “durante e dopo di noi”: com’è nata questa collaborazione e come è stato ideato il progetto? Quale è il ruolo di UBI Banca?

Si tratta di una collaborazione strategica in cui ciascun partner contribuisce apportando la propria competenza, expertise e know how, nella consapevolezza che occorrono soluzioni che non solo prevedano specifici apporti, ma soprattutto che li sappiano integrare tra loro, garantendo maggiore tutela ed integrazione alle persone con grave disabilità.

In questo caso il gruppo UBI Banca, grazie all’esperienza maturata nel settore dei trust in questi anni dalla sua società specializzata UBI Trustee, è in grado di apportare la sua professionalità in termini di analisi della sostenibilità finanziaria dei progetti, amministrazione dei beni e delle risorse nonché in generale della gestione del trust e delle tematiche successorie. Attraverso UBI Comuntà, poi, rendiamo disponibili agli operatori del settore e alle famiglie strumenti finanziari e prodotti dedicati per sostenere iniziative di inclusione sociale.

Da parte loro, Anffass e CGM operano direttamente, mettendo a disposizione le rispettive competenze e strutture per le attività propedeutiche alla definizione dei progetti di vita e per la gestione dei relativi servizi individuati, cercando di costruire percorsi che integrano la dimensione dell’assistenza con quella del benessere e dell’autonomia. In sintesi, potremmo dire che si tratta di un’alleanza tra operatori con competenze distintive ma complementari tra loro.

Il progetto “Trust in Life” è incentrato sullo strumento del trust: dal vostro punto di vista quali sono le potenzialità di tale istituto civilistico in relazione ai bisogni di una persona con disabilità e della sua famiglia?

Il trust è un istituto giuridico di origine anglosassone riconosciuto dall’attuale ordinamento italiano, che lo ha recepito nel 1989 a seguito di accordi internazionali, ratificando la Convenzione dell’Aja.

Nel corso degli ultimi anni, l’istituto del trust si è affermato come strumento a disposizione di professionisti, imprenditori, privati e istituzioni del Terzo settore. In quest’ambito, nel quadro della legge 112/2016 che contempla, tra i diversi strumenti a favore dei quali prevedere sgravi fiscali, l’istituzione di trust che perseguano come finalità esclusiva l’inclusione sociale, la cura, l’assistenza e la protezione delle persone con disabilità grave, si colloca la valorizzazione dell’istituto nell’ambito del progetto Trust in Life. Il Trust infatti è uno strumento che si presta alla risoluzione di problemi anche molto differenti, fra cui quello della tutela ed assistenza di soggetti deboli, ponendo un vincolo alla destinazione sui beni conferiti, che vengono amministrativi nell’esclusivo interesse di un beneficiario o per un fine specifico.

Una delle critiche rivolte alla legge 112/2016 da parte dell’associazionismo concerne il difficile accesso al trust da parte di famiglie con reddito medio-basso: qual è l’opinione di UBI Banca in tal senso? Che cosa può fare un soggetto come il vostro per venire incontro alle famiglie e ovviare a questo rischio?

Questa critica si potrebbe al limite muovere al trust singolo, di cui si avvalgono già da tempo famiglie con soggetti disabili che in effetti dispongono di patrimoni e risorse sufficienti.

Già il “trust di progetto”, che è una evoluzione dello strumento che si può attivare quando nel territorio ci sono richieste da parte di più famiglie con soggetti disabili che hanno bisogni simili, prevede, coerentemente proprio con la Legge 112/2016, una forte componente mutualistica, consentendo di mettere a fattore comune beni come le unità abitative, risorse economiche pubbliche e private e servizi alla persona, con possibili costi inferiori per le famiglie.

Infine con il "trust di comunità" è possibile rafforzare ulteriormente la componente mutualistica del progetto, laddove vi sia ad esempio indicazione, da parte dei disponenti dei beni e risorse conferite nel trust, della destinazione del patrimonio residuo a favore di altri beneficiari con disabilità. In questo caso, infatti, al trust di comunità potrebbero confluire eventuali risorse residue del trust di progetto o singolo che si sono estinti per via del fatto ché è mancato il soggetto disabile. Tali risorse residue potrebbero essere destinate, eventualmente integrate anche da liberalità incassate a seguito di attività di raccolta fondi realizzate nel territorio dai soggetti promotori dello strumento, a supportare ed integrare quelle relative a nuovi trust a favore di altri soggetti disabili.

È proprio in queste due forme, profondamente evolute ed innovative rispetto alla tradizionale operatività del trust “classico”, che si colloca l’azione del progetto Trust in Life promosso da UBI Banca in collaborazione con Anfass e CGM, ma aperto a tutti i soggetti del Terzo settore operativi sul tema del durante e dopo di noi in ottica di sussidiarietà circolare.


Quali sono gli altri possibili strumenti che una banca può mettere a disposizione per rispondere ai bisogni delle persone con disabilità?

Come accennato prima, si tratta sia di strumenti finanziari, prodotti e servizi per le famiglie o per gli operatori del Terzo settore – quali ad esempio conti correnti, anticipazioni e finanziamenti, assicurazioni vita, consulenza in materia di passaggio generazionale – sia di soluzioni specifiche collegate all’attività di raccolta fondi e donazioni promosse dalle organizzazioni che realizzano progettualità e costruiscono percorsi finalizzati alla tutela ed al rispetto dei diritti delle persone con disabilità, supportandone la qualità della vita in ottica il più possibile autonoma ed inclusiva.