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Le caratteristiche della misura

Lanciata nel 2013, la Nuova Carta Acquisti (NCA) è in corso di sperimentazione in dodici comuni con più di 250.000 abitanti (Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, Verona). L’investimento è stato pari a 50 milioni di euro.

La misura ha previsto un mix di interventi attivi e passivi rivolti a famiglie con almeno un minore. L’ottenimento del beneficio economico (erogato sotto forma di carta prepagata utilizzabile per l’acquisto di generi di prima necessità) è stato infatti condizionato alla sottoscrizione, da parte del beneficiario, di un progetto personalizzato di inclusione sociale di competenza comunale. Trattandosi di una sperimentazione, la parte attiva dell’intervento ha riguardato (secondo quanto previsto dal decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 10 gennaio 2013) una quota (selezionata in maniera casuale dal Ministero) pari ad almeno la metà e non oltre i due terzi del totale dei beneficiari.

Al fine di supportare l’attuazione della sperimentazione da parte dei comuni, la Direzione Generale per l’Inclusione e le Politiche Sociali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha poi messo a disposizione specifiche risorse finanziarie. Queste risorse sono state attribuite in misura proporzionale alla distribuzione del bisogno nei differenti comuni oggetto della sperimentazione. In particolare, per ciascun comune con una quota di poveri superiore al 10% della popolazione (Roma, Milano, Napoli, Palermo) sono stati stanziati 150.000 euro, per i comuni con una quota di poveri compresa fra il 5% e il 10% degli abitanti (Torino, Genova, Bari, Catania) 100.000 euro; per i comuni con una quota di poveri inferiore al 5% (Bologna, Firenze, Venezia, Verona) 50.000 euro.

La sperimentazione nelle dodici città

Come abbiamo già avuto modo di evidenziare, da un recente rapporto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali emerge che buona parte delle risorse economiche disponibili per l’erogazione delle carte non sono state utilizzate. In particolare, le amministrazioni comunali hanno impegnato una quota che va dalla metà ai due terzi del totale delle risorse. Ciò è dovuto, in particolare, alla presenza di due fattori.

Il primo riguarda il basso numero di domande raccolte. Un “approccio prudente” ha caratterizzato la fase di raccolta delle domande. Il rischio di ricevere un numero di richieste notevolmente superiore a quelle cui si poteva effettivamente dar risposta ha spinto infatti alcuni comuni a riservare l’accesso alla misura alle famiglie già in carico presso l’amministrazione. Come risultato, in molti comuni, è stato raccolto un numero di domande di poco superiore rispetto al numero di carte erogabili.
Il secondo elemento che spiega il mancato esaurimento delle risorse si lega alla non idoneità dei richiedenti. Infatti, a seguito delle verifiche effettuate dall’INPS (ex-ante su tutte le domande), più del 50% dei richiedenti non è risultato in possesso di almeno uno dei requisiti richiesti.

Entrambe queste condizioni si sono verificate nel Comune di Bologna dove il numero di domande raccolte è stato poco superiore a quello delle carte effettivamente erogabili, circa la metà delle domande sono state presentate da persone non in possesso dei requisiti necessari all’ottenimento dei benefici e, come risultato, poco più del 50% delle risorse disponibili è stato utilizzato. Nonostante questo, la sperimentazione ha favorito il miglioramento della qualità delle prestazioni offerte dal comune. Grazie alla NCA è stato infatti possibile realizzare interventi più completi e più stabili nel tempo rispetto a quelli solitamente erogati dall’amministrazione comunale.

La raccolta delle domande

Il Comune di Bologna ha scelto di intercettare i potenziali beneficiari della NCA rivolgendosi direttamente alle persone già in carico presso i servizi sociali e/o presenti nelle graduatorie del “bando casa” relativo all’edilizia popolare. I potenziali beneficiari sono stati informati direttamente dal comune circa la possibilità di presentare la domanda. Le domande raccolte sono state 476 (su circa 450 carte erogabili), ma i controlli effettuati (sia dal comune sia dall’Inps) hanno evidenziato la presenza di dichiarazioni mendaci in oltre la metà dei casi. La sperimentazione è quindi partita con 221 destinatari. Di questi, un primo gruppo ha usufruito subito della carta, mentre un secondo gruppo ha beneficiato della misura a partire da luglio 2014. I progetti personalizzati sono invece stati avviati in autunno (2014) e sono stati rivolti ai beneficiari di entrambi i gruppi. I principali dati relativi alla sperimentazione sono sintetizzati nella tabella 1.
 

La scelta di coinvolgere nella sperimentazione persone già conosciute ai servizi sociali comunali è frutto di una valutazione fatta dall’amministrazione e che ha tenuto conto in particolare di tre elementi. In primo luogo, il Comune di Bologna si è posto l’obiettivo di garantire un’adeguata gestione della misura nonostante le carenze di organico proprie dei servizi sociali comunali. L’erogazione della carta presupponeva infatti la definizione, per ciascun utente, di un Piano Assistenziale Individualizzato (PAI), che necessitava non solo di essere definito in fase di avvio, ma anche di essere monitorato nel corso del tempo. In questo quadro, rivolgersi a utenti già in carico presso i servizi ha consentito di garantire una buona gestione della misura senza prevedere un incremento dell’organico.

In secondo luogo, secondo l’amministrazione comunale, destinare la misura a chi era già in carico presso i servizi sociali poteva offrire qualche opportunità in più di portare queste persone fuori dal circuito assistenziale.

In terzo luogo, la possibilità di riferirsi a un’utenza conosciuta ha allontanato il rischio di coinvolgere nella misura i “finti poveri”. Questo metodo di individuazione dei beneficiari ha quindi offerto maggiori garanzie rispetto all’effettiva presenza di una condizione di bisogno. Secondo quanto ritenuto dall’amministrazione comunale è infatti difficile che persone con un ISEE inferiore ai 3.000 euro (requisito previsto dal Decreto Interministeriale) siano sconosciute ai servizi sociali comunali.
I fondi del Ministero a sostegno dei comuni

Come detto, per l’attuazione della misura, i comuni hanno beneficiato di un contributo economico che nel caso di Bologna è stato pari a 50.000 euro. Il comune ha presentato il progetto per l’utilizzo di questi fondi nell’estate del 2013 e ha successivamente ottenuto il parere favorevole del Ministero relativamente alla ripartizione prevista. In particolare, il Comune di Bologna ha destinato 30.000 euro alla realizzazione dei progetti personalizzati e 20.000 euro al monitoraggio della sperimentazione. Il Ministero ha infatti predisposto dei questionari che i comuni sono chiamati a somministrare ai partecipanti all’inizio e alla fine della sperimentazione. Per il Comune di Bologna la somministrazione di tali questionari è stata affidata all’Istituto Emiliano-Romagnolo per i Servizi Sociali e Sanitari, la ricerca applicata e la formazione (IRESS).

I progetti personalizzati

Per quanto riguarda i “progetti personalizzati”, previsti dal decreto ministeriale come parte attiva della misura, il Comune di Bologna ha istituito percorsi di formazione professionale finalizzati all’inserimento lavorativo. I posti disponibili per questi percorsi sono stati 205, mentre i destinatari sono stati 146. Ai beneficiari è stata riconosciuta la possibilità di partecipare a più corsi e/o di coinvolgere altri membri del nucleo familiare. Attualmente, parte di questi corsi sono ancora attivi, mentre altri sono già terminati.

Come mostrato nella tabella 2, i corsi sono stati realizzati da enti di formazione già operativi nel territorio (Ciofs/FP-ER; La Rupe Formazione; Coop. CSAPSA) e, al momento della sperimentazione, impegnati nell’erogazione di offerta formativa nel quadro del progetto “Case Zanardi”. Questo progetto, che ha durata triennale ed è finanziato dal Comune di Bologna, prevede una serie di interventi in materia di lotta alla povertà nel territorio comunale. In particolare, “Case Zanardi” mira: a) a favorire l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, 2) ad aiutare famiglie a basso reddito e a bassa intensità di lavoro, 3) a favorire il recupero di risorse (alimentari e non) in chiave solidale, 4) a promuovere stili di vita eco-sostenibili e responsabilità sociale condivisa attraverso l’attivazione di una rete di soggetti pubblici e privati.

L’offerta formativa programmata nell’ambito della NCA si suddivide in due categorie principali:

1) azioni mirate a fornire competenze di base e/o trasversali. Queste azioni sono destinate esclusivamente ai beneficiari della NCA e mirano a fornire competenze di base per accedere al mondo del lavoro, migliorando l’occupabilità dei destinatari;
2) azioni di formazione per lo sviluppo di competenze professionali specifiche. Questi corsi sono dedicati a chi è interessato ad approfondire competenze di cui è già in possesso, o a chi intende riconvertirsi professionalmente acquisendo nuove competenze. I percorsi fanno riferimento ai profili professionali del Sistema Regionale delle Qualifiche, ma la loro breve durata consente solo il rilascio di un attestato di frequenza e non la certificazione delle competenze.

Come detto, i soggetti inseriti in percorsi personalizzati (selezionati casualmente dal Ministero) sono stati 146. L’assegnazione dei partecipanti ai corsi è stata invece gestita dall’amministrazione comunale. In particolare, le assistenti sociali hanno incontrato individualmente i beneficiari e, congiuntamente, hanno valutato quali potessero essere i corsi più adatti.


I punti di forza della sperimentazione

L’introduzione della carta ha offerto la possibilità di programmare un intervento più ampio rispetto a quelli normalmente erogati dall’amministrazione comunale e di garantire una maggiore stabilità nel corso del tempo (grazie alla durata annuale della sperimentazione). Questo ha consentito al comune di acquisire una maggiore credibilità agli occhi dei beneficiari favorendo quindi il consolidamento di un impegno reciproco fra utenti e amministrazione.

Grazie alla NCA, i beneficiari hanno potuto usufruire del sostegno economico per l’acquisto di beni e servizi e di un percorso di formazione professionale. Questi due interventi si sono comunque affiancati alle prestazioni normalmente offerte dai comuni, relative ad esempio al supporto alla gestione domestica (pagamento utenze, canone d’affitto ecc.). Con la NCA gli operatori hanno avuto modo di definire un piano chiaro e sufficientemente stabile nel corso del tempo. Inoltre, il fatto di poter prevedere una serie di interventi lungo un arco di dodici mesi ha consentito, almeno in parte, di adottare una logica preventiva piuttosto che riparativa (ad esempio per quanto riguarda la gestione degli sfratti). Questo perché, a differenza dei contributi economici solitamente forniti dal comune (di mese in mese senza garanzia di continuità), la NCA ha permesso di definire un percorso annuale che ha garantito stabilità nella gestione delle varie problematiche.

Considerazioni conclusive

Il rapporto pubblicato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, contenente i primi dati relativi alla sperimentazione della NCA, evidenzia che il Comune di Bologna ha speso circa il 50% delle risorse disponibili. A prima vista, questo dato potrebbe far pensare a un caso di insuccesso della sperimentazione. In realtà una lettura più attenta evidenzia che tale risultato è dovuto a una scelta consapevole dell’amministrazione. Il Comune di Bologna ha mirato a valorizzare la qualità dell’intervento attraverso la gestione di un numero ridotto di utenti. In particolare, i vincoli posti dalla scarsità dell’organico spiegano “l’approccio prudente” che l’amministrazione comunale ha avuto nella fase di raccolta delle domande. Nella fase di implementazione, il ridotto numero di beneficiari della NCA ha invece consentito di realizzare un monitoraggio costante dell’utenza e di garantire un ampio ventaglio di prestazioni per un periodo di dodici mesi. Questo ha favorito la costruzione di un patto solido fra amministrazione e utenti.

*Il presente articolo è stato scritto grazie alle informazioni e alla documentazione raccolta nel corso di due lunghe interviste: la prima realizzata il 19 marzo 2015, con Silvia Cestarollo (responsabile dei servizi sociali quartiere Santo Stefano, referente per la social card sperimentale, Comune di Bologna), la seconda realizzata il 15 aprile 2015 con Luca Lambertini (Ciofs/FP-ER).

 
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